Silvio Berlusconi (LaPresse)

Cambiare rullino, e non gli alleati. Berlusconi e l'unico modo per far resuscitare il centrodestra

Claudio Cerasa

Il centrodestra, e in particolare Forza Italia, continuerà a essere sostanzialmente inesistente, e impotente, fino a quando continuerà a pensare che la propria identità si misura con le alleanze.

Forza Italia: 4.614.364 voti. Lega Nord: 1.688.197 voti. Ncd-Udc: 1.202.350 voti. Fratelli d’Italia: 1.006.513 voti. Totale: 8.511.424 voti. I numeri parlano chiaro e sono numeri che si riferiscono al momento più basso vissuto dal centrodestra negli ultimi anni, un momento che ha coinciso con il momento più alto vissuto dal centrosinistra nella storia recente del paese. Elezioni Europee 2014. Sistema proporzionale. Tutti ricordano il 40,8 per cento di Renzi (11,2 milioni di elettori). Nessuno ricorda che, nel momento più basso della sua storia, il centrodestra, tutto insieme, aveva ancora 8,5 milioni di elettori. Una marea. E senza un leader candidabile. Senza un progetto. In stato totalmente confusionale. Con qualche guizzo di Salvini, ok, ma poca roba, nulla di più. Il paradosso è chiaro e oggi, con il Pd che non è più ai livelli di un anno fa, il punto ci pare evidente: il centrodestra, politicamente, tatticamente, non esiste, non ha una sua identità, non ha una sua forma, gira attorno ed esclusivamente al suo capo, al suo leader, alla figura del Cav., che però non è candidabile e dunque c’è e non c’è, ma lo spazio del centrodestra esiste ancora, eccome se esiste, è uno spazio vivo, potenzialmente rigoglioso, è uno spazio che se si dovesse andare a votare in primavera potrebbe riservare qualche sorpresa, ma che per avere un senso, una sua struttura, una sua forma, avrebbe bisogno di qualcosa di preciso. Qualcosa di più. Di un plus. Di un’identità. Di una comunità. Di un Quid, come direbbe il Cav.

 

Il centrodestra, dunque, esiste, ma non esiste, e per esistere davvero avrebbe bisogno di un paio di cose che ci permettiamo di mettere a tema. Il centrodestra, e in particolare Forza Italia, continuerà a essere sostanzialmente inesistente, e impotente, fino a quando continuerà a pensare che la propria identità si misura con le alleanze: se sto con Renzi, ho un profilo di un certo tipo; se sto con Salvini, ho un profilo di un certo tipo. Minchiate. Storicamente, in politica e anche nella vita quotidiana, chi costruisce il proprio carattere provando ad appoggiarsi sul carattere di qualcun altro il più delle volte dimostra di non avere carattere, e alla lunga rischia di ritrovarsi inghiottito, svuotato, cannibalizzato e spolpato dagli stessi alleati che da amici a poco a poco si trasformano inevitabilmente in sanguisughe. Nel caso specifico, se proprio dobbiamo dirla tutta, l’alleanza con Renzi aveva un senso perché, accettando di giocare sul terreno del presidente del Consiglio, Forza Italia aveva scelto di non regalare una parte importante di elettorato fluttuante al segretario del Pd – cosa che a nostro avviso oggi rischia di essere invece una conseguenza naturale della rottura del patto con Renzi – mentre viceversa l’alleanza con Salvini ha un significato politico naturale ma alla lunga rischia di essere per Forza Italia una linea suicida per una ragione semplice: l’abbraccio tra un partito moderato che fa parte del Ppe (Forza Italia) e che si allea in modo strategico e definitivo con un partito (la Lega) che considera il più importante leader del Ppe (Angela Merkel) il male assoluto, il diavolo, satana, il Baghdadi della politica, suona quantomeno controverso, e un po’ pazzotico.

 

[**Video_box_2**]La politica naturalmente è fatta anche di splendide contraddizioni ma per Forza Italia dovrebbe essere chiaro che allontanarsi troppo da Renzi significa allontanarsi da una parte importante del paese che un domani avrebbe potuto ancora rappresentare. E vabbè. Questo rischio c’è, è ovvio, e per superarlo esiste un modo semplice, lineare, evidente, persino banale. In politica, i contenuti sono importanti, decisivi, sono parte importante del tratto identitario. Il mondo berlusconiano e post berlusconiano dovrebbe oggettivamente osservare con più intelligenza esempi di successi politici alla David Cameron, in Inghilterra, alla Mariano Rajoy, in Spagna, alla Jeb Bush, Scott Walker, Paul Ryan, Marco Rubio, in America, e alla Angela Merkel, in Germania. Questo è vero, le policy sono fondamentali, gli elettori di centrodestra guardano ai contenuti più di quanto non lo facciano gli elettori di centrosinistra (rileggetevi per credere il libro del professor Giovanni Orsina sul berlusconismo). Ma nell’era della politica personalizzata, dei partiti che hanno una loro forza direttamente proporzionale alla credibilità trasmessa dalle facce che rappresentano quei partiti, c’è un punto importante che Berlusconi e i dirigenti di Forza Italia dovrebbero tenere in considerazione per costruire un futuro che abbia un senso. La diciamo così: bisogna cambiare rullino. Inutile prendersi in giro: una delle ragioni per cui Forza Italia, il partito del Cav., ha una certa difficoltà a sintonizzarsi con una parte importante del paese è legato a un problema preciso: le persone che dicono che bisogna cambiare il mondo sono le stesse che il mondo non sono riuscite a cambiarlo quando erano in posizioni di governo.

  • Claudio Cerasa Direttore
  • Nasce a Palermo nel 1982, vive a Roma da parecchio tempo, lavora al Foglio dal 2005 e da gennaio 2015 è direttore. Ha scritto qualche libro (“Le catene della destra” e “Le catene della sinistra”, con Rizzoli, “Io non posso tacere”, con Einaudi, “Tra l’asino e il cane. Conversazione sull’Italia”, con Rizzoli, “La Presa di Roma”, con Rizzoli, e "Ho visto l'uomo nero", con Castelvecchi), è su Twitter. E’ interista, ma soprattutto palermitano. Va pazzo per i Green Day, gli Strokes, i Killers, i tortini al cioccolato e le ostriche ghiacciate. Due figli.