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“Marciare coi cretini”

Dopo la “marche républicaine” arriva il momento di chiamare il nemico con il suo nome

Nicoletta Tiliacos

Le Goff: "Non chiamare le cose con il loro nome è già una sconfitta. L’unica ad aver parlato chiaro è stata Marine Le Pen, a confronto dell’imbarazzo di altri politici a dire che siamo in guerra e a nominare i nostri nemici".

Roma. “Non siamo d’accordo sull’identità del nemico, e ancora meno sulle cose da fare per mettere fine a questa esplosione di violenza e di odio. Su questo punto, i francesi non sono più uniti di quanto non lo siano Netanyahu e Abu Mazen”. Lo scrive su Causeur.fr lo storico Gil Mihaely, mentre la direttrice Elisabeth Lévy avverte: “Unione nazionale attorno alle vittime sì, ipocrisia sui colpevoli, no”. Dopo la grande  “marche républicaine”, arriva il momento dei conti con la realtà, che possono assomigliare a una doccia fredda. Sempre su Causeur, Pascal Bories scrive che il rischio era di “marciare con dei cretini”. Quelli  che chiamavano “islamofobiche” le vignette oggi difese in nome della “libertà di espressione”, o che scandivano “ogni poliziotto una pallottola”, mentre ora plaudono ai gendarmi, non rinunciano a chiedere lo “scioglimento del Front national” e invitano alla “solidarietà con Gaza”.

 

Note di colore, si dirà, quel che conta è la prova superata. Ma se davvero l’Eliseo cuor di leone aveva chiesto al premier israeliano di non partecipare alla marcia, come ha rivelato ieri Haaretz, non si può dar torto al sociologo Jean-Pierre Le Goff. Intervistato dal Figaro, spiega che non chiamare le cose con il loro nome è già una sconfitta. L’unica ad aver parlato chiaro è stata Marine Le Pen, a confronto dell’imbarazzo di altri politici “a dire che siamo in guerra e a nominare i nostri nemici. Prima ancora, si era cercato in ogni modo di sostituire ‘Stato islamico’ con ‘Daesh’, per evitare confusioni con islam, islamismo, musulmani (l’invito era arrivato a settembre dal ministro degli Esteri, Fabius, ndr)”. Ma il timore giustificato di fare confusione  “non può essere un argomento per non guardare in faccia la realtà, parlando di un terrorismo indefinito creato dal nulla, venuto da chissà dove e abbattutosi sul paese come una catastrofe naturale”.

 

[**Video_box_2**]Le Goff dice che aver criminalizzato scrittori come Zemmour e Houellebecq, invece di chiedersi come sia stato possibile che crescesse fino alle attuali conseguenze l’islamismo radicale e l’antisemitismo, significa “rifiutarsi di affrontare le sfide del presente”, mentre “tutta una mentalità pacifista e angelica, presente in Francia e in numerosi paesi europei da più di trent’anni, va in pezzi”. La risposta peggiore sarebbe quella di ricorrere ai sociologismi che considerano i discorsi dell’odio e gli atti criminali come “sintomi delle condizioni economiche e sociali, delle discriminazioni, della dominazione dei paesi ricchi su quelli poveri”. Esistono invece cause ideologiche che fanno capo a “un sistema di credenze dotate di una loro consistenza, che mettono in gioco concezioni del mondo, della vita, della morte, del potere,  e designano il nemico da combattere e da eliminare”. E il nemico designato è chiaro: l’occidente, “gli ebrei e i crociati”.

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