Angela Merkel, Francois Hollande e Petro Poroshenko riuniti a Kiev (foto LaPresse)

Guerra in Ucraina

Tutti in volo! Così Merkel, Kerry e Hollande cercano una tregua con Mosca

Daniele Raineri

I rumor sulle forniture di armi americane a Poroshenko sbloccano la diplomazia. Incontri multipli a Kiev, venerdì con Putin

Roma. La possibilità che l’America mandi armi e tecnologia militare all’Ucraina ha messo un nuovo senso di urgenza a tutte le parti interessate a una risoluzione della guerra civile – giovedì l’Amministrazione Obama ha confermato che ci sta pensando ma ancora “non ha deciso”. Giovedì a Kiev sono arrivati a sorpresa il cancelliere tedesco, Angela Merkel, e il presidente francese, François Hollande, e venerdì volano a Mosca per incontrare il presidente russo Vladimir Putin alle 17. Voci di corridoio, è un’espressione brutta della diplomazia ma al momento non c’è nulla di concreto, dicono che Putin ha fatto una proposta concreta ed è questa la ragione del primo viaggio in Russia di Merkel dall’inizio della crisi nell’Ucraina dell’est.

 

Il cancelliere tedesco sarà a Washington lunedì prossimo per parlare con il presidente americano, Barack Obama, e sabato a Monaco in Germania si incontrano il segretario di stato John Kerry e il ministro degli Esteri russo Sergei Lavrov. Il vicepresidente americano, Joe Biden, venerdì è a Bruxelles per incontrare alcuni leader europei sullo stesso tema, scongiurare una escalation militare in Ucraina.

 

Kerry giovedì era anche lui a Kiev per incontrare il presidente Poroshenko e ha frenato sulle forniture di armi americane, non c’è intenzione di trasferirle all’Ucraina – e così ha provato a sedare l’allarme. “Non stiamo cercando una guerra con la Russia, nessuno la vuole, non il presidente Poroshenko, non gli Stati Uniti, non la comunità europea”, ha detto il segretario di stato. Giovedì anche il ministro degli Esteri italiano Paolo Gentiloni ha detto al Foglio che “l’Italia non manderà armi all’Ucraina”.

 

[**Video_box_2**]Una delle ipotesi discusse è il cosiddetto congelamento del conflitto, che alcuni già chiamano “opzione Transnistria”, dal nome dell’enclave filorussa e non ufficiale ritagliata dal territorio della Moldavia: le zone del sud-est in mano ai separatisti restano ai separatisti, con un grado di autonomia dal governo centrale, ma ricevono comunque soldi da Kiev secondo il funzionamento normale della macchina dello stato; un contingente internazionale di peacekeeping vigila, soprattutto lungo il confine con la Russia, in modo da annullare il rischio di ingerenza russa e prevenire il ritorno a una situazione violenta. Merkel, Poroshenko e altri leader europei chiedono che la base del negoziato sia invece i protocolli di Minsk, firmati a settembre – che fissavano confini più ridotti.

 

Il rischio è che si crei un protettorato ibrido pagato da Kiev ma fedele a Mosca, pensano in Ucraina – anche se il rischio sullo sfondo è senz’altro maggiore: una guerra civile a tempo indeterminato, alimentata da forniture di armi che arrivano dai rispettivi sponsor, Russia da una parte e Stati Uniti e Nato dall’altra. Giovedì la Gran Bretagna ha promesso mille soldati e alcuni jet per una forza di reazione rapida Nato che  dovrebbe rassicurare l’est Europa.

 

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  • Di Genova. Nella redazione del Foglio mi occupo soprattutto delle notizie dall'estero. Sono stato corrispondente dal Cairo e da New York. Ho lavorato in Iraq, Siria e altri paesi. Ho studiato arabo in Yemen. Sono stato giornalista embedded con i soldati americani, con l'esercito iracheno, con i paracadutisti italiani e con i ribelli siriani durante la rivoluzione. Segui la pagina Facebook (https://www.facebook.com/news.danieleraineri/)