Il leader nordcoreano Kim Jong-un (foto LaPresse)

Sony e altri misteri

Il pasticcio delle sanzioni contro la Corea del nord

Giulia Pompili

Manca una strategia coerente contro Kim Jong-un. Il Giappone si sfila.

Roma. Bianco, nero. Nero, bianco. O tutti e due? Le notizie sulla Corea del nord possono essere tutto e il contrario, oppure un miscuglio di elementi diversi in contrasto tra loro. Con Pyongyang c’è sempre il problema delle fonti, del loro controllo, della loro affidabilità. Da una parte ci sono le notizie – verificate – che arrivano dai paesi vicini, ovvero le reazioni di Cina, Giappone e Corea del sud e ovviamente America, alle minacce della Corea del nord. Dall’altra ci sono le dichiarazioni ufficiali del regime – “ornate” con un linguaggio cruento e propagandistico. A volte la retorica nordcoreana è prevedibile, spesso è smentita dai fatti. Nelle ultime settimane il paffuto Kim Jong-un è tornato a essere protagonista dei tg d’occidente: attacco informatico ai danni della Sony Pictures. Il paese più isolato al mondo, dotato di missili balistici e programma nucleare, la cui popolazione mangia poco ma si dedica molto al culto del leader, avrebbe sostenuto gli hacker che si fanno chiamare Guardiani della pace.

 

Pyongyang sarebbe responsabile dell’attacco alla Sony, e lo avrebbe fatto per protestare contro “The Interview”, il film che finisce con l’esplosione della testa di Kim Jong-un. Questa è la tesi di Washington. Ma gli attori dell’ennesima crisi nordcoreana hanno reagito in modo diverso, e l’unica notizia certa che abbiamo è che ne sappiamo ben poco. Questo è lo scenario.

 

Sanzioni. Venerdì Washington ha annunciato nuove sanzioni economiche contro la Corea del nord per l’attacco alla Sony. Jen Psaki, portavoce del dipartimento di stato, ha detto che alla Casa Bianca si discute anche di “altre opzioni” contro Pyongyang. Le riflessioni sul caso degli esperti di Corea del nord e di cyberterrorismo sono varie. L’America è accusata di avere con la Corea una politica che negli anni non ha dato alcun frutto. Che senso ha sanzionare un paese la cui situazione economica è disastrosa? I provvedimenti colpiscono l’intelligence nordcoreana e l’industria bellica, quindi i rapporti di Kim Jong-un con alcuni stati nemici dell’America (Siria, Iran, Namibia, ma tra i dieci funzionari colpiti dalle sanzioni ci sono anche il delegato nordcoreano in Russia e quello in Cina). Conseguenze? Probabilmente questo rafforzerà il traffico illegale di armi.

 

Negare sempre & scetticismo. La Corea del nord ha negato di essere coinvolta nell’attacco informatico (e ha chiamato Obama “una scimmia in una foresta tropicale”). Anche molti esperti restano scettici. Perché l’Fbi ha detto di “avere prove concrete”? Quali? Top secret. Jeffrey Carr, uno dei più autorevoli analisti del settore, ha lanciato una petizione per chiedere alla Casa Bianca di rendere pubbliche le prove. Altro punto da chiarire: la Sony è un’azienda privata, un attacco informatico ai suoi danni è di interesse nazionale? E’ possibile che la strategia della Casa Bianca sia quella di mandare un messaggio ai paesi che stanno formando cybersoldati (la Cina, soprattutto). Ieri sul Washington Post Anne Applebaum si domandava: perché punire l’attacco alla Sony e non far nulla contro la violazione dei diritti umani di Pyongyang – quella sì documentata e provata? Richard Haass, presidente del Council on Foreign Relations, ha scritto sul Wall Street Journal che l’unico modo per risolvere la questione nordcoreana è eliminarla dalla carta geografica (riunificandola con il Sud).

 

[**Video_box_2**]Patate, diplomazia e cyberpirati. Nel fine settimana la Corea del sud ha approvato l’invio di venti tonnellate di patate dolci verso il nord. Un segnale non di poco conto, perché Pyongyang ha un disperato bisogno di aiuti alimentari. Nel discorso d’inizio anno Kim Jong-un ha aperto al dialogo col Sud, e la presidente sudcoreana Park ha accolto con favore l’ipotesi. Eppure nel libro bianco della Difesa pubblicato ieri da Seul si descrive il famigerato Bureau 121, l’unità militare informatica composta da seimila soldati, probabilmente responsabile dell’attacco informatico del 2013 al sistema bancario sudcoreano.

 

Pechino, abbiamo un problema. Lunedì la Cina, storica (spesso unica) alleata della Corea del nord, ha protestato formalmente per l’uccisione, da parte di un disertore nordcoreano, di quattro cinesi a Nanping, sul confine tra i due paesi. L’episodio sarebbe avvenuto a fine dicembre, e non è isolato: molti nordcoreani spinti dalla fame attraversano il confine e vanno in cerca di cibo dai contadini del luogo, che hanno addirittura un numero d’emergenza dedicato da chiamare.

 

Triplice alleanza, ma Tokyo… Subito prima delle sanzioni, Obama, Park e il premier giapponese Shinzo Abe hanno stilato un accordo di intelligence sharing sulla Corea del nord. Il Giappone ha firmato controvoglia: Tokyo durante l’estate aveva dato una svolta alla vecchia questione dei giapponesi rapiti durante gli anni 70 dai servizi di Pyongyang alleggerendo le sanzioni e ottenendo l’apertura di un’inchiesta. La questione è così sentita in Giappone che Abe ci si è giocato gran parte della campagna elettorale.

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  • Giulia Pompili
  • È nata il 4 luglio. Giornalista del Foglio da più di un decennio, scrive soprattutto di Asia orientale, di Giappone e Coree, di Cina e dei suoi rapporti con il resto del mondo, ma anche di sicurezza, Difesa e politica internazionale. È autrice della newsletter settimanale Katane, la prima in italiano sull’area dell’Indo-Pacifico, e ha scritto tre libri: "Sotto lo stesso cielo. Giappone, Taiwan e Corea, i rivali di Pechino che stanno facendo grande l'Asia", “Al cuore dell’Italia. Come Russia e Cina stanno cercando di conquistare il paese” con Valerio Valentini (entrambi per Mondadori), e “Belli da morire. Il lato oscuro del K-pop” (Rizzoli Lizard). È terzo dan di kendo.