Alexis Tsipras (foto LaPresse)

I debitori greci all'assalto, ma anche i creditori si muovono

Domenico Lombardi

I primi giorni dall’insediamento del governo Tsipras hanno seguito il copione, come nelle attese. Critiche dalla Grecia alla Troika e all’impianto del programma di aggiustamento imposto. Chiedono una strategia di più ampio respiro, in termini di politiche di crescita e di coesione sociale, ma anche dei tempi necessari per metterla in atto - di Domenico Lombardi

I primi giorni dall’insediamento del governo Tsipras hanno seguito il copione, come nelle attese. Il neoprimo ministro, Alex Tsipras, e il suo ministro delle Finanze, Yanis Varoufakis, hanno denunciato la Troika, criticato l’impianto del programma di aggiustamento imposto e affermato il bisogno di una strategia di più ampio respiro, in termini di politiche di crescita e di coesione sociale, ma anche dei tempi necessari per metterla in atto. Da Berlino come da Bruxelles è arrivato invece un messaggio di fermezza che Atene deve rispettare gli accordi presi. Per capire cosa accadrà nei prossimi mesi, cerchiamo di mettere a fuoco gli attori, le loro strategie e i rispettivi vincoli con cui, ancora una volta, si siederanno al tavolo dei negoziati.

 

Gli attori, prima, a cominciare dal neoministro delle Finanze. Accademico con una buona esperienza internazionale maturata nel Regno Unito, in Australia e negli Stati Uniti, Varoufakis non è un sostenitore di Tsipras della prima ora. Rispetto all’inner circle di consiglieri provenienti dalla base di Syriza, il neoministro condivide l’aspra critica verso il programma di aggiustamento imposto dalla Troika ma se ne differenzia nettamente quando ritiene che il futuro dell’economia ellenica sia nell’Eurozona, non al di fuori di essa.

 

Proprio sul ruolo della Grecia nell’Eurozona, Tsipras aveva tenuto in pubblico una certa ambiguità, pur rassicurando, in privato, che avrebbe mantenuto l’economia ellenica saldamente entro l’area monetaria europea. La nomina di Varoufakis, pertanto, è in linea con quanto il neo primo ministro ha affermato negli ultimi due anni di colloqui riservati e di alto livello con i rappresentanti di creditori e di paesi importanti. La vocazione europeista di Tsipras e Varoufakis non nasce da ragioni ideali ma piuttosto dalla consapevolezza dell’elevato potere contrattuale che deriva al loro paese: l’economia di Atene è l’anello debole di una regione importante, l’Eurozona, la cui stabilità è critica per l’economia mondiale. La caduta libera di Atene potrebbe, ancora una volta, innescare delle dinamiche di contagio per gli altri due anelli deboli, ma di importanza sistemica per la stabilità della regione, Italia e Spagna. Se lo spettro di una fuoriuscita unilaterale della Grecia dall’Eurozona deve stare sul tavolo per ragioni tattiche, è chiaro che il nuovo governo cercherà di estrarre tutte le concessioni possibili dai creditori senza, tuttavia, detonare una nuova crisi che porterebbe Atene verso il default. Per far questo, il duo Tsipras-Varoufakis ha una finestra temporale che si chiude entro il giugno prossimo, prima del pagamento di 7 miliardi per interessi sul portafoglio di titoli di stato detenuto dalla Banca centrale europea. Le scadenze finanziarie che il Tesoro greco ha sino ad allora possono essere, infatti, gestite con strumenti estemporanei, drenando l’avanzo primario accumulato dal precedente governo e allungando le scadenze nei pagamenti a fornitori e contribuenti.

 

[**Video_box_2**]Senza indugio, il neoministro delle Finanze ha già incontrato il presidente dell’Eurogruppo, Jeroen Dijsselbloem, venerdì scorso ad Atene e, dopo l’incontro inconclusivo, ha subito lasciato la capitale per recarsi in missione a Parigi per consultazioni con il suo collega francese. Oggi è a Roma, dove incontrerà il presidente del Consiglio, Matteo Renzi, e il titolare del dicastero dell’economia, Pier Carlo Padoan. E’ emblematico che Roma e Parigi, piuttosto che Madrid e Lisbona, siano le capitali dell’Eurozona che Varoufakis abbia scelto per il suo primo viaggio ufficiale come emissario finanziario di Tsipras. Non è un caso, infatti, che proprio Italia e Francia abbiano, negli ultimi due anni, cercato di contenere l’enfasi rigorista tedesca e intendano utilizzare i recenti sviluppi in Grecia per rafforzare la propria posizione nella dialettica con la Germania. Ma è improbabile che possano andare oltre. Parigi ha già dichiarato che l’amministrazione Hollande è disponibile a discutere i termini del debito, compreso un suo eventuale riscadenzamento, ma non la cancellazione. Questa posizione, amichevole ma non troppo, vale ancora di più per l’Italia, il cui debito pubblico è, in proporzione al pil, quello più alto in Europa dopo la Grecia ma, in valore assoluto, è uno spaventoso multiplo di quello greco. Appoggiare, anche indirettamente, una cancellazione, pur parziale, del debito ellenico invierebbe un segnale potenzialmente destabilizzante per il rifinanziamento del nostro debito.

 

Per la verità i creditori europei hanno avviato già dal marzo 2011 una silenziosa ristrutturazione dei termini del debito greco riducendone progressivamente il tasso di interesse, allungandone il periodo di grazia e le scadenze per la restituzione. Basti pensare che nel maggio 2010, quando fu approvato il primo programma, il tasso di interesse offerto dal Fondo monetario internazionale era inferiore a quello degli aiuti europei. Oggi è esattamente l’opposto. Questo potrebbe indurre a sostituire le risorse offerte dal Fmi con un nuovo prestito dell’Esm (Meccanismo europeo di stabilità) così da alleggerire il servizio del debito per il nuovo esecutivo greco, consentendo all’istituzione internazionale di disingaggiarsi dalla Grecia. Non proprio quello che Tsipras avrebbe sperato.

Di più su questi argomenti: