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Un tappeto rosso per Camusso

Redazione

Il “grande sciopero” e la propaganda. Matteo Renzi ha spento le polemiche mediando con i sindacati (“ho profondo rispetto per chi manifesta”) che hanno deciso di ridurre le ore di sciopero dei ferrovieri (da 8 a 7) ottenendo così la revoca dell’ordinanza di precettazione.

Dichiarano: “Siamo di fronte a un’inequivocabile lesione del diritto di sciopero sancito dall’articolo 40 della Costituzione. Questa vicenda va al di là del caso specifico, mettendo in discussione una delle massime espressioni della democrazia. E’ nostra intenzione investire dell’accaduto le massime cariche dello stato”. Minacciando di rivolgersi al Quirinale e alla Corte costituzionale, Susanna Camusso e Carmelo Barbagallo, segretari generali di Cgil e Uil, anticipano il vero obiettivo dello sciopero generale di oggi: alzare al massimo il tiro e il polverone politico. Per ironia, a far scattare il più alto livello di allarme democratico è la precettazione dei ferrovieri. Una misura forte per richiamare al lavoro i dipendenti delle Ferrovie, misura che era stata decisa in mattinata dal ministro dei Trasporti, Maurizio Lupi, su suggerimento del Garante degli scioperi nei servizi pubblici, ma poi è stata ritirata, in fretta, in serata.

 

Il premier Matteo Renzi ha spento le polemiche mediando con i sindacati (“ho profondo rispetto per chi manifesta”) che hanno deciso di ridurre le ore di sciopero dei ferrovieri (da 8 a 7) ottenendo così la revoca dell’ordinanza di precettazione. Il Garante degli scioperi è quel Roberto Alesse che con un’intervista sul Corriere della Sera dell’8 dicembre, invitando il governo a tornare alla concertazione, aveva iniziato a srotolare il tappeto rosso per la passerella di Cgil e Uil. Martedì 9 i toni si sono decisamente alzati sul quotidiano Repubblica, con un’inchiesta sugli effetti nefasti del Jobs Act basata a sua volta su “simulazioni” della Uil. Il titolo già dice tutto: “Oltre 6 mila euro a chi assume e licenzia dopo un solo anno”. Eccola dunque smascherata la riforma del lavoro renziana: uno sporco e lucroso business di licenziamenti, magari premeditato assieme al governo con gli imprenditori. Repubblica mette dunque in fila il taglio dell’Irap sulla componente lavoro, e gli sgravi fiscali e contributivi già decisi per chi assume giovani con contratti a tempo indeterminato. Nell’altra colonna descrive invece la previsione di risarcimento economico (non ancora deciso) in luogo della reintegra giudiziaria. Il risultato sono appunto quei 6 mila euro di guadagno netto “in un solo anno”. Ma soprattutto è la narrazione di un padrone-tipo che dal primo gennaio si metterà freneticamente ad assumere e poi a licenziare per veder “crescere solo il suo conto in banca”. Per Rep. “è impossibile che gli imprenditori italiani non facciano questi calcoli”. Se il quotidiano del Gruppo l’Espresso di Carlo De Benedetti – sostenitore del Jobs Act – propaganda “sgomento” e propone un’idea del lavoro che fa sembrare l’Italia l’Inghilterra descritta nei romanzi di Dickens, che cosa si può pretendere dalla premiata ditta Camusso & Barbagallo?

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