Exodus 2015. Esiste un futuro per gli ebrei in Francia?

Nicoletta Tiliacos

Perché la comunità ebraica francese è diventata la prima da cui si emigra verso Israele. La più grande comunità ebraica europea stretta tra paura e speranza, come titolava ieri il quotidiano Libération. Dopo l’assalto di venerdì scorso al supermercato kosher della Porte de Vincennes, la prima stia prendendo il sopravvento sulla seconda.

Roma. C’è un futuro per gli ebrei in Francia? Se è vero che la più grande comunità ebraica europea si trova oggi stretta tra paura e speranza, come titolava ieri il quotidiano Libération, non è difficile constatare come, dopo l’assalto di venerdì scorso al supermercato kosher della Porte de Vincennes, la prima stia prendendo decisamente il sopravvento sulla seconda, a dispetto della grande “marche républicaine” e delle rassicurazioni delle massime autorità. E allora: ha ragione il vecchio Claude Lanzmann (l’autore di “Shoah”, il più importante documentario sullo sterminio degli ebrei), quando dice che non bisogna dargliela vinta, a chi vuole una Francia senza ebrei? O ha ragione quel rabbino del Marais che a settembre diceva al giornalista americano James Kirchick – il quale lo racconta ora sul Daily Beast – che “in Francia non c’è futuro per gli ebrei”?

 

Che la patria dei Lumi stia diventando una delle patrie dell’antisemitismo europeo, è un fatto. Su Slate.fr, l’editorialista Eric Leser scrive che non si prende atto  abbastanza del clima di odio verso gli ebrei. In Francia il quaranta per cento dei crimini e dei reati a sfondo razzista avvenuti nel 2013 ha avuto come obiettivo gli ebrei, che rappresentano meno dell’uno per cento della popolazione. Il 2014 è stato l’anno dell’impennata dell’emigrazione di ebrei francesi verso Israele: secondo l’Agenzia ebraica diretta da Natan Sharansky (autore dell’intervento pubblicato in questa pagina) in settemila hanno scelto l’Aliyà, cioè “il ritorno”, garantito agli ebrei di ogni parte del mondo in Israele. Ma più di cinquantamila hanno chiesto informazioni a riguardo. L’anno precedente erano emigrati in 3.293, e nel 2012 erano partiti in 1.907. La Francia è ormai il primo paese da cui gli ebrei emigrano (26 per cento sul totale: segue con il 22 per cento l’Ucraina e con il 18 per cento la Russia). Abbastanza perché il grande rabbino di Francia, Haïm Korsia, possa dire che si sta assistendo alla “più importante ondata di emigrazione di ebrei francesi dopo la Seconda guerra mondiale”.

 

Inoltre, se prima dell’assalto parigino la previsione di richieste di Aliyà dalla Francia per l’anno appena cominciato era di circa diecimila, è ovvio immaginare che quella cifra potrebbe crescere, e di molto.

 

“L’esodo è cominciato”, ha scritto anche l’inglese Telegraph qualche giorno fa, riferendosi alla comunità israelita francese. Coloro che oggi prendono la via di Israele sono quasi sempre figli e nipoti di coloro che erano fuggiti dal Marocco, dall’Algeria, dalla Tunisia. Sophie Taïeb, una giovane blogger, spiega al corrispondente da Israele di Libé perché un anno fa ha deciso di andare a vivere a Tel Aviv. Racconta la delusione nello scoprirsi all’improvviso minacciata in Francia, dove è nata, nel paese dove ha studiato e che ha sempre considerato il suo paese. Quella Francia che aveva rappresentato un rifugio sicuro per i suoi nonni, come tanti “juifs” cacciati negli anni Sessanta dai paesi arabi, dove comunità ebraiche radicate da migliaia di anni furono disperse in pochissimo tempo, soprattutto dopo la guerra dei Sei giorni.

 

[**Video_box_2**]Anche Eric Leser si chiede su Slate se “esiste ancora un futuro per gli ebrei in Francia”, senza nascondere che quella domanda solo “qualche anno fa sarebbe sembrata assurda”. Ma è diventata legittima oggi, “quando l’assassinio e l’aggressione degli ebrei a caso, perché hanno la sola colpa di esistere, si succedono e suscitano sempre meno indignazione nella società francese. Come se si trattasse di un fenomeno diventato quasi banale, come se fosse scontato che l’odio contro gli ebrei è qualcosa di ineluttabile nella parte più radicalizzata e più violenta della comunità musulmana francese”. Sempre Leser scrive che a lungo, nelle cronache televisive sui media francesi del pomeriggio di terrore all’Hyper Cacher, e per un po’ anche dopo, nessuno o quasi diceva chiaramente che gli ostaggi e le vittime erano ebrei, che quell’obiettivo era stato scelto per colpire gli ebrei: “Un diniego della realtà, paradossalmente meglio descritta dalla stampa straniera rispetto a quella francese”. La realtà degli ebrei francesi l’ha raccontata in cinque, impressionanti puntate sul sito di cultura ebraica Tablet il giornalista Marc Weitzmann. In quella che descrive la situazione nella città di Roubaix – ormai completamente islamizzata, ha visto la distruzione dell’ultima sinagoga nel 2000 – Weitzmann cita lo storico e sociologo Michel Wieviorka, autore del saggio “La tentazione antisemita. L’odio per gli ebrei nella Francia di oggi” (Robert Laffont). Scritto nel 2005 sulla base di una lunga inchiesta sul campo, registrò umori anti ebraici già assai diffusi e violenti, e dimostrò come l’antisemitismo delle banlieue fosse già un fenomeno largamente sottovalutato.

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