Lukašenko, Putin, Merkel, Hollande e Poroshenko a Minsk (foto LaPresse)

Ucraina, annunciato a Minsk un fragile piano per il cessate il fuoco

Redazione

Accordo raggiunto per deporre le armi il 15 febbraio, ma un trattato di pace è ancora lontano. Ecco cosa è stato deciso e quali sono gli aspetti meno chiari dell'intesa.

Il cessate il fuoco tra l'esercito ucraino e i separatisti filorussi è fissato per il 15 febbraio. Lo hanno annunciato il presidente russo Vladimir Putin e quello ucraino Petro Poroshenko al termine dei colloqui di Minsk con Angela Merkel e François Hollande. Ma nonostante l'annuncio, l'accordo appare ancora fragile, come riferisce il New York Times, e dovrà essere rettificato dai vertici dell'esercito regolare e da quelli dei ribelli. Parlando alla Bbc, il portavoce dell'auto-proclamata Repubblica popolare di Lugansk ha detto che i ribelli non depositeranno le armi perché Poroshenko non ha alcun controllo sulle truppe ucraine che, a suo avviso, non rispetteranno il cessate il fuoco. Un'agenzia di stamap vicina ai filorussi, ha poi diffuso delle dichiarazione del loro leader, Alexander Zakharchenko, il quale avrebbe detto che se anche "Minsk 2" venisse violato, allora non ci saranno altri incontri diplomatici.

 

 

Come riporta l'agenzia di stampa russa Ria Novosti, il presidente russo ha ribadito come per "una definitiva soluzione politica" del conflitto in Donbass si impongono ancora alcune condizioni, di cui "la prima è una riforma costituzionale in Ucraina in cui dovrebbero essere sanciti i diritti delle persone che vivono nel territori del Donbass".

 

L'accordo raggiunto prevede il ripiegamento sul territorio de vari sistemi d'arma impiegati dai rispettivi schieramenti. 50 chilometri più indietro per l'artiglieria, 75 chilometri per i sistemi missilistici Grad, 140 per i "Tornado S". In questo modo la cosiddetta "linea di contatto" tra di due schieramenti viene distanziata e riportata a quella già decisa (e poi infranta) dall'accordo "Minsk 1" dello 19 scorso settempre 2014. Sarà l'Osce, secondo quanto previsto dagli accordi, a monitorare il rispetto del mantenimento delle rispettive distanze tra gli schieramenti. L'intesa prevede anche che entro quest'anno si dovranno tenere nelle regioni dell'Ucraina orientale delle nuove elezioni secondo il principio di garanzia dato da uno "status speciale" per Donetsk e Lugansk; solo dopo di queste, l'Ucraina potrà riprendere il controllo delle aree di confine. Il Parlamento ucraino, la Rada, dovrà implmentare queste misure entro 30 giorni dalla firma del documento di intesa. Il punto dello "status speciale" è però tra quelli più controversi. Lo stesso Poroshenko, dopo il meeting di Minsk, ha scritto su Twitter che l'Ucraina non accetterà alcuna forma di sistema federale.

 

Le parti hanno anche raggiunto un accordo sull'amnistia per tutti coloro che hanno combattuto finora nelle regioni di Lugansk e Donetsk e il rilascio di tutte le persone "illegalmente detenute". Ma soprattutto, prevede il ritiro immediato di tutti i cosiddetti "foreign fighters", i combattenti stranieri. Il riferimento è ai russi che si sono uniti ai separatisti in suolo ucraino ma anche a quei militari occidentali, citati spesso dalla propaganda del Cremlino, e che si sarebbero uniti agli ucraini.

 

Tra gli aspetti ancora da decifrare, infine, c'è la situazione di Debaltsevo, la cittadina dell'est verso cui i filorussi hanno lanciato una forte offensiva da giorni, e su cui non è stata presa alcuna posizione.