Il patto del Nazareno (foto LaPresse)

Il patto si è rotto, ma anche no

Redazione

Le critiche a Renzi e a Verdini interne a Forza Italia, il tentennare del Cav., intanto dalla prossima settimana si ritorna a parlare di riforme. “Il patto del Nazareno è congelato, sospeso… fate voi, ma le riforme le continuiamo a votare”, ha detto Giovanni Toti.

Alle 12.50  Giovanni Toti, consigliere di Silvio Berlusconi, esce da Palazzo Grazioli e, circondato da giornalisti e turisti, dichiara chiuso, ma anche no, il patto del Nazareno. “Il patto è congelato, sospeso… fate voi, ma le riforme le continuiamo a votare”, dice, in una selva di attenuativi dal sapore di ossimoro: il patto sulle riforme è rotto, ma le riforme vanno avanti. E in realtà le parole di Toti dicono più degli umori e dei conflitti interni al partito di Silvio Berlusconi di quanto non dicano dei rapporti tra Palazzo Grazioli e Palazzo Chigi, tra il Cavaliere e Renzi, che si danno reciprocamente del “birichino”.

 

Sotto la superficie increspata delle critiche a Renzi infatti ribolle il conflitto tra gli uomini del Cavaliere. Una parte del gruppo dirigente di Forza Italia – Toti, Deborah Bergamini, Maria Rosaria Rossi – vuole ridimensionare Denis Verdini, coordinatore e ambasciatore del Nazareno, e chiede a Berlusconi di mandarlo via, senza mezzi termini. Verdini è anche accusato di intelligenza con Raffaele Fitto, il ras delle Puglie che vuole un congresso, più democrazia, e una nuova leadership. Così le cannonate contro Renzi e contro il patto del Nazareno, paradossalmente esplose dai dirigenti di FI più vicini agli ambienti Mediaset (gli ambienti più renziani del berlusconismo), sono in realtà colpi di striscio rivolti contro il vero bersaglio: Verdini.

 

Il Cavaliere tentenna, dà ragione a tutti, un po’ difende Verdini e un po’ lascia che venga delegittimato, vuole tenere insieme i cavalli del serraglio imbizzarrito, ha bisogno di tutti i voti e di tutte le teste in Parlamento. E con Renzi, Berlusconi non ha ancora intenzione di rompere, altrimenti l’avrebbe già fatto (altro che “birichino”), malgrado si sia sentito sul serio imbrogliato dal premier nelle contorte trattative che hanno portato all’elezione di Sergio Mattarella al Quirinale. La prossima settimana si torna a discutere della riforma del Senato. Se il patto è rotto – e non lo è – lo si scoprirà subito.