Assad può restare, dice Foggy Bottom

Redazione

Di amnesia in amnesia, l’America converge con Mosca sulla Siria. Gli Stati Uniti continuano ad addestrare e armare i ribelli siriani, ma con l’obiettivo di combattere lo Stato islamico, non il regime.

Gli aerei americani che bombardano lo Stato islamico in Siria si dividono il cielo con i jet dell’esercito di Damasco che bombardano le zone in cui operano i ribelli, ma non si incontrano – né scontrano – mai: gli americani, scrive il New York Times, assicurano il regime di Bashar el Assad, attraverso intermediari iracheni, che il suo esercito non è un obiettivo. Gli Stati Uniti continuano ad addestrare e armare i ribelli siriani, ma con l’obiettivo di combattere lo Stato islamico, non il regime. Se ufficialmente la linea americana dell’“Assad must go” non è stata rivista (non è mai nemmeno stata applicata), il segretario di stato John Kerry non la nomina più e anzi, assieme ad altri paesi occidentali, ha accolto le iniziative che tendono a far dimenticare quel che era stato deciso a Ginevra un anno fa (sì, era stato deciso qualcosa: creare un “corpo di governo di transizione”, anche se non si era stabilito se Assad dovesse farne parte). Le iniziative sono due: una è portata avanti dall’Onu e propone un “congelamento” dei combattimenti, a partire da Aleppo; l’altra è patrocinata dalla Russia, alleato di Assad, e propone un negoziato a Mosca per creare un governo d’unità tra Assad e l’opposizione che organizzi elezioni parlamentari. L’iniziativa pare impraticabile: Assad si sente forte, perché dovrebbe accettare un power sharing? L’opposizione si divide sulla strategia militare e politica. Soprattutto: buona parte del territorio siriano è occupato dallo Stato islamico, che non retrocede. Eppure, di amnesia in amnesia Kerry ha detto di essere favorevole a entrambe le iniziative, e s’è guardato bene dal ripetere quel che ha sempre detto, e cioè che Assad deve andarsene. 

 

Staffan de Mistura, inviato dell’Onu in Siria, ha fatto capire che non c’è bisogno di organizzare un terzo round di colloqui, lo spirito di Ginevra permea già le iniziative parallele in corso. I funzionari dell’Onu ormai dicono che l’occidente deve adattarsi alla nuova realtà siriana – la minaccia più grave è quella dello Stato islamico – e accettare il fatto che i ribelli non sono riusciti a sconfiggere Assad. Che è come dire che il dittatore di Damasco ha vinto, e può stare dov’è, anche se stermina il suo popolo, anche se – questo dovrebbe agitare i realisti che dei civili siriani non s’interessano – ha permesso all’Iran di arrivare fino alle alture del Golan, avamposto d’eccezione per colpire Israele.

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