La banda dei carabinieri a cavallo davanti al Quirinale (foto LaPresse)

Toto-toto, spin nel fianco

Come orientarsi nel gran gioco delle veline sul toto Quirinale

Claudio Cerasa

Per ogni nome c’è una spiegazione e per ogni spin c’è una ragione e per ogni tentativo di sputtanare o, come si dice, bruciare un candidato c’è sempre una strategia precisa che arriva ora da Palazzo Chigi, ora da Palazzo Madama, ora dalla Camera, ora da una corrente, ora da una sotto corrente.

Roma. Per ogni nome c’è una spiegazione e per ogni spin c’è una ragione e per ogni tentativo di sputtanare o, come si dice, bruciare un candidato c’è sempre una strategia precisa che arriva ora da Palazzo Chigi, ora da Palazzo Madama, ora dalla Camera, ora da una corrente, ora da una sotto corrente, ora da un capo corrente e ora, magari, da un ex capo corrente che spera ancora di contare in questa partita come se fosse un nuovo grande capo corrente. E così, nel grande gioco della velina, capita di tutto. Di incontrare (a) autorevoli franceschiniani, devoti al verbo del ministro della Cultura, che, per lanciare il proprio campione, dicono che il favorito assoluto si chiama Piero Fassino: arbitro, amato dalla sinistra, apprezzato dal centrodestra, senza truppe parlamentari, conoscenze internazionali, innocuo per Renzi. Di incontrare (b) autorevoli veltroniani, devoti al verbo dell’ex segretario del Pd, che, per lanciare il proprio cavallo, dicono che no, non è vero niente, figurati se Walter pensa di, il nome c’è, è lì, ed è quello di Giuliano Amato: la perfetta continuità istituzionale con Giorgio Napolitano, proprio come vuole il presidente Renzi. Di incontrare (c) onorevoli con consuetudine con il patto del Nazareno, di rito fiorentino, che per tenere nascosto il proprio candidato dicono che il candidato c’è, è fatta, Matteo ne è convinto, e che è lì alla luce del sole, e si chiama Graziano Delrio: un ex sindaco, vicino ma non troppo a Renzi, apprezzato da Napolitano, apprezzato anche dai grillini, apprezzato anche dalla chiesa, e che non c’è una ragione sola per cui non possa essere gradito anche a Berlusconi.

 

Uno spasso. E ancora. Capita di incontrare (d) formidabili anti prodiani, sostenitori di un Fassino o di un Veltroni, pronti a dimostrarti che la candidatura di Prodi è più forte di quello che può sembrare – e non l’hai visto l’articolo del Regno, settimanale cattolico di area prodiana, che spiega come Prodi può essere l’uomo giusto per firmare una pace con Berlusconi? Capita, nel grande gioco dello spin, di incontrare (e) autorevoli renziani, di rito emiliano, sponsor di Graziano Delrio al Quirinale, che lasciano intendere che tutto sia già deciso, e che il candidato sia stato già concordato da Luca Lotti e da Roberto Speranza, e che il nome giusto è lì, come fai a non vederlo, ed è quello di Giovanni Legnini: attuale vicepresidente del Csm, eletto al Csm con una maggioranza bulgara, 524 voti, maggioranza formata da Pd e Forza Italia ed Ncd, che basterebbe eccome per diventare presidente della Repubblica. E’ tutto così. E ogni velina lascia una traccia e ogni velina ha una sua storia. Nulla di quello che viene raccontato in questi giorni è vero, forse è verosimile, perché Renzi il suo nome non lo fa a nessuno, lo tiene per sé, lo custodisce con gelosia, e intanto si diverte a lasciare sul terreno alcuni indizi, che vogliono dire tutto e non vogliono dire nulla. “Posso dire che la Costituzione definisce un profilo del presidente della Repubblica”, che per il Quirinale serve “un arbitro saggio, non un giocatore di una delle due squadre”, che noi tutti dovremmo impegnarci per “individuare una personalità di grande livello”.

 

[**Video_box_2**]Eppure, nel caos delle veline, esiste un metodo renziano che è parte integrante e complementare del metodo con cui verrà tirato fuori dal cilindro il candidato da proporre prima al Pd e poi a Forza Italia. Il metodo, così lo chiamano a Palazzo Chigi, è quello del Google News: alcuni renziani si fanno portavoce di una proposta esplorativa rivolta a un possibile candidato (l’ultimo è stato Sergio Mattarella, al quale è stato proposto davvero di immaginarsi al Quirinale), qualche renziano fa sapere in giro che c’è stata la proposta esplorativa, la proposta esplorativa a poco a poco si trasforma in una possibile candidatura, la possibile candidatura inizia a rimbalzare sui giornali, sui siti, sui social, e poi si iniziano a studiare le reazioni. Quello piace o non piace? Quello funziona o non funziona? Che dicono sui siti? Che dicono sui social? Funziona così, e non solo per il Quirinale (chiedere per conferma a tutti i candidati o presunti candidati sondati per andare al Csm o alla Consulta). Renzi stesso si diverte nel far giocare giornalisti e politici con l’indovina chi. Con la certezza che oggi non ci sono certezze. E non ci sono a sinistra e non ci sono a destra. Si gioca con le parole. Si gioca a confondere i giornalisti. Lo fanno tutti. E figuriamoci se il Cav. era serio ieri pomeriggio quando, parlando a Roma, al Divino amore, ha detto che un presidente di sinistra per favore no. Si gioca con le reazioni. E se ci sono nomi che girano, oggi, significa che quei nomi hanno poche possibilità di arrivare dove devono arrivare.

  • Claudio Cerasa Direttore
  • Nasce a Palermo nel 1982, vive a Roma da parecchio tempo, lavora al Foglio dal 2005 e da gennaio 2015 è direttore. Ha scritto qualche libro (“Le catene della destra” e “Le catene della sinistra”, con Rizzoli, “Io non posso tacere”, con Einaudi, “Tra l’asino e il cane. Conversazione sull’Italia”, con Rizzoli, “La Presa di Roma”, con Rizzoli, e "Ho visto l'uomo nero", con Castelvecchi), è su Twitter. E’ interista, ma soprattutto palermitano. Va pazzo per i Green Day, gli Strokes, i Killers, i tortini al cioccolato e le ostriche ghiacciate. Due figli.