Silvio Berlusconi

Le regole del gioco del re di Arcore

Salvatore Merlo

Il mercato elettorale, Salvini per le regioni e Alfano per rompere. Silvio Berlusconi davvero promette ai suoi uomini l’opposizione dura, fa la felicità di Renato Brunetta, e ad Arcore, ad amici e famigliari, confida di voler costringere il presidente del Consiglio alle elezioni anticipate.

Roma. Adesso guarda Renzi come si guarda un antico compagno di scuola di cui si è dimenticato non solo il nome, ma anche le sembianze. Dunque Silvio Berlusconi davvero promette ai suoi uomini l’opposizione dura, fa la felicità di Renato Brunetta, e ad Arcore, ad amici e famigliari, confida di voler costringere il presidente del Consiglio alle elezioni anticipate, a ottobre, con la legge elettorale proporzionale, cioè con il Consultellum. E rivela: “Alfano mi ha detto che farà cadere il governo”. E sono le riforme, lo strumento che intende utilizzare. “Io gliele faccio saltare”, dice, “tutte”. E forse il Cavaliere gioca a pari e dispari con le due metà di sé, artefatte entrambe, chissà, oscilla infatti fra un’aria di rimprovero minaccioso, “temo una deriva autoritaria”, e un’altra di simpatia: “Renzi sei un birichino”. Non ha ben deciso, osserva, tende la corda, provoca e blandisce, sta a vedere di nascosto l’effetto che fa. Ma intanto si avvicinano le elezioni regionali, c’è da allearsi con la Lega in Veneto e in Liguria e in Toscana, e il consenso – se non si è al governo – lo si può raccogliere soltanto dall’opposizione, cioè mostrando i denti: è la regola più ovvia del mercato elettorale. Dunque opposizione, opposizione dura, almeno per il momento, e basta con le riforme a rimorchio del Pd. D’altra parte, Matteo Salvini, con il quale l’alleanza di Forza Italia sembra ormai sigillata dopo una stretta di mano ad Arcore domenica sera, non si sarebbe mai fatto abbracciare da un Cavaliere ancora nazareniko. Così, tra mille incertezze e laceranti abissi d’ambiguità, ieri la rappresentazione pubblica dei rapporti tra Forza Italia e la Lega sembrava la scena di una commedia di Goldoni. Ogni attore parlava per conto proprio a voce alta verso la platea, diceva di star combinando una beffa al vicino, il quale, naturalmente, non deve ascoltare, mentre anche gli altri fingono di non sentire: la sorpresa deve venire dopo. E allora Renato Brunetta: “Il Nazareno è rotto, adesso alleanza con la Lega a 360 gradi”. E Matteo Salvini, sospettoso: “Nessun accordo a 360 gradi. Qui si tratta delle regionali, sperando che la loro opposizione duri almeno una settimana”. E insomma Forza Italia e la Lega correranno insieme in Veneto e in Liguria, sì, ma Salvini ha già capito che morto un Nazareno se ne può anche fare un altro, così come Berlusconi forse sa che il Nazareno deve restare sepolto fintanto che ci sono delle elezioni in cui competere, e chissà che nel frattempo il “birichino” non si metta paura per le riforme visto che in Senato i numeri di Renzi, neccessari ad approvarle, non sono saldissimi.

 

E questa impressione di travolgente precarietà dà alle cose, viste da Arcore, un aspetto concreto e vitale: perché Berlusconi tiene aperte davanti a sé tutte le strade e tutte le ipotesi. Creatore ribaldo di fantasie e intuizioni, è sincero quando promette “che andremo alle elezioni anticipate”, ma lo è anche quando dice che “sulle riforme valuteremo volta per volta”, come nei “Promessi Sposi”, adelante con juicio. D’altra parte la stanza di Berlusconi è sempre ingolfata di gente, sembra la stazione di Milano nei giorni di Ferragosto: un giorno c’è il brulicante tumulto di Raffaele Fitto, un altro c’è Brunetta che vuole rompere con Renzi e gli annuncia per questa settimana quasi mille emendamenti d’ostruzione, un altro giorno ancora c’è Gianni Letta che di mestiere fa il diplomatico e dunque vuole il Nazareno, e in questo traffico umano, sempre, nella testa del Cavaliere scatta una macchinetta che sembra il computer della mezza verità: una macchina diabolica, complicatissima, che lui solo sa far funzionare, premendo questo o quel pulsante. E ogni parola, ogni mezza verità o piccola bugia è giustificata quando per lui serve a spianare la strada alla grande verità dell’ultimo momento utile.

 

[**Video_box_2**]Adesso abbraccia Salvini, al quale pare abbia concesso i candidati presidenti di Veneto, Liguria e Toscana, ma abbraccia pure Alfano, del quale racconta: “Siamo d’accordo per andare alle elezioni anticipate”. E tutto si tiene, o quasi, malgrado Salvini guardi Alfano come si guarda una lumaca nell’insalata, “noi con Ncd mai”, mentre Alfano ricambia la cortesia facendo chiamare Salvini “estremista” da Fabrizio Cicchitto. Ma in politica, specie ad Arcore, è tutto possibile, tutto vero e tutto falso, e infatti il Cavaliere ora aspetta di vedere l’effetto che fa tutto questo marasma ringhiante: il suo occhio attento è puntato sul 12 febbraio, quando la Camera discuterà gli emendamenti sulla prescrizione, e sul 20 febbraio, giorno della delega fiscale. Nel frattempo accadrà di tutto: ostruzionismo alla Camera e silenzi di fuoco che alludono all’attesa di un cenno, un segno, un ammicco.

  • Salvatore Merlo
  • Milano 1982, vicedirettore del Foglio. Cresciuto a Catania, liceo classico “Galileo” a Firenze, tre lauree a Siena e una parentesi universitaria in Inghilterra. Ho vinto alcuni dei principali premi giornalistici italiani, tra cui il Premiolino (2023) e il premio Biagio Agnes (2024) per la carta stampata. Giornalista parlamentare, responsabile del servizio politico e del sito web, lavoro al Foglio dal 2007. Ho scritto per Mondadori "Fummo giovani soltanto allora", la vita spericolata del giovane Indro Montanelli.