Il presidente degli Stati Uniti, Barack Obama (foto LaPresse)

La guerra delle tasse allo Stato dell'Unione

Paola Peduzzi

Con il discorso sullo Stato dell’Unione che il presidente americano, Barack Obama, pronuncerà stasera (nella notte italiana) ricomincia quello che Politico definisce la “tax war”. La Casa Bianca ha annunciato alcune misure per alleggerire la tassazione sulla middle class da ripagare con un aumento delle tasse sui capital gain.

Con il discorso sullo Stato dell’Unione che il presidente americano, Barack Obama, pronuncerà stasera (nella notte italiana) ricomincia quello che Politico definisce la “tax war”, la guerre delle tasse. La Casa Bianca ha annunciato alcune misure per alleggerire la tassazione sulla middle class da ripagare con un aumento delle tasse sui capital gain, dal 23 al 28 per cento per i redditi superiori a mezzo milione di dollari l’anno, con la tassazione sui “trust” usati per le proprietà delle eredità e con un prelievo maggiore sulle istituzioni finanziarie più grosse. La riduzione delle tasse per la middle class, e in particolare per le famiglie in cui entrambi i genitori lavorano, costerà 175 miliardi di dollari in 10 anni, da aggiungere ai 60 miliardi già annunciati da Obama per il “college gratis” per due anni agli studenti. L’Atlantic sottolinea che non si tratta soltanto di tassare i capitali, ma anche di tassare la ricchezza, che è quello che ha proposto nel suo celebre saggio l’economista francese Thomas Piketty (è per questo che avrete visto in queste ore molte immagini del villoso Piketty a commento delle iniziative obamiane).


Il discorso sullo Stato dell'Unione rivolto nel 2002 da G.W.Bush, celebre per aver dato una prima definizione di 'asse del male'


Se finora s’è detto che la Casa Bianca riuscirà a collaborare con il Congresso a prevalenza repubblicana proprio sulle misure fiscali, ora questa convergenza pare impossibile, anche se ancora non si sa che destino avrà la promessa fatta in passato sulla diminuzione della tassazione corporate: è (di nuovo) guerra sulle tasse. Con lo scopo – nobilmente populista – di diminuire la diseguaglianza tra ricchi e poveri, cresciuta in questi anni di crisi, secondo quanto confermato anche dal report di Oxfam, in modo esponenziale rispetto al passato: l’1 per cento della popolazione mondiale controlla oggi quasi il 50 per cento della ricchezza mondiale. Soprattutto a Obama, che con la macchina straordinaria del suo spin ricorda che anche ai tempi di Ronald Reagan la tassazione sui capital gain era al 28 per cento, interessa combattere la stagnazione nei salari e nei redditi degli americani, fermi da 15 anni che affievolisce i benefici della crescita, corposa, degli Stati Uniti e che fa sì che la ripartenza economica del paese – definita dai consiglieri “America’s resurgence” – non sia percepita dalla cosiddetta Main Street. I repubblicani hanno già detto che si tratta di una follia à la Robin Hood, molti invitano il presidente a smetterla di ascoltare i suoi “alleati liberal”, e sanno che troveranno dalla loro parte qualche democratico (in area Hillary Clinton, diciamo): soprattutto questi annunci dovranno diventare proposte vere entro il 2 febbraio, quando ci sarà il budget, e il Congresso ha ampio margine per rivedere il pacchetto proposto dalla Casa Bianca.


Il discorso sullo Stato dell'Unione rivolto lo scorso anno da Barack Obama (28 gennaio 2014)


[**Video_box_2**]Nell’attesa della discussione, che sarà spietata visto che in ballo non c’è soltanto la legacy obamiana ma anche il posizionamento dei democratici per le primarie del prossimo anno, molti si interrogano anche sul ruolo del discorso sullo Stato dell’Unione. Molti sostengono che con la politica dell’annuncio s’è svilito uno dei capisaldi della tradizione politica americana: se sappiamo già tutto, perché ascoltare Obama? I democratici dicono che, con alcuni temi già in testa, gli americani potranno seguire meglio un discorso lungo e articolato. Ma già ci si aspetta qualche sorpresa dell’ultimo minuto, da applaudire guardando, di fianco a Michelle Obama, Alan Gross, che è stato per cinque anni detenuto nelle prigioni di Cuba: con la sua liberazione si sono aperti di nuovo i rapporti con l’isola dei Castro.

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  • Paola Peduzzi
  • Scrive di politica estera, in particolare di politica europea, inglese e americana. Tiene sul Foglio una rubrica, “Cosmopolitics”, che è un esperimento: raccontare la geopolitica come se fosse una storia d'amore - corteggiamenti e separazioni, confessioni e segreti, guerra e pace. Di recente la storia d'amore di cui si è occupata con cadenza settimanale è quella con l'Europa, con la newsletter e la rubrica “EuPorn – Il lato sexy dell'Europa”. Sposata, ha due figli, Anita e Ferrante. @paolapeduzzi