La cancelliera tedesca Angela Merkel (foto AP)

Pennsylvania Avenue

Il balletto politico di Merkel dietro gli ondeggiamenti della Troika in Grecia

Domenico Lombardi

La decisione del primo ministro greco, Antonis Samaras, di anticipare di due mesi le elezioni presidenziali e il crollo della Borsa di Atene registrato la scorsa settimana hanno rifocalizzato l’attenzione sull’economia ellenica dopo 5 anni dall’inizio della crisi.

La decisione del primo ministro greco, Antonis Samaras, di anticipare di due mesi le elezioni presidenziali e il crollo della Borsa di Atene registrato la scorsa settimana hanno rifocalizzato l’attenzione sull’economia ellenica dopo 5 anni dall’inizio della crisi. La resilienza politica mostrata dal leader di Nuova democrazia nel guidare il paese sotto la contestata amministrazione controllata della Troika (cioè il terzetto composto da Commissione Ue, Banca centrale europea e Fondo monetario internazionale), assieme ai primi dati macroeconomici incoraggianti e a emissioni sovrane ben accolte dai mercati, avevano indotto molti analisti a trascurare gli incipienti segnali di deterioramento nelle relazioni politiche tra Samaras e la cancelliera tedesca Angela Merkel. Tali segnali cominciavano a emergere già dalla scorsa estate, venivano confermati da un’impalpabile freddezza fra le due delegazioni ministeriali agli Annual Meetings del Fondo monetario internazionale a Washington in ottobre e diventavano inequivocabilmente chiari con il comunicato stampa dell’Eurogruppo dell’8 dicembre scorso, con il quale la Merkel formalmente ripudiava il rapporto politico privilegiato che, in apparenza, aveva costruito con Samaras sino ad allora. Ma, prima, i fatti. Già dall’anno scorso il governo Samaras era riuscito a conseguire l’avanzo primario nel saldo di bilancio e il surplus nel conto corrente dei pagamenti con l’estero. Nel frattempo, nel corso di quest’anno il Tesoro greco tornava a raccogliere sul mercato dei capitali a tassi relativamente contenuti insieme alle principali banche.

 

Rimanevano, tuttavia, due fonti di contenzioso con la Troika: una legata alla mancata attuazione, o al progresso assai incompiuto, rispetto a un ampio ventaglio di riforme strutturali; l’altra connessa al finanziamento dell’aumento dell’avanzo primario al 3 per cento nel 2015 (dallo 0,8 e 1,5 per cento per il 2013 e il 2014, rispettivamente). In quest’ultimo caso, la fonte di attrito derivava dall’orientamento delle autorità di Atene a esplorare (discretamente) la disponibilità della Troika a erogare ulteriori risorse così da attenuare, per il governo Samaras, le conseguenze politiche legate a un ulteriore abbattimento della spesa. Al contrario, la Troika insisteva nel chiedere riduzioni strutturali della spesa, a partire da quella pensionistica, per garantire la sostenibilità dei più ambiziosi obiettivi di finanza pubblica. Nel frattempo già dall’estate cominciavano a rimbalzare sui media tedeschi articoli di stampa che mettevano in dubbio la reale volontà riformista delle autorità elleniche nel conseguire gli obiettivi concordati con la Troika, aumentando l’insofferenza dell’opinione pubblica in Germania, come emergeva dai sondaggi che il governo tedesco commissiona regolarmente. E’ a quel punto che cominciava una ritirata tattica della Cancelleria, preoccupata che un’esposizione politica della Merkel su Samaras potesse indebolire il gradimento che il suo partito aveva registrato con l’elettorato tedesco, fino a compromettere l’esito delle prossime elezioni regionali. Di certo tale vincolo ha operato nel senso di precludere qualsiasi possibilità di espandere il livello di risorse nel contesto dell’attuale programma.

 

[**Video_box_2**]L’acquisizione dell’indisponibilità di Berlino induceva Samaras a esplorare un’opzione alternativa che monetizzasse politicamente la sua capacità di aver traghettato un paese in condizioni disperate verso la prospettiva di una stabilizzazione ormai prossima. L’opzione, come è noto, consisteva nel terminare l’attuale programma della Troika entro la fine dell’anno così da suggellare definitivamente l’inizio della normalizzazione del paese. Una prospettiva che al Fmi di Christine Lagarde guardavano con favore poiché avrebbe consentito all’istituzione di Pennsylvania Avenue di uscire da un programma inedito, criticato internamente, reclamandone formalmente il successo proprio alla vigilia dell’ispezione che il dipartimento di valutazione interna a Pennsylvania Avenue – l’Independent evaluation office – si appresta ad avviare nella prima parte del prossimo anno. Invece, il comunicato dell’Eurogruppo della scorsa settimana ha archiviato questa opzione con un testo scarno, poco argomentato e intrinsecamente contraddittorio, rinviando di due mesi la fine del programma di aiuti condizionati. Quanto bastava per mandare su tutte le furie Samaras ad Atene che, alzando la posta sul tavolo da gioco europeo, ha convocato le elezioni presidenziali pur sapendo di non avere i numeri per condizionarne con ragionevole certezza l’esito.

 

Domani si inizia a votare

 

Ieri, nel primo di due giorni di visita ufficiale ad Atene del commissario Ue per gli Affari economici, Pierre Moscovici, da Bruxelles si ribadiva che “l’unico scenario su cui sta lavorando la Commissione è quello di tenere la Grecia solidamente nell’Eurozona”. Ma alla prima votazione di domani sarà impossibile raccogliere i 200 voti parlamentari su 300 necessari per eleggere il candidato ufficiale Stavros Dimas, potendo contare la coalizione governativa solo su 155 voti. Nella terza e ultima seduta del 29 dicembre, i voti necessari a eleggerlo scenderanno a 180. Samaras ha due settimane per negoziare con la dozzina di dissidenti che lo hanno abbandonato negli ultimi due anni e un’altra dozzina di deputati dall’incerto futuro tra i piccoli partiti alla sua destra e alla sua sinistra moderata, nel tentativo di raggiungere la soglia prevista. Se vi riuscisse, il suo prestigio politico ne uscirebbe galvanizzato e potrebbe guidare la coalizione almeno sino al prossimo anno, se non alla scadenza naturale prevista per il 2016. Se non vi riuscisse, la Grecia andrà alle elezioni nel giro di un mese, con il candidato dell’opposizione radicale di Syriza, Alexis Tsipras, in testa con una forbice già di 7 punti percentuali.