Abdel Fattah al-Sisi (foto LaPresse)

Mistero islamico di Sisi, il “generale devoto” spiegato dalla sua prof.

Giulio Meotti

Il presidente egiziano si è rivolto alla leadership religiosa musulmana dicendo che è arrivato il momento di una “rivoluzione dell’islam”, perché "si è arrivati al punto che i musulmani si sono inimicati il mondo intero” ha detto il generale-presidente. Parla Zuhur, che fece lezione al presidente egiziano.

Roma. In un intervento ampiamente elogiato tenuto il primo dell’anno all’Università al Azhar del Cairo, nella stessa facoltà dove Barack Obama tenne il suo famoso discorso del 2009, il presidente egiziano Abdel Fattah al Sisi si è rivolto alla leadership religiosa musulmana dicendo che è arrivato il momento di una “rivoluzione dell’islam”. “Si è arrivati al punto che i musulmani si sono inimicati il mondo intero” ha detto il generale-presidente. “E’ concepibile che 1,6 miliardi di musulmani vogliano uccidere il resto della popolazione mondiale di sette miliardi, per far prosperare i musulmani? Questo è impossibile”. A fine gennaio, a Davos, Sisi è tornato alla carica: “L’islam è una religione tollerante” ma quest’aspetto “non sempre è stato considerato nel resto del mondo e i terribili atti terroristici” di Parigi “hanno dato conto a noi della necessità di ripensare il discorso religioso”. Tesi ribadita questa settimana al settimane tedesco Spiegel.

 

Al Sisi è passato alla storia per aver spodestato il primo presidente eletto dei Fratelli musulmani, Mohammed Morsi; per aver dichiarato guerra al terrorismo di al Qaida, dell’Is e di Hamas; per aver assistito, primo presidente egiziano della storia, a una messa cristiana a Natale; per aver aperto alle confessioni islamiche eterodosse, come i sufi; per i rapporti positivi con Israele e il mondo ebraico (gli islamisti danno a Sisi del “cripto giudeo” e Gerusalemme si è schierata contro tutte le sanzioni proposte contro Sisi dopo il golpe che ha portato il generale al potere arrestando il presidente eletto Morsi il 3 luglio 2013). Eppure, al Sisi è anche un presidente e un generale profondamente islamico. Musulmano praticante che ha imparato a memoria il Corano, Sisi ha una moglie che porta l’hijab (il velo) e una figlia che addirittura veste il niqab completo, inizia ogni giornata con la preghiera del mattino Salat el fajr e in ogni suo discorso cita un hadith del profeta Maometto. Addirittura si dice che a metà degli anni Ottanta, al Sisi avesse meditato di ritirarsi dalla vita militare, di farsi crescere la barba e dedicarsi alla dawa, la predicazione. E secondo Dina Ezzat, giornalista di al Ahram, Sisi ancora oggi digiuna due volte alla settimana.

 

[**Video_box_2**]Ne parliamo con Sherifa Zuhur, l’arabista americana che ha insegnato ad al Sisi nel 2006, quando il generale egiziano trascorse un anno allo Us Army War College in Pennsylvania e lì scrisse una tesi di dottorato su democrazia e mondo islamico, ritenendoli compatibili a patto che la prima non volesse imporsi in medio oriente secondo i canoni occidentalizzanti. “Il presidente Sisi è una persona molto riflessiva”, dice al Foglio Zuhur. “Ricordo un ufficiale molto attento alle conversazioni e ai dibattiti dei suoi colleghi ufficiali dagli Stati Uniti e da tutto il mondo – che spesso riguardavano la guerra in Iraq, o le prospettive della democrazia in medio oriente”. Che tipo di islam ha in mente al Sisi? Uno quietista: “Io e lui frequentavamo la stessa moschea locale”, dice Zuhur. “Sisi è un musulmano tradizionale devoto per il quale l’Egitto, che non è una società laica, dovrebbe essere disciplinata dalla tradizione giuridica civile. Sisi ha memorizzato il Corano ed era più informato della storia islamica di tutti gli altri partecipanti di quella moschea, di molti dei suoi colleghi. Sisi si oppone all’estremismo islamico non solo perché contrasta l’occidente, ma perché ha diviso i musulmani e fatto un gran danno a loro e alla loro capacità di reinterpretare la fede in allineamento con i princìpi umanitari moderni. E anziché aiutare lo sviluppo della regione, ha portato alla sua disgregazione in conflitto. La Fratellanza musulmana e le altre organizzazioni islamiste minacciano la sovranità dello stato-nazione. Sono le loro azioni violente e di incitamento alla violenza che il governo di Sisi sta tentando di contenere”. Eppure c’è chi, come Robert Springborg di Foreign Affairs, parla di Sisi come di un “islamista segreto”. Conclude Zuhur: “Non è un islamista segreto, è uno che parla con le donne, è un pragmatico. Vuole mostrare che l’islam può essere compatibile con la democrazia”. E’ il generale pio che i fondamentalisti islamici vogliono morto. C’è speranza. Forse. Nella tanto osannata guerra interna all’islam.

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  • Giulio Meotti
  • Giulio Meotti è giornalista de «Il Foglio» dal 2003. È autore di numerosi libri, fra cui Non smetteremo di danzare. Le storie mai raccontate dei martiri di Israele (Premio Capalbio); Hanno ucciso Charlie Hebdo; La fine dell’Europa (Premio Capri); Israele. L’ultimo Stato europeo; Il suicidio della cultura occidentale; La tomba di Dio; Notre Dame brucia; L’Ultimo Papa d’Occidente? e L’Europa senza ebrei.