Maurizio Santacroce

Social Payment

Alberto Brambilla

Il rito della bolletta ai tempi della moneta elettronica. Il mondo nuovo visto da Santacroce (Sisal), l’artefice del boom di questi cinque anni del servizio: 12 milioni di persone ora usano i terminali nelle tabaccherie, nei bar e nelle edicole per pagare luce, acqua, gas o semplicemente ricaricare il telefonino.

Roma. Maurizio Santacroce è abituato a rivoltare interi segmenti societari per farli correre al massimo. Definirle, come fanno i tecnici, delle ristrutturazioni aziendali sarebbe banale perché nel caso di Santacroce si tratta di inventare un business da zero, applicare nuovi meccanismi e farli evolvere secondo le esigenze dei consumatori anticipando le innovazioni tecnologiche. Così è stato con SisalPay, divisione pagamenti e servizi del Gruppo Sisal, che Santacroce guida dal 2009.

 

Il suo approccio è lo stesso degli esordi, rodato in vent’anni di esperienza manageriale ai massimi livelli nazionali e multinazionali (Unicredit, Vodafone-Omnitel, Bain & Company, Lottomatica, e oggi Sisal). “Quello che ho fatto e continuo a fare è cercare di rendere straordinariamente semplice per il consumatore operazioni quotidiane altrimenti complesse. Niente più di quello che è stato fatto alla Apple che non ha inventato l’mp3 bensì l’iPod, ovvero lo strumento per ascoltare con un gesto la musica in formato digitale”, dice al Foglio. Alla Vodafone-Omnitel, quand’era una start-up della telefonia mobile guidata da Francesco Caio (ora ad di Poste) nei primi anni Duemila, Santacroce contribuì a sviluppare la carta prepagata per telefonini e le tariffe diurne e serali. All’apparenza sono cambiamenti minimi ma in realtà hanno effetti dirompenti. Il “sistema operativo by Santacroce” applicato in Sisal e precisamente alla divisione SisalPay, il marchio dei servizi di pagamento elettronici, ha prodotto gli stessi importanti effetti.

 

Santacroce, 43 anni, è l’artefice del boom di questi cinque anni del servizio (6,3 miliardi di pagamenti transati nel 2013, 5 nei primi nove mesi di quest’anno), significa che 12 milioni di persone ora usano i terminali nelle tabaccherie, nei bar e nelle edicole (40 mila punti vendita) per pagare le bollette della luce, dell’acqua, del gas o semplicemente per ricaricare il telefonino. Sisal ha stretto partnership con gli operatori, come Enel, Eni, Telecom, Poste, e altri, ha investito sui terminali – i noti Pos, in questo caso i più avanzati sul mercato capaci di collegarsi agli smartphone – rendendo l’operazione totalmente ininfluente per gli esercenti, poiché l’investimento è stato totalmente sostenuto da Sisal, con l’obiettivo di massimizzare il volume d’affari  e promuovere l’utilizzo della moneta elettronica e allargare il più possibile il bacino di utenze (la massa di pagamenti è di 100 miliardi l’anno, Sisal per ora ne soddisfa un decimo). “E’ un modello – spiega Santacroce – che trae ispirazione da esperienze estere, dagli Stati Uniti al Regno Unito, ma rappresenta una peculiarità italiana perché l’abbiamo inventato e adattato al nostro mercato”.

 

 

[**Video_box_2**]Il mondo nuovo, dunque, non è popolato soltanto da tecnologie appariscenti come i droni volanti o le applicazioni per smartphone molto “cool”, come i taxi di Uber, ma passa anche dal tran tran quotidiano e trasforma qualcosa di noioso – e un po’ odioso – come pagare la bolletta in un gesto semplice. “Abbiamo sempre cercato un accordo con tutti e vincente per tutti, senza metterci in competizione con le banche o altri operatori, per migliorare il servizio fornito ai consumatori. E poi siamo riusciti a trasformare un appuntamento vissuto quasi come un lutto, la bolletta del sabato mattina, in un momento di assoluta semplicità in cui qualsiasi operazione si può fare al bar sotto casa. Mentre tutti lavorano sui social media, abbiamo inventato il social payment ovvero, per semplificare, andare con un amico a bere un caffè e intanto pagare la luce”, da qui l’esigenza di distinguere il brand SisalPay da quello dei giochi per cui Sisal è comunemente nota, sebbene i pagamenti elettronici ora rappresentino una fetta significativa del giro d’affari.

 

“La Silicon Valley? Bisogna volerla”

 

Santacroce ha un profilo di manager internazionale, contendibile da società estere, allora cosa lo porta a restare in Italia? “Non ho mai visto l’Italia come un ostacolo, c’è piuttosto la tendenza diffusa, che andrebbe contrastata, a pensare che poco o nulla si possa fare. Invece anche in Italia e in momenti particolarmente difficili si può avere il coraggio di innovare e soprattutto di investire”. Il pensiero diffuso però è che la Silicon Valley sia solo in California e che in Italia avanzi piuttosto l’analfabetismo digitale, cosa risponde? “La digitalizzazione ha cicli rapidissimi, le tecnologie nascono e muoiono in poco tempo, alcune vengono superate. Lo sappiamo e per questo abbiamo contribuito alla digitalizzazione del paese distribuendo nuovi Pos per incentivare i pagamenti elettronici. Bisogna anticipare le evoluzioni, e non farsi scavalcare. Nel business servono azionisti con la voglia di innovare e investire come nella vita quotidiana servirebbe un cambio di mentalità, un cambio culturale, per fare entrare in circolo quel concetto un po’ americano del credere nelle cose che si fanno, fino in fondo. E questo è l’approccio che vogliamo incoraggiare con l’iniziativa  #GoBeyond per fare emergere idee brillanti e trasformarle in imprese di successo”. Un’iniziativa promossa con l’Università Bocconi con cui collaborate e destinata ai giovani talenti, ma a proposito di rapporto con i giovani, i neo laureati, voi come lavorate? “Lavoro con persone della mia età, con certe competenze solide, ma anche molto più giovani di me. Oggi ad esempio ho un team di oltre cento persone, Sisal ne ha assunte seicento, e in questi cinque anni abbiamo avviato delle collaborazioni con le università di Roma e Milano e molti dei nostri ex stagisti ora lavorano con noi. L’alternativa poteva essere andare sul mercato a cercare gente già formata, ma non sarebbe stato un investimento pro futuro per Sisal, avremmo fatto torto alla nostra filosofia”.

Di più su questi argomenti:
  • Alberto Brambilla
  • Nato a Milano il 27 settembre 1985, ha iniziato a scrivere vent'anni dopo durante gli studi di Scienze politiche. Smettere è impensabile. Una parentesi di libri, arte e politica locale con i primi post online. Poi, la passione per l'economia e gli intrecci - non sempre scontati - con la società, al limite della "freak economy". Prima di diventare praticante al Foglio nell'autunno 2012, dopo una collaborazione durata due anni, ha lavorato con Class Cnbc, Il Riformista, l'Istituto per gli Studi di Politica Internazionale (ISPI) e il settimanale d'inchiesta L'Espresso. Ha vinto il premio giornalistico State Street Institutional Press Awards 2013 come giornalista dell'anno nella categoria "giovani talenti" con un'inchiesta sul Monte dei Paschi di Siena.