Il ministro dell'Economia Pier Carlo Padoan (foto LaPresse)

Renzi privatizzatore

Marco Valerio Lo Prete

Riforme istituzionali, delega fiscale e decreti attuativi a go-go. Così Padoan blandisce i capitali esteri. Soldi privati per Poste, Ferrovie e non solo. Il Piano Juncker a rischio “fallimento politico”.

Roma. Più investimenti pubblici, magari europei, oppure più investimenti privati, magari stranieri? L’Italia oggi non può permettersi il lusso di scegliere, deve battere tutte e due le strade; è questa la risposta unanime del governo. Così oggi il presidente del Consiglio, Matteo Renzi, sarà a Bruxelles per l’ultima riunione dei capi di governo della presidenza italiana dell’Unione europea, con l’obiettivo minimo di vedere ufficializzato il lancio del Piano Juncker d’investimenti, e il sogno proibito di strappare l’approvazione della “golden rule” (cioè lo scorporo degli investimenti pubblici dal calcolo del deficit). Contemporaneamente ieri il ministro dell’Economia, Pier Carlo Padoan, durante un seminario a porte chiuse, si è rivolto a un gruppo d’investitori stranieri illustrando riforme e progetti dell’esecutivo per far affluire nel nostro paese capitali privati con passaporto non italiano. Tre i filoni d’iniziativa per blandire i presenti, cioè una ventina fra imprenditori, banchieri d’affari e avvocati convocati a Roma da Assonime: riforme istituzionali, riforme strutturali e privatizzazioni. Con un nuovo impegno simbolico ma dettagliato: all’inizio del governo Renzi mancavano circa 900 decreti attuativi per rendere funzionanti le leggi degli ultimi tre esecutivi; oggi sono 600; tra un mese scenderanno a 300.

 

L’impegno del governo a lavorare sui decreti attuativi non è casuale. Con la riforma del lavoro incardinata, infatti, le richieste degli addetti ai lavori presenti ieri si sono concentrate sulle “riforme istituzionali”. Modifica del Senato e semplificazione dei livelli di governo inclusi. La formula più citata, comunque, è stata “certezza del diritto”. L’Italia, dopo la Grecia, è il paese con più avvocati pro capite (quasi 350 ogni 100 mila abitanti a fronte dei nemmeno 200 della Germania), con la maggiore lunghezza dei processi civili (otto anni in media per tutti e tre i gradi) e di conseguenza con le complicazioni più gravi per imprenditori e banchieri che incappano nella nostra giustizia, ha fatto notare al Foglio un analista inglese presente. “Sono oneri impropri per le aziende che anche nel settore industriale, rispetto a 20 anni fa, devono avere più avvocati che ingegneri nel loro organico italiano”, ha detto a Padoan un altro dei partecipanti. All’esecutivo sono arrivati poi inviti pressanti sulla delega fiscale. Va attuata in tempo, cioè entro marzo. E deve eliminare incertezze e macchinosità dovute per esempio ad accertamenti di Guardia di Finanza e Agenzie delle entrate giudicati “temerari” da molti dei presenti. Quanto alle privatizzazioni, per il 2015 l’impegno prioritario è dismettere una quota non maggioritaria di Poste, Ferrovie e Anas. Meno illusioni, a breve, su immobili e municipalizzate.

 

[**Video_box_2**]Inseguire gli investimenti privati, comunque, non esclude l’attivazione di quelli pubblici. Difficile però reperire risorse nazionali in fase di consolidamento dei conti. Così oggi ricomincia il lavorìo a Bruxelles per accelerare il Piano Juncker, dossier tutt’altro che chiuso. Altrimenti questa volta in Europa pagheremo il prezzo di un fallimento della politica, non del mercato, è la tesi che circola a Via XX Settembre.