Il premier Matteo Renzi (foto LaPresse)

Renzi e le ragioni del no ad Amato

Claudio Cerasa

Si bisticcia, ma anche no. Si combatte, ma ci si capisce. Ci si annusa e poi ci si accorda. Il presidente del Consiglio gioca con le tre carte e cerca la navvazione. La necessità del notaio nella repubblica nazarena.

I nomi sono quelli e i Nazareni ci faranno ballare ancora per un po’. Berlusconi vuole fortissimamente Amato. Lo vuole perché si fida, perché lo conosce bene, perché crede che possa essere un buon garante del patto del Nazareno e perché crede che attorno a quel nome potrebbe raggiungere due obiettivi mica male: rimettere insieme il centrodestra che sarà, trovare una convergenza con Alfano, muoversi in modo compatto, far arrivare al Quirinale un volto che costituirebbe un contrappeso importante nei rapporti di forza con Renzi, e allo stesso tempo, geniaccio di un Cav., scavalcare lo stesso Patto del Nazareno, proponendo al presidente del Consiglio un nome che non si può rifiutare non solo per la competenza, l’esperienza, le conoscenze, l’equilibrio, la continuità con Napolitano, bla, bla, bla, ma anche perché, con quel nome, sulla carta, il Pd ci starebbe. Ci starebbe un pezzo importante del corpaccione rosso del partito. Ci starebbe un pezzo meno importante ma significativo del vecchio apparato centrista Pd. Ci starebbe il centro. Ci starebbero gli ex amici di Monti. E ci starebbero tutti. Tutti tranne Renzi. E Renzi non ci sta non solo per la questione del “doverlo spiegare”, della difficoltà con cui il presidente del Consiglio riuscirebbe, come direbbe Nichi Vendola, a costruire una navvazione, ma anche per un ragionamento figlio di un altro modo di pensare.

 

E il ragionamento suona più o meno così. La competenza, e vabbè, questo lo sappiamo. L’esperienza, e d’accordo, anche su quello ci siamo. Le conoscenze, e anche su quello, via, davvero poco da dire. Magari, chi lo sa, avrebbe anche i voti, ma per me, per me Renzi, Amato è la persona meno indicata, tra quelle indicate in questi giorni, a succedere a Napolitano. E lo è per una ragione semplice. Non perché il profilo giusto a cui far rappresentare la repubblica nazarena debba essere per forza un simpatico e anonimo taglia nastri. Il punto è diverso ed è figlio di una fase politica nuova in cui il nuovo capo dello stato dovrà prendere atto che il Quirinale non sarà più quello che è stato finora. E in cui bisognerà certificare quello che verrà poi certificato dal punto di vista costituzionale dal mix presente all’interno della legge elettorale e della riforma costituzionale. Il prossimo presidente della Repubblica dovrà essere un garante più che un regnante. Dovrà prendere atto che i poteri si stanno trasferendo sempre di più dal Quirinale a Palazzo Chigi. E dovrà comportarsi, diciamo così, un po’ più alla tedesca: contrappeso, sì, bilanciamento, sì, ma con distanza, senza poteri di veto (e con meno possibilità di scegliere chi sarà il prossimo presidente del Consiglio). Da questo punto di vista è ovvio che per Renzi un nome come Mattarella, uno con una navvazione pevfetta (la lotta alla mafia, la Costituzione…), sia il candidato ideale (lo voterebbe persino Sel, a pvoposito). E ieri il premier lo ha ripetuto a Berlusconi: caro Cav., il nostro candidato è questo, è il candidato di tutto il Pd, è il candidato anche della minoranza (piace anche a Bersani che due anni fa lo inserì nella rosa proposta a Berlusconi), e con questo nome ho la certezza che i franchi tiratori non faranno i capricci.

 

[**Video_box_2**] E allora che fai, caro Cav.: prendi questo o prendi un altro nome che tiro io fuori dal mazzo? Renzi è convinto che Berlusconi alla fine cederà, che la possibile convergenza degli elettori grillini sul nome di Prodi (oggi ci sono le Quirinarie, ci divertiremo) potrebbe persino giocare a suo favore (della serie: caro Cav., attento a te, ci metto un attimo a votare il prof). E dunque i nazareni bisticciano, sì, ma si capiscono. Renzi vuole Mattarella (grigio quanto basta, tedesco da paura), Berlusconi Amato. Si cerca il second best. Sapendo però che tutto può accadere. E che per Renzi, alla fine, potrebbe essere una prova di forza persino dire ok al signor Amato. Chissà.

  • Claudio Cerasa Direttore
  • Nasce a Palermo nel 1982, vive a Roma da parecchio tempo, lavora al Foglio dal 2005 e da gennaio 2015 è direttore. Ha scritto qualche libro (“Le catene della destra” e “Le catene della sinistra”, con Rizzoli, “Io non posso tacere”, con Einaudi, “Tra l’asino e il cane. Conversazione sull’Italia”, con Rizzoli, “La Presa di Roma”, con Rizzoli, e "Ho visto l'uomo nero", con Castelvecchi), è su Twitter. E’ interista, ma soprattutto palermitano. Va pazzo per i Green Day, gli Strokes, i Killers, i tortini al cioccolato e le ostriche ghiacciate. Due figli.