Raffaele Fitto (foto LaPresse)

Innamorato Fitto

Ringhi diplomatici, il Cav. e il Ras non si parlano ma si cercano

Salvatore Merlo

Una cena all’Eur con i deputati, le doglianze dei frondisti e i sorrisi di Berlusconi, molti i consigli di Verdini. Microcollisioni col Nazareno.

Roma. Moscio e disossato nella forma, il giovane rentier pugliese lo sfida, “bisogna occuparsi delle primarie”, sa di non poter fare altrimenti, e infatti gli dice che “è necessaria una svolta”, e insomma gli tiene il muso e fa sapere di non aver timori. Ma poiché sa pure di non poter battere l’anziano incantatore e padrone della ditta, che un po’ lo provoca e un po’ lo blandisce, allora evita di incontrarlo, si sottrae, ma pure gli invia i suoi ambasciatori affinché gli sorridano. E dunque anche ieri sera i deputati amici di Raffaele Fitto hanno cenato in un ristorante dell’Eur con Silvio Berlusconi, assieme agli altri parlamentari del gruppo, e lì hanno esibito al Sovrano le loro piaghe, hanno cantato le loro collere, mentre il Cavaliere li ha ascoltati con il solito ottimismo cinico, sempre disposto a concedere tutto e accontentare tutti, anche soltanto a parole, purché non gli si combinino guai, proprio adesso che c’è da eleggere il capo dello stato, ora che c’è da votare la riforma elettorale, e insomma adesso che c’è da barcamenarsi più che mai nelle alterne fortune del patto del Nazareno. Ed è una ben strana situazione sospesa, questa dentro Forza Italia tra il Signore di Arcore e il suo campiere pugliese, tra Berlusconi e Fitto, nel partito avvolto dal rumore di fondo dei piccoli attriti, delle microcollisioni parlamentari con il Pd.

 

“Se vogliamo c’è qualcosa di simpatico, e persino di infantile, in questo conflitto”, dice Fabrizio Cicchitto, che Arcore l’ha frequentata per una vita intera. E Cicchitto si riferisce all’altalena polemica: cioè a Fitto che si propone come leader nazionale, a Berlusconi che lo invita a candidarsi in Puglia, e all’altro che rifiuta un po’ offeso: “A me, in Puglia?”. Ma di tanto in tanto una mezza parola sussurrata nei corridoi di Forza Italia, un semplice accenno, interrompe bruscamente la trama contorta e umorale di questa vita quotidiana: sono rapidi e folgoranti contatti con la realtà. “Fitto ha bisogno di noi quanto noi abbiamo bisogno di lui, e litigare non serve a nessuno”, dice Denis Verdini al Cavaliere. Così, a volte, malgrado i cattivi propositi che fanno dire a Maurizio Bianconi: “Berlusconi dovrebbe starci a sentire perché altrimenti si perde quaranta voti nell’elezione del capo dello stato”, malgrado tutto, dopo le parole di Verdini, e forse proprio perché sul Quirinale stanno per aprirsi le danze, un’irresistibile leggerezza riporta Berlusconi alla faccia concreta delle cose: Fitto non vuole tradire, non se ne vuole andare, e il Cavaliere non ha alcun interesse a cacciarlo. Eppure non si incontrano, e ancora non si parlano, mentre alla Camera, sulla riforma elettorale, Renzi prova a mettere fretta a Forza Italia, che nell’incertezza e nella tensione reagisce con qualche strepito, perché martedì, Denis Verdini e Luca Lotti, l’ambasciatore del Cavaliere e quello di Renzi, s’erano accordati in un modo, ma il giorno dopo, ieri, i capigruppo di Forza Italia e del Pd, cioè Renato Brunetta e Roberto Speranza, non hanno dimostrato la stessa affinità. E insomma le turbolenze dentro Forza Italia, tra nazareni e antinazareni, tra amici di Fitto e nemici di Fitto, diventano tutti acidi che, schizzando da una parete all’altra del Palazzo, di sguincio rodono anche il patto del Nazareno. E questo a Berlusconi forse non conviene.

  • Salvatore Merlo
  • Milano 1982, vicedirettore del Foglio. Cresciuto a Catania, liceo classico “Galileo” a Firenze, tre lauree a Siena e una parentesi erasmiana a Nottingham. Un tirocinio in epoca universitaria al Corriere del Mezzogiorno (redazione di Bari), ho collaborato con Radiotre, Panorama e Raiuno. Lavoro al Foglio dal 2007. Ho scritto per Mondadori "Fummo giovani soltanto allora", la vita spericolata del giovane Indro Montanelli.