Il politologo Alan Kuperman

L'occidente provoca Putin con il suo azzardo morale, dice Kuperman

New York. Al politologo Alan Kuperman, professore alla University of Texas, non capita spesso di essere d’accordo con Barack Obama, ma sulla posizione estremamente cauta della Casa Bianca sulla crisi in Ucraina, che fin qui ha resistito alle richieste di rifornire l’esercito di Kiev di armi “letali”

New York. Al politologo Alan Kuperman, professore alla University of Texas, non capita spesso di essere d’accordo con Barack Obama, ma sulla posizione estremamente cauta della Casa Bianca sulla crisi in Ucraina, che fin qui ha resistito alle richieste di rifornire l’esercito di Kiev di armi “letali”, concorda: “Un orologio rotto segna l’ora giusta due volte al giorno”. Spiega Kuperman: “Dare armi pesanti all’esercito ucraino significa provocare una escalation militare da parte di Putin, ed è un’illusione liberale credere che aumentare la pressione militare sul confine possa indurre Putin ad accettare un compromesso diplomatico.

 

Semplicemente il Cremlino non ragiona così, e i due accordi inutili di Minsk lo dimostrano”. Per capire la logica di Putin occorre distinguere due piani, suggerisce Kuperman, quello delle soluzioni immediate alla crisi e quello più ampio delle responsabilità, delle cause remote: “L’occidente ha decretato con assoluta certezza che l’aggressore è la Russia, cosa che è certamente vera per quanto riguarda l’invasione dell’Ucraina in sé, ma ci si evita di domandare perché e come siamo arrivati a questo punto”. L’espansione della Nato a est, nell’orbita d’influenza della Russia, dopo la fine della Guerra fredda è la risposta classica degli analisti di scuola realista. Kuperman aggiunge alcune aggravanti: “Non solo la Nato ha esteso la sua influenza, ma molti alleati della Russia sono stati tolti di mezzo oppure isolati dalla comunità internazionale, pensiamo a Saddam Hussein, a Gheddafi, a Milosevic e più recentemente ad Assad: per Mosca si è delineato un generale indebolimento della rete di alleanze anche lontano dai confini, e la Russia cos’ha fatto? Assolutamente nulla. La prima reazione è il conflitto in Georgia nel 2008, che va letto all’interno del contesto dell’azione aggressiva di lobbying da parte dell’occidente”.

 

Il contesto giustifica le azioni di Putin, che calpesta la sovranità di un altro paese, aggredisce, bombarda, straccia convenzioni internazionali e non rispetta i patti? “No, non lo giustifica affatto – dice Kuperman – ma prima di dire chi ha ragione e chi ha torto bisognerebbe cercare di capire le ragioni di certe scelte, di solito è così che si possono trovare soluzioni adeguate alle controversie, non basta puntare il dito”.

 

[**Video_box_2**] Alcuni anni fa Kuperman ha scritto un saggio contro gli interventi militari a scopo umanitario. Non che ce l’avesse con le ragioni umanitarie, anzi, ma l’analisi delle operazioni nei Balcani suggeriva che l’intervento di forze esterne ha involontariamente generato “conseguenze anche peggiori del male che intendeva combattere”. In Kosovo, ad esempio, i separatisti hanno preso a combattere i serbi quando hanno avuto la certezza che la comunità internazionale avrebbe sostenuto le richieste d’indipendenza. L’esercito di liberazione del Kosovo, però, era enormemente inferiore all’avversario e la reazione dei serbi è stata durissima. Migliaia di kosovari sono morti nei due anni prima dell’intervento della Nato per il rischio preso da un piccolo esercito sulla base delle promesse occidentali. Lo ha chiamato l’azzardo morale degli interventi umanitari. C’è un’analogia con quello che sta succedendo in Russia: “Analogia imperfetta, va detto, per quanto riguarda l’intenzione. In questo caso il movente occidentale non è umanitario ma strategico e politico. La dinamica dell’azzardo morale però si vede sul campo di battaglia e nelle sedi diplomatiche, dove l’Ucraina si arrischia su posizioni che mai si permetterebbe se non avesse l’appoggio dell’occidente. Molte testimonianze dicono, ad esempio, che la prima tregua di Minsk non è stata violata soltanto dai russi, ma anche gli ucraini hanno continuato a combattere. Non solo il Cremlino fa i suoi calcoli politici, succede anche a Kiev: se il conflitto supera un certo livello d’intensità gli alleati dovranno intervenire seriamente per aiutarci, dicono”. Per il professore l’invio di armi pesanti da parte degli Stati Uniti avrebbe soltanto l’effetto di aggravare l’azzardo morale dell’Ucraina e alimentare gli effetti indesiderati che stare dalla parte giusta della storia spesso comporta.

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