Soldati ucraini a Kiev in partenza per la regione orientale (foto LaPresse)

Lo stato della guerra

In Ucraina si combatte all'ombra degli (inutili) accordi di Minsk

Paola Peduzzi

Il presidente ucraino Poroshenko: “Novemila uomini russi arrivati nell’est, con armi pesanti”. Il ministro degli Esteri russo Lavrov: “Dateci le prove, ma non potete né volete farlo”. La diplomazia internazionale s’appiglia a un piano di pace che non è mai stato applicato (1.400 morti dalla firma).

L’attacco all’autobus a Donetsk. Ieri mattina un autobus che transitava in una zona controllata dai separatisti pro russi di Donetsk, nell’est dell’Ucraina, è stato distrutto da colpi di mortaio. Almeno otto persone sono morte (secondo alcune fonti, sarebbero tredici): nelle immagini si vedono ampie pozze di sangue. Come spesso è accaduto negli attacchi più sanguinosi che hanno scandito la guerra in Ucraina, le versioni delle autorità di Kiev e dei separatisti non collimano. Secondo questi ultimi, l’attacco è stato fatto dalle Forze armate ucraine, che stanno cercando di riconquistare la città; Kiev dice che i suoi soldati sono sistemati troppo lontano dal luogo dell’attacco per essere considerati responsabili, e il premier Arseniy Yatsenyuk definisce l’attacco “un atto terribile contro l’umanità” commesso “dai terroristi russi”. In effetti, l’autobus era in una posizione al di fuori del raggio di fuoco dei soldati ucraini, ma è anche vero che i separatisti non hanno alcun interesse a fare un attacco nelle aree sotto il loro controllo: una fonte locale ha detto al Guardian che i ribelli occupano un capannone lì vicino dove riparano i carri armati, e forse era questo l’obiettivo dell’attacco. L’attentato spezza il nuovo cessate il fuoco (ce ne sono tanti) deciso non più tardi della sera di mercoledì a Berlino nell’incontro del “gruppo di contatto” (che comprende i ministri degli Esteri di Ucraina, Russia, Francia e Germania e i funzionari dell’Osce): nell’accordo si stabilisce anche il ritiro di tutta l’artiglieria pesante dietro alla linea del fronte, segnata dagli accordi di Minsk, siglati nel settembre scorso.

 

La battaglia all’aeroporto. Mercoledì le forze ucraine hanno ammesso di aver perso il controllo dell’aeroporto di Donetsk – compreso il cosiddetto “terminal nuovo” costruito in occasione degli Europei di calcio del 2012 – e hanno ritirato un battaglione che combatteva lì da settimane. In realtà non tutta l’area aeroportuale è ora controllata dai separatisti: secondo il ministero della Difesa di Kiev, la zona sud è ancora contesa, e si sta combattendo. Fino a ieri mattina si contavano dieci soldati ucraini uccisi, i pro ribelli hanno ferito e preso in ostaggio altri sedici soldati, che ora sarebbero tenuti prigionieri nella zona nord dell’aeroporto.

 

L’accusa del presidente Poroshenko. Poche ore prima della fase finale della battaglia all’aeroporto, il presidente ucraino Petro Poroshenko aveva parlato al Forum di Davos. Ha detto che i russi hanno inviato novemila soldati in aiuto dei separatisti nell’est dell’Ucraina, assieme ad artiglieria pesante: “Se questa non è un’aggressione, cos’è un’aggressione?”. Poroshenko ha anche chiesto a Mosca di rispettare gli accordi di Minsk: “La soluzione è molto semplice, smettetela di rifornire i ribelli con le armi, ritirate le truppe e chiudete il confine – ha detto il presidente – Se volete discutere qualcosa di diverso da questo, vuol dire che non volete la pace, vuol dire che volete la guerra”. Il ministro degli Esteri russo, Sergei Lavrov, ha respinto le accuse: “Se gli ucraini sono così sicuri di quel che dicono, che presentassero le prove. Ma nessuno può presentarle, le prove, e forse nemmeno vuole”, ha detto in una conferenza stampa prima di partire per il vertice di Berlino. Il segretario generale della Nato, Jens Stoltenberg, ha sostenuto la versione ucraina: “Per parecchi mesi abbiamo visto la presenza di forze russe in territorio ucraino, e abbiamo anche visto un sostanziale aumento nel numero di equipaggiamento pesante dei russi nell’est dell’Ucraina. Un giornalista dell’Associated Press mercoledì ha visto attraverso il Checkpoint 31 della linea del fronte i ribelli pro russi manovrare sei cannoni, quattro lanciamissili per razzi Grad e quindici carri armati “molto puliti”.

