Vladimir Putin (foto LaPresse)

All'Outlet Russia s'inizia a pensare a uno scambio rublo-Ucraina

Anna Zafesova

Da tigre dei Brics a outlet dell’Europa dell’est: i giorni neri del rublo hanno trasformato la Russia nel posto più conveniente del mondo, con code di chilometri ai confini con la Finlandia e il Kazakistan, i bielorussi che spazzano via i Suv nei concessionari russi e i cinesi che quadruplicano le vendite di gioielli e orologi online.

Milano. Da tigre dei Brics a outlet dell’Europa dell’est: i giorni neri del rublo hanno trasformato la Russia nel posto più conveniente del mondo, con code di chilometri ai confini con la Finlandia e il Kazakistan, i bielorussi che spazzano via i Suv nei concessionari russi e i cinesi che quadruplicano le vendite di gioielli e orologi online. All’aeroporto pietroburghese Pulkovo sono stati avvistati due americani che hanno cambiato tutti i dollari che avevano in tasca per fare incetta di iPhone 6, che ieri costavano quasi la metà rispetto all’Europa. A Mosca i negozi di elettrodomestici mostrano scaffali vuoti, all’Ikea ci sono code lunghissime, la domanda di appartamenti è triplicata in una settimana, i saloni di auto sono ormai chiusi per esaurimento scorte. E’ il carnevale prima della Quaresima: gli ordinativi dei commercianti per il 2015 sono fermi, oppure contengono prezzi aumentati del 15-20 per cento, mentre gli uffici crediti ieri sono rimasti chiusi, per rivedere al rialzo i tassi dei mutui.

 

Il rublo, che il Cremlino sognava moneta di scambi internazionali che sfidava il dollaro e l’euro, è tornato carta straccia. E i russi riesumano subito le abitudini e i tic degli anni 90, quando la moneta nazionale si teneva in tasca solo per la durata di un acquisto. L’abitudine recente di pensare in rubli viene accantonata, la dollarizzazione riemerge con i cartellini dei prezzi e i menù dei ristoranti che, sfidando la legge, ricominciano a fare i conti in “u.e.”, “unita contabili”, l’eufemismo per le divise occidentali, come nella Russia di Eltsin, dove i portafogli avevano due scomparti e i cambiavalute si trovavano anche nelle tintorie. Ieri in molte banche la valuta era esaurita e c’erano code di ore ai bancomat. Chi non ha pazienza corre a comprare un’auto, un frigorifero, almeno a fare la spesa, con i prezzi del “vecchio” cambio. Anche perché l’esperienza – come dopo il default del 1998 – insegna che, esaurite le scorte, i negozi  resteranno vuoti per non rischiare, e quando le merci riappariranno saranno meno abbondanti e più costose: la Russia importa (come prodotto finito o componenti) quasi tutto quello che consuma.

 

Se nell’agosto 1998 i ministri erano sempre in tv e alla Duma, stavolta il Cremlino manifesta un gelido distacco. Vladimir Putin – che arrivò al potere nel 1999 sull’onda del crac – parlerà soltanto oggi. Se i russi hanno appena eletto il loro presidente “uomo dell’anno” per la 15esima volta consecutiva, è anche e soprattutto perché con lui “queste cose non succedevano”, perché era l’uomo della “stabilità” dopo i “terribili 90” dell’iperinflazione e del caos. “La sensazione che tutto è sotto controllo e che Putin è un mago che può dominare tutto, la Crimea, le tigri e il cambio del rublo, è sparita”, riassume così lo spirito del tempo il Moskovsky Komsomolets.

 

[**Video_box_2**]Finito il sogno della Russia che torna superpotenza, si cerca di adeguarsi alla realtà, e circola la voce di un’imminente nomina a premier dell’ex ministro del Tesoro Alexei Kudrin, liberale moderato che molti economisti e imprenditori vedono come il garante del ritorno della fiducia. Il diretto interessato smentisce, e forse è sincero: nessun tecnico può fermare la caduta del barile e del rublo, e per una riforma radicale dell’economia – che implica la liberalizzazione e la distensione con l’occidente – bisogna sconfinare in politica. E forse non è un caso che nella notte nera del rublo Putin abbia ripreso a telefonare a Merkel, Hollande e Poroshenko, mentre la Casa Bianca fa capire che se la Russia si ritirasse dall’Ucraina potrebbe fermare le nuove sanzioni, e anche alleviare quelle già in vigore. L’articolo di Medvedev è esplicito: la Crimea resta a noi, Kiev può tenersi il Donbass. Dove ci sono meno spari con ogni punto che il rublo perde a Mosca.

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