Emozione e vuoto politico

Redazione

Ai bordi della grande marcia senza parole contro un nemico che si ha paura di conoscere. Oltre la piazza L’Europa è la patria dell’emozione, ma il cuore dolente cozza contro la fredda determinazione del jihad.

Ai bordi della grande marcia senza parole contro un nemico che si ha paura di conoscere

 

Oltre la piazza L’Europa è la patria dell’emozione, ma il cuore dolente cozza contro la fredda determinazione del jihad

 

“Noi siamo un popolo”, titola Libération pubblicando un’immagine della piazza di Parigi di domenica, potente e silenziosa, con gli applausi e gli elicotteri e la Marsigliese a fare da colonna sonora, i colori della Francia come sfondo, la Marianna insanguinata issata tra la folla, i leader di mezzo mondo in prima fila, un G40 in marcia, stretto stretto, per manifestare assieme a due milioni di persone contro il terrorismo che ha straziato la redazione di Charlie Hebdo e tutta la Francia. Non c’è nulla di più simbolicamente possente, nell’immaginario collettivo che vuole reagire ai giorni del terrore, esecuzioni e ostaggi, della grande marcia di Parigi, siamo tutti Charlie, siamo tutti uniti, combatteremo insieme quella minaccia che amiamo pensare sempre come lontana e che invece è vicinissima. Noi siamo un popolo, e vi sfidiamo, terroristi: “We are not afraid”, non ci sconfiggerete. [continua]

 

 

 

Rivali o no? Perché i due gruppi di attentatori non si sono sparati fra loro. Allarme basso in Vaticano (per ora)

 

Il finale dei tre giorni di attacchi a Parigi apre questioni difficili da risolvere. Una è questa: al Qaida e lo Stato islamico sono due gruppi rivali, si odiano, tra loro è in corso una sfida ideologica e anche una guerra vera (in Siria) a colpi di imboscate ed esecuzioni, com’è possibile che gli attentatori di Parigi abbiano fatto squadra assieme? I fratelli Kouachi si sono dichiarati uomini di al Qaida nello Yemen – che tecnicamente si fa chiamare “Al Qaida nella penisola arabica”, e questa definizione include i ricchi regni del Golfo e la gigantesca Arabia Saudita, anche se in pratica il gruppo è nell’est e nel sud dello Yemen, punta inferiore e povera della penisola. Amedy Coulibaly invece ha lasciato un video per dire di avere giurato fedeltà al capo dello Stato islamico, Abu Bakr al Baghdadi, e anche per dire che c’era una spartizione dei compiti con i Kouachi, “loro dovevano pensare a Charlie Hebdo, io li ho aiutati con qualche migliaio di euro”. [continua]

 

 

 

Risanare le ferite Dialogo sotto scacco, cristiani uccisi, ma per il Vaticano la linea è l’ospedale da campo geopolitico

 

Il cardinale Jean-Louis Tauran, titolare dell’ufficio per il Dialogo interreligioso di Santa romana chiesa, invita a lasciare ai suoi deliri Michel Houellebecq, autore del romanzo “Soumission”. Persona cui è meglio “non dare molto peso”, dice in un’intervista ad Avvenire a margine della strage a Charlie Hebdo. Lui, il porporato francese, fa sapere che non lo leggerà di certo, anche perché è più utile concentrarsi sul dialogo vero con la controparte islamica anche se, ammette, i risultati non sono di certo quelli sperati. [continua]

 

 

 

“Marciare coi cretini” Dopo la “marche républicaine” arriva il momento di chiamare il nemico con il suo nome

 

“Non siamo d’accordo sull’identità del nemico, e ancora meno sulle cose da fare per mettere fine a questa esplosione di violenza e di odio. Su questo punto, i francesi non sono più uniti di quanto non lo siano Netanyahu e Abu Mazen”. Lo scrive su Causeur.fr lo storico Gil Mihaely, mentre la direttrice Elisabeth Lévy avverte: “Unione nazionale attorno alle vittime sì, ipocrisia sui colpevoli, no”. Dopo la grande  “marche républicaine”, arriva il momento dei conti con la realtà, che possono assomigliare a una doccia fredda. Sempre su Causeur, Pascal Bories scrive che il rischio era di “marciare con dei cretini”. Quelli  che chiamavano “islamofobiche” le vignette oggi difese in nome della “libertà di espressione”, o che scandivano “ogni poliziotto una pallottola”, mentre ora plaudono ai gendarmi, non rinunciano a chiedere lo “scioglimento del Front national” e invitano alla “solidarietà con Gaza”. [continua]

 

 

 

Vignette e ipocrisia Parla Flemming Rose, il giornalista danese che compare nella stessa black list di Charlie Hebdo

 

Era una morte annunciata, quella di Stéphane Charbonnier, il direttore di Charlie Hebdo. Il suo nome era finito nella black list di al Qaida pubblicata sulla rivista Inspire insieme ad altri otto nomi. Uno è quello di Flemming Rose. [continua]

 

 

 

Terroristi in bolletta La violenza è politica, c’entra poco o nulla con povertà e istruzione. Teorie economiche anti vulgata

 

La povertà, la mancanza d’istruzione, la disuglianza: ecco le cause profonde dell’estremismo e del rigurgito terroristico, fin dentro il cuore dell’Europa. Peccato che la popolarità della tesi in questione sia direttamente proporzionale alla scarsità di sue dimostrazioni scientifiche. Almeno a voler ascoltare gli economisti. [continua]

 

 

 

Fanculo lo sdegno, siamo in guerra. E combattiamo nel nome del Padre

 

Fanculo lo sdegno, siamo in guerra, andiamo al sodo. Cazzo, non si lasciano in circolazione due fratelli abbandonati dai genitori in tenera età, dagli amici imbottiti di droga e da osceni padrini di sanguinari precetti, due ragazzi accecati dall’odio e determinati a vendicare l’onore offeso del Padre Maometto. Non li si lascia in giro per più di dieci anni ad allenare i muscoli e il rancore, raccattando per strada un tipo che ha una fidanzata piuttosto carina ma delle idee molto confuse, e che ammazzerà un po’ di ebrei tanto per fare anche lui qualcosa. E non si lascia sguarnito il luogo dove tutti sanno che la vendetta prima o poi sarà eseguita, e i vendicatori sono attesi con una sorta di fiera rassegnazione: l’estrema vignetta di Charbonnier non è una profezia ma un testamento. Sorgono inquiete domande che esigono precise risposte. [continua]

 

 

 

Non sono Charlie e non rido di tutto. Men che meno della loro religione minacciosa

 

Loro sono assassini che vanno combattuti, ma anche combattenti di una loro guerra che non capiamo. La loro idea della religione è aberrante, almeno dall’attuale punto di vista cristiano, per il quale la chiesa ha chiesto perdono del rogo di Giordano Bruno avendo assimilato la lezione dell’Illuminismo. Loro sono assassini, ma io non sono, noi non siamo esattamente Charlie, non tutti lo siamo, anche se la circostanza ci costringe a dire che lo siamo. [continua]