foto LaPresse

Manutenzione delle primarie

Redazione

Le primarie democratiche, soprattutto  quelle che si svolgono a livello locale, invece di produrre l’effetto sperato di mobilitazione hanno spesso determinato rotture e tensioni, la più grave delle quali è l’abbandono del partito da parte di Sergio Cofferati.

Le primarie democratiche, soprattutto  quelle che si svolgono a livello locale, invece di produrre l’effetto sperato di mobilitazione hanno spesso determinato rotture e tensioni, la più grave delle quali è l’abbandono del partito da parte di Sergio Cofferati. Sarebbe però un errore trarre dalla constatazione del ripetersi di questi fenomeni (ai quali si può aggiungere quello dell’eccezionale astensionismo registrato nelle lezioni vere in Emilia) la conclusione che la stagione delle primarie è destinata a concludersi. Nella situazione magmatica della politica italiana, il Pd è riuscito a definire un meccanismo di ricambio e di verifica delle classi dirigenti, e deve tenerselo stretto, visto come vanno a finire le altre formazioni politiche che non ne dispongono e finiscono col passare per fasi traumatiche e secessionistiche ogni volta che debbono affrontare quel problema.

 

Tuttavia i fenomeni degenerativi registrati in Liguria, a Roma e a Napoli, per citare solo i casi più noti, debbono essere affrontati operando qualche correzione, non semplice anche perché spesso le primarie locali non sono di partito ma di coalizione, il che implica ottenere assensi esterni a eventuali modifiche delle procedure. Va anche detto che è nella natura delle primarie aperte, cui può partecipare qualsiasi cittadino, la possibilità di “infiltrazioni” di elettori di altri partiti e persino di persone che puntano a ottenere pubblicità a buon mercato presentandosi ai seggi delle primarie con intenti quasi provocatori. In realtà, però, questi fenomeni, che hanno attirato l’attenzione della stampa e le contumelie di Cofferati, non hanno un peso statistico e non inficiano il risultato fondamentale. Invece rappresenta un problema reale quello dell’arruolamento di elettori, quelle che una volta si chiamavano con gergo goliardico “truppe cammellate”, che esprimono un voto non in base a convinzioni ma per fedeltà a una qualche consorteria o in cambio di qualche vantaggio. Su fenomeni di questo genere, che peraltro rischiano di aprire una via di influenza anche a organizzazioni criminali, è necessario vigilare. Per cominciare bisognerebbe ammettere al voto delle primarie solo gli elettori che debbono presentare il certificato elettorale, senza la demagogia di ammettere minorenni o extracomunitari, e poi si può procedere alla pubblicazione dell’elenco degli elettori. Soprattutto, però, serve un patto di lealtà tra i competitori, che rifiutino l’appoggio, anche non richiesto, di questo genere di sostegno peloso e pericoloso. Con qualche organismo paritetico di garanzia che gestisca il processo elettorale, molte degenerazioni possono essere ricondotte a una dimensione marginale, o meglio ancora più marginale di quella che si è verificata nei casi citati.

Di più su questi argomenti: