Così i fratelli-nemici di Zuckerberg offrono nuova linfa ai Bitcoin

Luciano Capone

La notizia della morte di questa moneta elettronica è “fortemente esagerata”. L’annuncio della nascita di un Bicoin Etf (exchange-traded fund), una specie di Nasdaq dei Bitcoin, può dare lo slancio.

Parafrasando Mark Twain si può dire che la notizia della morte di Bitcoin è “fortemente esagerata”. E non è neppure la prima, visto che da quando è nata gli annunci della fine ingloriosa di questa moneta virtuale decentralizzata sono stati tanti quanti quelli della sua rinascita. Crolli improvvisi e risalite repentine, bolla speculativa o innovazione rivoluzionaria? I fallimenti di grossi Bitcoin exchange (cambiavalute) come Mt.Gox e le forti oscillazioni di prezzo fanno pensare alla prima ipotesi, tutte le risurrezioni della cryptomoneta alla seconda. Ciò che realmente potrebbe segnare una svolta è l’annuncio da parte dei gemelli Cameron e Tyler Winklevoss della nascita di un Bicoin Etf (exchange-traded fund), una specie di Nasdaq dei Bitcoin, come lo hanno battezzato loro. I due fratelli sono noti per la causa intentata a Mark Zuckerberg per furto di proprietà intellettuale: secondo i Winklevoss, Zuckerberg avrebbe rubato l’idea di quello che è diventato Facebook (la vicenda è raccontata nel film "The social network") e da questa causa sono riusciti ad ottenere 65 milioni di dollari di risarcimento. I due giovanissimi imprenditori sono quindi noti al mondo finanziario americano e il loro tentativo di portare nel mondo dell’economia e della finanza tradizionale quello che era stato uno strumento visto con diffidenza e tenuto ai margini come Bitcoin, potrebbe avere dei risvolti importanti se dovesse passare tutti gli step di autorizzazione.


I gemelli Cameron e Tyler Winklevoss


 

La moneta creata dall’ignoto “Staoshi Nakamoto” ha alcuni problemi per ora irrisolti. Rispetto alle tre tradizionali caratteristiche della moneta, Bitcoin funziona come mezzo di scambio (sono sempre più gli operatori del mercato, dai bar sotto casa ai colossi mondiali come Microsoft, che accettano pagamenti in bitcoin), ma non funziona come riserva di valore a causa della forte volatilità del prezzo e quindi neppure come unità di conto. Questi limiti (tra l’altro comuni a molte monete tradizionali di paesi semifalliti) ne impediscono lo sviluppo e l’uscita dal quel recinto di utilizzatori e investitori generalmente riconosciuti come nerd, libertari, anarchici, evasori fiscali o narcotrafficanti. La garanzia dell’assoluto anonimato in Bitcoin è sicuramente un valore aggiunto per chi svolge attività illegali e ciò ha spinto le autorità governative di quasi tutto il mondo a criminalizzare o comunque a sottolineare la pericolosità di questa moneta acefala (concetto ribadito pochi giorni fa dalla Banca d’Italia) e quindi a tenere alla larga investitori, risparmiatori e cittadini “normali”.

 

[**Video_box_2**]Alcuni di queste criticità potrebbero ora essere risolte o quantomeno attutite. Il problema della volatilità del valore dei Bitcoin è dovuto a un market cap (un valore del mercato) molto basso, di solo 3 miliardi di dollari, pertanto il prezzo è fortemente sensibile alle scelte di pochi investitori: se un grande possessore vende Bitcoin il prezzo crolla, se ne compra il prezzo si impenna. La causa sarebbe da ricercare nella difficoltà e nella diffidenza a entrare in un mercato fatto per specialisti e in cui ci sono poche istituzioni affidabili (i fallimenti di alcuni degli exchange più grandi hanno dato un bel colpo di alla credibilità). L’idea dei gemelli Winklevoss in questo senso può essere una svolta: la nascita di un Etf, quindi di un fondo che vende titoli seguendo l’andamento di valore del mercato, che ha tutti crismi e le autorizzazioni dei regolatori e di Wall Street, potrebbe far affluire quei capitali che stabilizzerebbero in parte il valore dei bitcoin. Ci sono già alcuni passi in questo senso, ovvero verso un avvicinamento degli strumenti tradizionali alle cryptomonete, con la nascita di exchange regolamentati e assicurati che quindi danno maggiore tranquillità ai risparmiatori che temono fallimenti in stile Mt.Gox. Queste innovazioni e le possibili autorizzazioni di un Etf segnano anche un cambiamento di atteggiamento da parte delle autorità di vigilanza, ora, almeno nel mondo anglosassone, più aperte verso uno strumento che hanno a lungo combattuto.

 

“Se l’Etf proposto dai Winklevoss viene autorizzato e regolamentato – dice al Foglio Giacomo Zucco, esperto della moneta virtuale – dovrebbe rendere il Bitcoin molto più credibile e quindi far affluire capitali che renderebbero la valuta più stabile e utilizzata. Se invece i capitali non dovessero affluire, per Bitcoin non ci saranno più alibi”.

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  • Luciano Capone
  • Cresciuto in Irpinia, a Savignano. Studi a Milano, Università Cattolica. Liberista per formazione, giornalista per deformazione. Al Foglio prima come lettore, poi collaboratore, infine redattore. Mi occupo principalmente di economia, ma anche di politica, inchieste, cultura, varie ed eventuali