Giordania, Isis, trappole: cosa c'è di vero nella storia della morte dell'ostaggio americano

Daniele Raineri

Poche speranze per la donna statunitense rapita dalla Stato islamico. Kayla Mueller aveva esaurito da tempo la sua utilità da viva per il gruppo, ma un video con la sua decapitazione sarebbe stato poco utile e forse controproducente.

Ieri lo Stato islamico ha pubblicato questa e altre foto per dire che l'ostaggio americano Kayla Mueller è stata uccisa nei bombardamenti giordani a Raqqa, in Siria. Ha pubblicato anche il numero di telefono, per fare capire che chi parla ora è lo stesso gruppo che l'ha tenuta prigioniera dall'agosto 2013. Fino a oggi, scrive Rukmini Callimachi, una reporter del New York Times specializzata nel seguire le storie dei sequestrati in Siria, lo Stato islamico non ha mai mentito sulla morte di un ostaggio – anche se potrebbe averlo fatto sulle circostanze e sulla data della morte.


Kayla aveva esaurito da tempo la sua utilità da viva per il gruppo. L'estate scorsa c'era stato un ultimatum di trenta giorni con la richiesta di più sei milioni di dollari e la liberazione di una famosa prigioniera pachistana di al Qaida, Aafia Siddiqui, e il governo americano aveva risposto no. Fare un video con la sua decapitazione sarebbe stato poco utile e forse controproducente per la narrativa. Ormai da tempo si temeva che avrebbero dichiarata morta la donna americana dopo una delle ondate di bombardamenti che periodicamente colpiscono le città in mano allo Stato islamico. Tanto più conveniente, la dichiarazione ufficiale di ieri, perché tenta di aprire un disaccordo tra americani e giordani. Infatti il governo americano sta tentando di discolpare i giordani, dicendo che hanno bombardato più a est di Raqqa e quindi si suppone lontano del luogo non ancora identificato dove la donna era tenuta

 

La famiglia Mueller sta tentando di comunicare con i sequestratori. Il timore concreto è che una volta che lo Stato islamico ha detto ufficialmente che è stata uccisa, non la farà risorgere miracolosamente per smentirsi. In breve: la morte sotto un bombardamento giordano di Kayla Mueller è la narrativa migliore per loro, anche se magari non è quella vera.

  • Daniele Raineri
  • Di Genova. Nella redazione del Foglio mi occupo soprattutto delle notizie dall'estero. Sono stato corrispondente dal Cairo e da New York. Ho lavorato in Iraq, Siria e altri paesi. Ho studiato arabo in Yemen. Sono stato giornalista embedded con i soldati americani, con l'esercito iracheno, con i paracadutisti italiani e con i ribelli siriani durante la rivoluzione. Segui la pagina Facebook (https://www.facebook.com/news.danieleraineri/)