Matteo Renzi (foto LaPresse)

Patto ci cova

Renzi e le vere trappole al Senato sull'Italicum prima del voto Quirinale

Claudio Cerasa

Le differenze con l’elezione del 2013, il test per il gruppo di Forza Italia, i messaggi in codice del Nazareno.

Roma. Ieri pomeriggio Matteo Renzi ha riunito al Nazareno la direzione del Pd e ha offerto alcune indicazioni utili per orientarsi in vista della partita del Quirinale. Il presidente del Consiglio presenterà il suo nome la mattina del 28 gennaio (il giorno prima del voto). Da qui al 28 ci sarà una squadra del Pd, dedicata alla consultazione ufficiale dei gruppi parlamentari, composta dai capigruppo di Camera e Senato (Speranza e Zanda), dai vicesegretari del Pd (Guerini e Serracchiani) e dal presidente Pd (Orfini) che si andrà ad affiancare alla squadra ombra, composta da Luca Lotti, Luca Lotti e Luca Lotti, e che proverà a capire le esigenze e le richieste degli alleati. Al di là della spassosa galleria dei nomi (ormai siamo intorno alle cento unità), il dato politico di queste ore è che Renzi sta provando a dimostrare non solo che non esiste alcuna alternativa credibile al patto del Nazareno (ogni apertura al 5 stelle è solo tattica e solo tattica) ma che lo scenario con cui si andrà a confrontare il Parlamento a fine mese sarà drasticamente diverso da quello in cui si trovò due anni fa il suo predecessore alla guida del Pd: all’epoca non c’era un patto strategico con nessun partito (oggi ci sono Alfano e Berlusconi); all’epoca c’era un segretario delegittimato dalle elezioni e oggi c’è un segretario forte che può far tesoro del 41 per cento ottenuto all’europee; all’epoca c’era un gruppo parlamentare che voleva liberarsi del suo leader, oggi, semmai, c’è un gruppo che vuole mandare un messaggio al suo leader, sapendo però che alternative al momento non ci sono.

 

Il fatto che Renzi, poi, notano a Largo del Nazareno, continui a insistere sul fatto che il presidente verrà eletto a partire dal quarto scrutinio (Renzi, in realtà, dice proprio: “Lo eleggeremo al quarto”, noi ci andiamo più piano) dimostra che il premier intende rassicurare in tutti i modi Forza Italia, e far passare il messaggio che il capo dello stato non deve essere eletto con la più ampia maggioranza possibile ma con una precisa maggioranza variabile: quella iscritta nel perimetro del Nazareno. Il punto centrale del ragionamento è provare a capire quanto sia davvero solido il patto tra Berlusconi e Renzi e da questo punto di vista una spia utile a capire quanto i gruppi di Pd e Forza Italia saranno disposti ad andare dietro i loro leader sarà il voto sulla legge elettorale e le riforme costituzionali, che il segretario intende portare a termine prima del voto sul capo dello stato. Il calendario dei lavori prevede che la riforma costituzionale verrà votata alla Camera tra il 23 e il 26 gennaio e a meno di sorprese il voto in seconda lettura dovrebbe arrivare. Alla Camera le sorprese riguardano la tenuta del gruppo di Forza Italia, e se è vero che il capogruppo Brunetta ha chiesto, due giorni fa, senza successo, di sospendere il dibattito sulle riforme fino alla scelta del nuovo capo dello stato, è anche vero che nel gruppo del partito di Berlusconi sono in molti, specie i deputati di area lombarda, a ragionare seguendo una linea di questo tipo: abbiamo scelto di rimanere all’interno del patto del Nazareno, anche a costo di perdere voti, per avere un diritto di veto importante sulla partita del Quirinale, e far saltare tutto adesso, muovendoci addirittura in sintonia con il 5 stelle, sarebbe un suicidio politico: perché è vero che Renzi ha bisogno di Forza Italia per neutralizzare la minoranza Pd ma è anche vero che numeri alla mano Renzi è tecnicamente credibile quando dice di potersi rivolgere ai dissidenti del 5 stelle per eleggere il capo dello stato. Per il Senato il discorso sembra essere simile ma con una piccola postilla, che poi è anche una notizia. Il timing fissato a Palazzo Madama dice che l’Italicum verrà votato a partire dalle 9.30 di martedì 27 e in teoria una settimana potrebbe essere sufficiente per votare tutti gli emendamenti (salvo che Calderoli, Lega nord, si intestardisca nel voler discutere tutti i suoi 40 mila).

 

[**Video_box_2**] I problemi qui sono due. Il primo è legato a un emendamento che verrà presentato dalla maggioranza, relatrice Finocchiaro, e che prevede di introdurre il premio di lista all’attuale testo dell’Italicum (che prevede il premio alla coalizione). Anche ieri Renzi ha detto che il destino dell’Italia è il bipartitismo ma i numeri al Senato dicono che su questo punto la maggioranza ha possibilità di ritrovarsi in minoranza (gran parte dei senatori di Forza Italia, per esempio, vuole il premio alla coalizione). Il secondo problema riguarda la tattica di Berlusconi. Storicamente, a ridosso della chiusura di un patto, il Cav. tende sempre a rilanciare per ottenere dal suo competitor-alleato qualcosa in più. La chiave con cui oggi Berlusconi può rilanciare è prendere tempo. E chissà se è un caso se il Cav. ha convocato la riunione del gruppo al Senato proprio martedì mattina, quando in teoria sarebbe dovuto cominciare il voto sull’Italicum. Piccole scaramucce. Per il momento il patto regge, e per le minoranze è sempre più chiaro che, salvo errori di Renzi, il patto è davvero difficile sabotarlo.

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  • Claudio Cerasa Direttore
  • Nasce a Palermo nel 1982, vive a Roma da parecchio tempo, lavora al Foglio dal 2005 e da gennaio 2015 è direttore. Ha scritto qualche libro (“Le catene della destra” e “Le catene della sinistra”, con Rizzoli, “Io non posso tacere”, con Einaudi, “Tra l’asino e il cane. Conversazione sull’Italia”, con Rizzoli, “La Presa di Roma”, con Rizzoli, e "Ho visto l'uomo nero", con Castelvecchi), è su Twitter. E’ interista, ma soprattutto palermitano. Va pazzo per i Green Day, gli Strokes, i Killers, i tortini al cioccolato e le ostriche ghiacciate. Due figli.