Sergio Marchionne (foto LaPresse)

“Non siamo la Grecia”. L'Italia open for business è tutta a NY

Il summit di New York dove i gruppi italiani indossano gli abiti migliori per attirare investitori oltreoceano s’intitola “We are open for business”. La sintesi spiccia della giornata di incontri degli industriali italiani alla sede di Bloomberg l’ha fatta Sergio Marchionne: "Non c’è alcun rischio di contagio"

New York. La sintesi spiccia della giornata di incontri degli industriali italiani alla sede di Bloomberg l’ha fatta Sergio Marchionne: “Non c’è alcun rischio di contagio dalla Grecia”. E nell’universale ricerca della narrazione felice, dello storytelling orgoglioso, il summit di New York dove i gruppi italiani indossano gli abiti migliori per attirare investitori oltreoceano s’intitola “We are open for business”, ma il sottotitolo potrebbe essere “Non siamo la Grecia”. Segue spiegazione sulle qualità dell’Investment compact del governo di Matteo Renzi, disegnato proprio per attirare capitali stranieri, sul saldo primario in rapporto al pil che è il secondo in Europa, sul deficit in qualche modo domato e altre qualità strutturali del tessuto economico poco raccontate e avvolte in spessi strati di luoghi comuni.

 

Per Marchionne l’Italia non è a rischio, il sistema ha tenuto: “Anche quattro anni fa, quando c’era la crisi del debito sovrano, l’abbiamo metabolizzata”. Nella platea ci sono diversi ex ministri, e fra un panel e l’altro si commentano le uscite del ministro delle Finanze della Grecia, Yanis Varoufakis, secondo cui quattro anni fa un esponente del governo italiano gli avrebbe detto che non poteva parlare delle riforme dell’Eurozona altrimenti si sarebbe data l’impressione che l’Italia era sull’orlo del crac. Un osservatore economico italiano liquida così la boutade: “Ma nessuno sapeva nemmeno chi era Varoufakis quattro anni fa!”. L’Italia non è la Grecia, questo è chiaro, ma, spiega l’ambasciatore americano a Roma, John Phillips, “non ci sono abbastanza investimenti americani in Italia, per diverse ragioni, ma questo significa che ci sono opportunità da sfruttare”, e la debolezza dell’euro è un ulteriore incentivo. Le ragioni sono le solite: le scarse garanzie del sistema giudiziario, l’inefficienza della macchina burocratica, le norme del lavoro troppo rigide. Ma il governo sta andando nella giusta direzione, spiega Phillips, e “tutti vogliamo che Renzi abbia successo”.

 

[**Video_box_2**]Ci sono poi i paradossi di un paese che “esporta più farmaci che cibo”, come ricorda Fernando Napolitano, presidente dell’Italian Business & Investment Initiative e organizzatore del summit, e una sequenza di dati negativi non proprio aggiornati che vengono ciclicamente riproposti in qualunque consesso internazionale quando si parla di Italia. Il ministero dell’Economia di recente ha lanciato un report per smontare i pregiudizi sullo stato dell’economia italiana, dal debito pubblico ai contributi italiani ai fondi di bailout Esfs/Esm, secondi soltanto a quelli di Germania e Francia. Ci hanno fatto pure un hashtag: #prideandprejudice. Il prejudice ricorrente riguarda il sistema giudiziario e la corruzione, che secondo i dati dell’Unione europea e della Banca mondiale succhiano via 60 miliardi di euro ogni anno dal sistema italiano. Paola Severino, ex ministro della Giustizia, contesta radicalmente la validità di questi dati: “Gli indici internazionali sono basati sulla percezione, non sulla realtà. La realtà è che la legge anticorruzione che abbiamo fatto con il governo Monti sta funzionando, soprattutto perché si concentra sulla prevenzione”, dice al Foglio. E l’incertezza del diritto che tutti gli investitori lamentano? “I tribunali delle imprese stanno funzionando – continua Severino – e si sta creando una giurisprudenza uniforme. Il decreto fiscale del governo Renzi va in questa direzione, cercando di dare certezza sul diritto dal punto di vista tributario”. La fragilità del sistema, piuttosto, è condizionata da “manovre speculative”, e da una tendenza a “non dire che la forza dell’Italia è l’economia reale, non quella inventata, e mi passi il termine”. Molto, ancora, è dovuto agli inghippi della comunicazione, ai bachi della narrativa italiana ed europea. “E’ sacrilego per me dire una cosa del genere, ma le migliori opportunità adesso sono nel contesto europeo”, conclude Marchionne. Anche grazie alle manovre di Mario Draghi che vanno sfruttate ora “perché puoi stampare moneta solo up to a point”.

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