La foto del profilo Twitter di Shami Witness

Svelato il gran promoter dello Stato islamico su Twitter (ma i servizi non lo vedevano?)

Redazione

Rivelata l'identità di Shami Witness. E' un indiano che non ha mai combattuto il jihad. E che ora ha paura di finire in prigione.

Shami Witness ("il testimone siriano", ndr) era un account di Twitter con quasi diciottomila followers che rilanciava molto velocemente la propaganda dello Stato islamico ed era impegnato costantemente a polemizzare con violenza chiunque fosse contrario alle idee del gruppo di Abu Bakr al Baghdadi (come si può capire, erano molti: curdi, ribelli siriani, osservatori occidentali, sciiti, semplici commentatori, supporter del gruppo rivale Jabhat al Nusra…). Era così conosciuto nel giro che era accusato esplicitamente di essere un punto di riferimento per tutti i simpatizzanti del gruppo estremista e di avere favorito il reclutamento di volontari stranieri.

 

Ieri, l'uomo dietro Shami Witness ha chiuso l'account pochi minuti dopo essere stato scoperto dai giornalisti inglesi di Channel 4. Si chiama Mehdi Marsoor e vive e lavora come manager di una grossa azienda indiana a Bangalore, nell'India del sud. Come era chiaro alla lettura dei suoi tweet (per esempio: dal fuso orario che seguiva) non era né in Siria né in Iraq, si limitava a rilanciare il materiale di fonti meno conosciute senza mai pensare di avvicinarsi a una zona di guerra. Fino a ieri aveva funzionato: secondo uno studio del Brookings Institute, due terzi dei combattenti dello Stato islamico erano follower di Shami Witness e i suoi tweet erano stati letti da due milioni di persone ogni mese.

 

Un punto mai chiarito. Sebbene l'azienda Twitter cancelli periodicamente tutti gli account che appoggiano lo Stato islamico, Shami Witness era sempre risparmiato. E' sopravvissuto senza essere disturbato a decine di campagne di Twitter per ripulirsi dalla propaganda disseminata dai gruppi jihadisti, cosa che fa pensare che ci fosse un qualche interesse superiore a tenerlo in vita. Per esempio, che i servizi segreti tenessero d'occhio i suoi follower per capire se qualche giovane europeo stava per imboccare la via della radicalizzazione jihadista. A rafforzare questa ipotesi c'è che il lavoro d'indagine fatto da Channel 4 era alla portata di chiunque: hanno trovato il suo vecchio nome Twitter (@ElSaltador) su Google Plus, da lì hanno scoperto il suo vero nome e lo hanno rintracciato su Facebook. Sorpresa: lo strenuo propagandista dello Stato islamico va al cinema a vedere film di supereroi, indossa camicie hawaiane (Hawai Witness, è stato denominato, la Rete non perdona) e racconta di pizza party in ufficio.

 

La rivelazione ha preso una piega patetica. "Ho il sospetto che la polizia, quando verrà ad arrestarmi, possa uccidermi", dice Mehdi all'emittente dopo la notizia che le forze di polizia indiane hanno dato inizio a una caccia all'uomo per arrestarlo. "Ma io non ho fatto niente di sbagliato", continua Mehdi, "ho solo scritto delle cose, la gente mi ha seguito, io seguivo loro (su Twitter, ndr) e così parlavamo. Tutto ciò che sapevo era quello che scrivevano sui social altri seguaci o combattenti dello Stato islamico". ha detto anche che non è partito volontario "perché ho due genitori d mantenere".

 

La chiusura (forse?) di Shami Witness è stata trattata con la stessa euforia e sollievo di una svolta nella guerra al terrore. Ma fuori da Twitter, la realtà non è cambiata: il gruppo di Abu Bakr al Baghdadi non deporrà le armi, i ribelli siriani continueranno a perdere terreno e a scomparire, il governo siriano continuerà a bombardare.

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