 

[**Video_box_2**]L’offensiva di Samantha Power. L’ambasciatore americano all’Onu, Samantha Power, ha accusato la Russia di addestrare e armare i separatisti, partecipando assieme a loro alle battaglie, nonostante il Cremlino abbia presentato un piano di pace. “Solleviamo il velo dal processo di pace di Putin e chiamiamolo per quel che è: un piano di occupazione russa”, ha detto la Power durante un incontro del Consiglio di sicurezza dell’Onu dedicato alla questione ucraina. L’ambasciatore russo, Vitaly Churkin, ha accusato l’Ucraina di violare ripetutamente gli accordi di Minsk.

 

L’Ucraina in bancarotta. L’economia ucraina è sull’orlo della bancarotta (anche) a causa della guerra nell’est del paese. Secondo dati riportati dalla Bbc, l’economia si è contratta dell’8 per cento l’anno scorso, in gran parte per i mancati introiti della regione del Donbass, zona di guerra, dove sono dislocate le industrie di ferro e carbone più importanti del paese. Il governo di Kiev non ha più riserve: deve pagare i suoi prestiti internazionali, comprare il gas naturale dalla Russia, tenere su la sua moneta, la grivnia, che nonostante gli sforzi ha perso metà del suo valore nell’ultimo anno. Il Fondo monetario internazionale sta discutendo se e quando rilasciare la seconda tranche – di 5 miliardi di dollari – del bail-out accordato l’anno scorso (che vale 17 miliardi di dollari). Per ora è stata consegnata la prima tranche, da 4,5 miliardi, ma anche se dovesse arrivare la seconda, potrebbe non essere sufficiente: gli emissari del governo, che a Davos hanno avuto lunghe conversazioni con i funzionari del Fmi, dicono di aver bisogno di 15 miliardi di dollari. Christine Lagarde, boss del Fmi, ha fatto capire di aver intenzione di assecondare le richieste dell’Ucraina, anche alla luce degli ultimi episodi di guerra, ma la premessa su cui l’accordo si fonda non è variata: Kiev deve fare le riforme.

 

La lettera di Putin. Soltanto una settimana fa, il presidente russo Vladimir Putin, ha scritto a Poroshenko offrendo “una timetable concreta” per applicare il piano di pace esistente, accettando la linea del cessate il fuoco (che intanto è molto variata) e usando la propria influenza per convincere i separatisti a ritirare l’artiglieria. Poi è scoppiata una guerra che, all’apparenza, nessuno ha interesse a combattere.

 

Più di 4.800 persone sono state uccise da aprile scorso a oggi nel conflitto tra il governo ucraino e i separatisti pro russi. Millequattrocento da quando è stata siglata la tregua a Minsk.

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  • Paola Peduzzi
  • Scrive di politica estera, in particolare di politica europea, inglese e americana. Tiene sul Foglio una rubrica, “Cosmopolitics”, che è un esperimento: raccontare la geopolitica come se fosse una storia d'amore - corteggiamenti e separazioni, confessioni e segreti, guerra e pace. Di recente la storia d'amore di cui si è occupata con cadenza settimanale è quella con l'Europa, con la newsletter e la rubrica “EuPorn – Il lato sexy dell'Europa”. Sposata, ha due figli, Anita e Ferrante. @paolapeduzzi