Jeb Bush (foto LaPresse/Reuters)

Le nozze gay imbarazzano Jeb, che deve sposare le varie anime della destra

A partire da oggi in tutta la Florida si potranno celebrare matrimoni fra persone dello stesso sesso. Il copione giuridico è quello già visto in molti dei 36 stati americani in cui il matrimonio gay è legale.

A partire da oggi in tutta la Florida si potranno celebrare matrimoni fra persone dello stesso sesso. Il copione giuridico è quello già visto in molti dei 36 stati americani in cui il matrimonio gay è legale: la definizione di matrimonio come unione fra uomo e donna viene votata dai rappresentanti del popolo (o direttamente dal popolo per via referendaria) e poi smentita da un giudice che diligentemente segue il precedente fissato dalla Corte suprema lo scorso anno. Nel caso della Florida, la massima corte ha deciso di non riesaminare nemmeno il ricorso presentato dopo la decisione del tribunale.

 

Nel 2008 era passato con il 61 per cento dei voti favorevoli un referendum che limitava il matrimonio all’unione fra un uomo e una donna, circostanza poi giudicata incostituzionale. Nel generale canovaccio della legalizzazione del matrimonio omosessuale in America, il caso della Florida è caricato di un significato politico di respiro nazionale per via della presenza di Jeb Bush. Per giorni i cronisti hanno assediato l’ex governatore che sta “attivamente esplorando” la possibilità di correre per la Casa Bianca il prossimo anno per avere un commento sulla sentenza, e alla fine Bush ha risposto, brevemente e non senza imbarazzi: “Dovrebbe essere una decisione degli stati. E la gente dello stato ha deciso, ma la decisione è stata rovesciata da un tribunale, mi pare”.

 

Traduzione: non ho una posizione pubblica culturalmente rilevante sul matrimonio gay, mi limito a registrare che in democrazia le decisioni vengono approvate a maggioranza, mentre in questo e in molti altri casi a decidere è una minoranza togata.

 

La posizione di Bush  è cambiata parecchio nel giro di due anni, in linea con le rapide oscillazioni dell’opinione pubblica in materia. Nel 2012 diceva che nonostante le coppie gay “non debbano essere discriminate” e “possano essere anche famiglie ideali”, la legge dovrebbe sancire come matrimonio soltanto l’unione fra un uomo e una donna. C’era spazio per le unioni civili nella posizione del cattolico Bush, ma non per la ridefinizione del matrimonio. Ora la fugace battuta del probabile candidato – recentemente si è dimesso da tutti gli incarichi di natura privata che ricopriva, per evitare conflitti d’interessi – rivela che anche un’eventuale legalizzazione del matrimonio gay sarebbe per lui accettabile, purché avvenga per un decreto della maggioranza.
Bush si muove incerto al bivio che divide il Partito repubblicano. I conservatori che promuovono totale libertà in fatto di vita e famiglia storcono il naso di fronte alla timidezza di Bush; la destra religiosa depreca la sua ritirata rispetto alle posizioni tradizionali. Gregory Angelo, presidente dell’associazione pro matrimonio gay Log Cabin Republicans, dice con delusione che Bush “è uguale a Hillary Clinton”. “Aveva l’occasione per distinguersi da lei e dire almeno che in Florida l’uguaglianza è legge e ci sono questioni più importanti di cui occuparsi. Così, invece, ha spostato la linea di Hillary, che le decisioni sul matrimonio vanno lasciate ai singoli stati”. Posizione rischiosa e complicata da sostenere senza dichiararsi favorevoli o contrari al matrimonio gay come fatto civile e culturale. “Gli elettori hanno dunque il diritto di passare una legge discriminatoria?”, si chiede retoricamente Howard Simon, direttore della sezione della Florida dell’associazione Aclu. “E’ quello che Bush sta dicendo ora, e sfortunatamente è coerente con quello che diceva quando era governatore”.

 

[**Video_box_2**]Per la verità Bush già nel 2008 era contrario alla formulazione di un referendum che non avrebbe ottenuto altro risultato se non aggravare lo scontro sociale e creare divisioni: la Florida considerava già il matrimonio come unione fra un uomo e una donna, senza bisogno di ulteriori specificazioni. Qualche anno più tardi ha detto che il problema del Partito repubblicano è che è considerato un “partito anti”, e in particolare un partito antigay. La corsa di Bush verso la Casa Bianca passa per la restaurazione di un’immagine positiva e dialogante del Partito repubblicano, dall’immigrazione all’educazione. Ma sulle questioni etiche e sociali i conservatori viaggiano su un crinale.

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