Vladimir Putin (foto AP)

Rublo senza capo

Edoardo Narduzzi

Ai mercati globali non basta il capitalismo di stato. Cruciale il capitale umano. Lezioni per Putin.

Quando la crisi si fa acuta e globale, è la qualità del team chiamato a gestirla che fa la differenza. Lo ha capito molto bene nelle ultime due settimane il presidente russo, Vladimir Putin, costretto non soltanto a osservare il rublo messo alle corde dalla speculazione, ma anche a registrare lo scarrocciamento della moneta nazionale lasciata in balìa degli eventi da una strategia ritenuta inadeguata da chi muove e investe capitali in giro per il pianeta. Due giorni fa i regolatori nazionali russi hanno dovuto prendere sotto la loro tutela – per il momento temporanea – un’importante banca privata retail, la Oao National Bank, ulteriormente indebolita dalle file di correntisti che temono per il loro risparmi. Già all’inizio della scorsa settimana c’erano stati giorni di autentico panico finanziario a Mosca con le banche e i trader che andavano short, cioè vendevano, ogni rublo che avevano in portafoglio. Non capivano cosa stesse accadendo e non potevano restare fermi a guardare la caduta a doppia cifra della moneta. Una vendita talmente massiva da rendere insignificante anche la mossa disperata sui tassi di interesse varata la notte di lunedì 15 dicembre dalla Banca centrale russa. Per la semplice ragione che la stessa Banca centrale è apparsa succube dei mercati e senza alcuna capacità di comunicare loro una compiuta strategia di politica monetaria. Incapace perfino di organizzare ordinarie conferenze stampa durante le quali offrire il massimo dell’informazione agli investitori. Perfino la decisione di alzare dal 10,5 al 17 per cento il tasso di sconto è stata spiegata con uno stringato comunicato stampa. Gli analisti hanno interpretato questa condotta come una carenza di strategia e il cambio del rublo è andato a picco di un ulteriore 20 per cento in un solo giorno contro il dollaro. Anni luce lontani dal modo di gestire i mercati da parte della Banca centrale europea di Mario Draghi al quale nel 2012 è bastato pronunciare una sola frase, “whatever it takes”, per spegnere la speculazione contro l’euro.

 

Ora Putin non può sostituire nessuna pedina chiave della sua Amministrazione perché la decisione apparirebbe come una concessione alla speculazione, si sostiene in ambienti finanziari moscoviti vicini al Cremlino. Ma tra qualche mese i vertici della Banca centrale saranno sicuramente rinnovati perché non si sono dimostrati all’altezza della crisi. Non hanno saputo giocare di anticipo ma si sono fatti investire dagli eventi. Lo Zar stavolta ha capito la lezione della globalizzazione: non basta più circondarsi di fedeli per poter giocare la partita della geopolitica contemporanea. Serve capitale umano di ottima qualità, capace di navigare, con una vera leadership nelle acque agitate dei marosi. Una lezione appresa sul campo della crisi, quando la narrazione del “paese governato da un solo uomo” perde di efficacia, perché gli investitori sono alla ricerca della qualità del team al governo e non del curriculum dell’uomo solo al comando. E’ il vero battesimo con il fuoco dei mercati finanziari della Russia riportata da Putin a recitare sul palcoscenico della politica mondiale. Il palcoscenico dove i fondamentali dell’economia contano poco o nulla, e dove anche il fatto che il debito pubblico russo sia insignificante e le riserve valutarie ancora cospicue non sono uno scudo efficace contro la tempesta ribassista. Troppe decisioni rinviate, forse troppe riforme tenute nel cassetto nella Mosca del nuovo mandato presidenziale di Putin. Perfino la sostituzione del premier, Dmitri Medvedev, data per fatta da almeno un anno e mezzo, è rimasta nel limbo delle decisioni mai prese. Ora il Cremlino deve dimostrare di saper cambiare marcia, di sapersi dotare di un team presidenziale all’altezza, come qualità del capitale umano, delle nuove ambizioni della Russia. Le crisi non vanno mai sprecate, soprattutto quelle finanziarie. Putin deve saperne fare tesoro per rinnovare la sua squadra e andare oltre la gestione della normalità.

 

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