Molotov e integrazione

Tre moschee bruciate in una settimana, il modello svedese finisce in crisi

Redazione

“Go home, muslim shit”, hanno scritto sul muro della moschea di Uppsala, in Svezia, prima di tirare contro l’edificio una bomba molotov. Era la notte tra il 31 dicembre e il primo gennaio, le 4 e trenta del primo giorno dell’anno, e nella moschea non c’era nessuno, non ci sono stati feriti.

“Go home, muslim shit”, hanno scritto sul muro della moschea di Uppsala, in Svezia, prima di tirare contro l’edificio una bomba molotov. Era la notte tra il 31 dicembre e il primo gennaio, le 4 e trenta del primo giorno dell’anno, e nella moschea non c’era nessuno, non ci sono stati feriti. Ma l’attacco di Uppsala è il terzo in appena una settimana, e tre attacchi incendiari contro moschee in tre luoghi differenti della tollerante Svezia sono un segnale notevole del fatto che qualcosa dentro al modello svedese di accoglienza, integrazione e welfare state si sta incrinando. Da mesi l’immigrazione è al centro del dibattito elettorale, sulle politiche di accoglienza si sono decise le ultime elezioni e un partito xenofobo, i Democratici svedesi, è l’ago della bilancia nel Parlamento di Stoccolma ed è quasi riuscito pochi giorni fa a far cadere il traballante governo di minoranza del socialdemocratico Stefan Löfven.

 

Il primo attacco contro una moschea svedese, quella di Eskilstuna, a ovest di Stoccolma, è avvenuto il giorno di Natale. Qualcuno ha dato alle fiamme l’edificio mentre dentro c’era una ventina di persone, cinque sono rimaste ferite o intossicate dal fumo. Testimoni hanno detto che un uomo ha gettato un oggetto incendiario contro la moschea. Il secondo attacco incendiario è avvenuto lunedì a Eslöv, nella punta sud del paese. Il terzo è stato quello di Uppsala. I tre attacchi sono simili, ravvicinati, sembrano il frutto di un unico piano, ma sono avvenuti in tre zone distanti del paese, e potrebbero essere opera di persone diverse.

 

Fino a oggi, la Svezia è stato il paese più accogliente d’Europa. E’ quello che riceve più immigrati per abitante, e Stoccolma si è sempre fatta vanto del suo modello di accoglienza e integrazione. Ma ora, con il numero degli immigrati in aumento continuo e il sistema del welfare state che inizia a mostrare la corda, questo modello si sta sgretolando.

 

Si stima che nel 2014 siano arrivati in Svezia circa 100 mila immigrati, non erano mai stati così tanti, e il record di arrivi ormai viene battuto ogni anno. La Svezia, ha scritto il Financial Times citando una statistica del 2013, è ancora tra i pochissimi paesi europei in cui la maggioranza della popolazione, il 60 per cento, approva il modo in cui il governo gestisce la questione dell’immigrazione. Ma il 65 per cento degli svedesi considera l’immigrazione un pericolo o una preoccupazione, e questa statistica è andata crescendo negli anni man mano che il modello svedese del welfare state mostrava segni di debolezza, la crisi economica iniziava a mordere anche Stoccolma e l’accoglienza degli immigrati diventava un peso che lo stato faceva sempre più fatica a sostenere. Un partito xenofobo che fino a qualche anno fa era considerato neonazista, quello dei Democratici svedesi, ha iniziato a guadagnare consensi con la promessa di ridurre del 90 per cento l’immigrazione nel paese, e il suo segretario, Björn Söder, è stato tanto abile a manipolare il discorso pubblico da aver costretto gli altri partiti all’inseguimento.

 

[**Video_box_2**]Oggi il tema politico principale in Svezia è l’immigrazione. Sull’immigrazione è caduto Fredrik Reinfeldt, l’ex premier di centrodestra che ha perso le elezioni di settembre nonostante i suoi ottimi successi in campo economico. Sull’immigrazione ha rischiato di cadere il suo successore, il socialdemocratico Löfven, che guida un governo di minoranza e che a dicembre ha  indetto delle elezioni lampo dopo che la sua legge sul budget, grazie all’intervento dei Democratici svedesi, non era passata in Parlamento. La crisi è rientrata in extremis pochi giorni fa, ma se le elezioni si fossero tenute i Democratici svedesi, che già oggi hanno il 13 per cento dei consensi, sarebbero cresciuti ancora arrivando, secondo i sondaggi, al 18 per cento. I leader dei Democratici svedesi, che pure hanno condannato gli attacchi alle moschee, di solito prendono di mira gli immigrati musulmani, ma di recente Söder ha detto in un’intervista che anche gli ebrei non saranno mai veri svedesi a meno che non abbandonino la loro identità religiosa (poi ha detto di essere stato frainteso), e il suo partito ha presentato in Parlamento una proposta di legge per vietare in Svezia la circoncisione non medica. Dopo queste uscite, puntualmente i politici degli altri partiti fanno dichiarazioni di condanna, ma poi inseguono e si muovono con proposte sempre più dure contro immigrati e stranieri.

 

Ieri a Uppsala c’erano centinaia di persone in piazza contro gli attacchi alle moschee. Molti si chiedevano che fine avesse fatto il modello di solidarietà svedese.

Di più su questi argomenti: