Foto di gruppo del G20 di Istanbul (foto LaPresse)

“Pragmatismo, please”

Il G20 allunga una mano ad Atene, le Borse ci credono

Marco Valerio Lo Prete

Invito solitario del Fmi e voci su un’intesa Grecia-Ue. La trattativa è iniziata.

Roma. A Istanbul, durante la sessione plenaria del vertice G20 di ieri, soltanto Christine Lagarde ha esplicitamente posto all’attenzione dei ministri dell’Economia e banchieri centrali riuniti la questione della Grecia. Il nuovo governo del piccolo paese europeo, guidato da Alexis Tsipras, non ha ancora smesso di allarmare mercati e partner per la sua dichiarata volontà di cancellare gli accordi in essere con i creditori internazionali (Unione europea, Banca centrale europea e Fondo monetario internazionale). Perché allora ieri le parole del direttore esecutivo del Fmi sono sembrate cadere nel vuoto?

 

Questione di forma, dicono gli sherpa ministeriali: nell’agenda del G20 ospitato dalla Turchia la situazione greca non figura. Questione di sostanza, dicono altre fonti del Foglio: soprattutto i paesi europei, alla vigilia dell’Eurogruppo di oggi, devono ancora abbozzare una proposta per rispondere ad Atene. O meglio, una controproposta, nell’attesa che il governo ellenico, dismessi i toni a tratti minacciosi, faccia le sue di proposte. Ieri infatti il ministro delle Finanze tedesco, Wolfgang Schäuble, ha escluso che già oggi si possa arrivare a un’intesa, vuoi sul fardello debitorio greco, vuoi sul processo riformatore per il paese: “Concedere  sei mesi in più è un errore. Mercoledì vogliamo ascoltare qualcosa di vincolante dalla Grecia”. In Borsa, a pochi minuti dalla chiusura, si è così interrotto il rally avviato da una serie di indiscrezioni che erano filtrate da Bruxelles (la Borsa di Atene ha comunque chiuso a più 8 per cento). Alcune fonti avevano parlato di un’estensione di sei mesi dei debiti in scadenza in modo da dare respiro alla Grecia fino a settembre. Un passo verso il “programma ponte” suggerito dal ministro delle Finanze greco, Yanis Varoufakis, che ha aggiunto di voler mantenere gli impegni sul “70 per cento” delle riforme concordate con la Troika. Da Atene poi erano arrivate aperture sul programma di privatizzazioni, da non bloccare nel caso del Pireo, anche se il tiro è stato corretto pure lì; mentre gli ottimisti segnalavano l’arrivo nel paese del segretario generale dell’Ocse, Angel Gurría, come dimostrazione di apertura a concordare alcuni passi con le organizzazioni internazionali. “Siamo all’inizio di un percorso, che alla fine penso sarà positivo”, si è sbilanciato il ministro dell’Economia, Pier Carlo Padoan.

 

[**Video_box_2**]Pur senza replicare alla Lagarde sul dossier greco, infatti, i rappresentanti dei grandi riuniti a Istanbul hanno parlato di Grecia durante gli incontri bilaterali tra ministri. Un modo, per i partner europei, per prepararsi al vertice di oggi: concederanno qualcosa a Tsipras, ma anche loro hanno un elettorato cui rendere conto. L’unico di questi incontri bilaterali a chiudersi con una presa di posizione pubblica è stato quello tra il vice primo ministro turco con delega all’Economia, Ali Babacan, e il segretario al Tesoro americano, Jack Lew. I due hanno invitato le parti ad avere “un approccio pragmatico”. Tre parole filtrate, non a caso, per volontà di Washington. Dice al Foglio Domenico Lombardi, a Istanbul per il think tank canadese Cigi: “La Turchia teme che la Grecia, così vicina, si trasformi in un focolaio d’instabilità. Così come teme che l’eventuale effetto contagio di una crisi possa fiaccare la principale destinazione delle sue esportazioni, l’Eurozona. Gli Stati Uniti d’altra parte sono seccati per la scarsa duttilità con cui soprattutto la leadership tedesca sta gestendo le trattative”. Che da ieri sono ufficialmente iniziate.

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