
Il procuratore capo di Roma, Giuseppe Pignatone, durante la conferenza stampa in cui annunciava i primi arresti nell'ambito dell'operazione "Mondo di mezzo"
Questa di Roma proprio mafia non è
Parla Salvatore Lupo: “Certo che esercitavano la violenza. Ma qualsiasi banda di usurai che ricorre alla violenza è mafia? Forse per la legge sì. Per me la mafia è un sistema criminale che controlla militarmente un preciso territorio, che uccide, ed è organizzata in gruppi strutturati che si autoperpetuano”
Roma. Non ci sono i rituali né gli omicidi, nessun cadavere infilato nel cemento armato, non c’è la “famiglia” e non c’è la “commissione”, non esiste la struttura militare dei “soldati” e dei “capidecina”, non c’è il radicamento e il controllo del territorio, non c’è quell’uso “bestiale”, “sistematico” ed “estensivo” della violenza armata. E insomma Salvatore Lupo, cioè il più illustre storico della mafia, professore all’Università di Palermo, autore per Donzelli di “Storia della mafia” cioè uno dei più famosi e tradotti saggi sul fenomeno criminale siciliano, lo dice con la schiettezza delle cose ovvie, con la voce piana con la quale ci si consegna a una tautologia: “Naturalmente, come tutti sanno, la mafia, nella sua qualità di fenomeno storico, antropologico e sociale, non c’entra niente con l’organizzazione criminale romana di cui tanto si parla in questi giorni”.
E il professore non intende abbandonarsi a una discettazione di carattere nominalistico, né tantomeno intende minimizzare, o negare. “A Roma è stata illuminata una pericolosa organizzazione che aveva legami criminali con la politica”, dice. “E se viene smantellata una banda di criminali a me fa piacere, e non dico che i magistrati sbagliano. E infatti penso che l’aver attribuito a questa organizzazione criminale la qualità di organizzazione mafiosa abbia messo a disposizione della procura degli strumenti d’indagine e di repressione molto efficaci, straordinari. Gli strumenti speciali che la legge prevede per il contrasto alla mafia. E questo non è di per sé un male, ovviamente”. E insomma, se c’è “una patologia criminale”, dice il professor Lupo, tutti noi cittadini siamo contenti che venga curata. “Tuttavia”, aggiunge, “per me quella di Roma non è mafia. E non è nemmeno la banda della Magliana, che aveva delle caratteristiche precise. Può essere forse una mafia in potenza, un sistema mafioso che sta per sbocciare, o può anche essere tutt’altro. Non tutte le organizzazioni a delinquere sono mafiose”.
Ma allora la mafia com’è fatta? Quali sono le caratteristiche che distinguono la mafia da una qualsiasi altra associazione a delinquere? E in cosa l’organizzazione comandata da Massimo Carminati differisce dalla mafia? “La mafia è organizzata in gruppi strutturati che si autoperpetuano”, dice il professore. “Il comando si eredita come una corona, ci sono legami di sangue, precise iconografie rituali. E poi c’è la violenza, una violenza esercitata su larghissima scala, come purtroppo ben sappiamo tutti noi italiani”. Eppure Carminati la violenza la esercitava. Nelle carte dei magistrati risultano infatti intimidazioni, minacce, estorsioni… “Certo che esercitavano la violenza”, risponde Lupo. “Ma qualsiasi banda di usurai che ricorre alla violenza è mafia? Forse per la legge sì. Non so. Per me la mafia è un sistema criminale che controlla militarmente un preciso territorio, e lì esercita il monopolio di tutta una serie di attività come lo spaccio di droga o il traffico di armi. Si insedia e si riproduce. In altri casi la mafia è un sistema organizzato che esercita le sue attività su vastissima scala, anche internazionale. Esistono enormi ‘gang’ di tipo planetario capaci di impiegare una violenza militare con rapidità esplosiva, persino letteralmente esplosiva”. E tutto questo la banda di Carminati non lo era.
[**Video_box_2**]Ma qui il professore sorride, abbassa la voce d’un semitono. “Ovviamente di tutto ciò che penso io il procuratore di Roma, il dottor Pignatone, se ne può impipare. E fa pure bene a impiparsene. Perché se è vero che la mafia dal mio punto di vista c’entra poco o niente con questa storia, rimane pure vero che il concetto di mafia è anche definito dal diritto. E presto saranno dei magistrati giudicanti, a verificare se davvero questo fenomeno di Roma è equiparabile a ciò che la legge definisce come mafia. Lo vedremo presto”.
Allora, se non è mafia, chiedo a Salvatore Lupo cos’è il gruppo di Carminati e la sua associazione criminale con Salvatore Buzzi e le cooperative sociali. E lui risponde così: “La storia di Roma ha evidentemente qualche affinità con il fenomeno mafioso. Ma a me ricorda più altri generi di organizzazioni a delinquere. Nel 1800, a New York, c’era Tammany Hall, per esempio. Era una organizzazione elettorale del Partito democratico, e come tutti sapevano proteggeva però elementi criminali. Un’organizzazione che corrompeva, intimidiva con l’uso delle maniere forti, esercitava un certo controllo anche sulla politica e l’amministrazione pubblica. Eppure neanche quella di Tammany Hall era mafia. Nessuno lo ha mai sostenuto. Difatti oggi siamo tutti un po’ spiazzati dall’applicazione del modello mafioso a tutt’altre fattispecie criminali come succede adesso per questa faccenda della banda romana”.
E qui il professore acquista un accento entomologico. “A me ha colpito particolarmente quella frase sul ‘mondo di sopra, il mondo di sotto e il mondo di mezzo’. Gli americani usano l’espressione ‘underworld’ per descrivere la criminalità”, dice. “Ecco, quello di Carminati, in quell’intercettazione, non è un linguaggio propriamente mafioso. Ma forse è un codice da ‘mafizzatore’, se posso dire così. Cioè il suo è quasi un linguaggio da creatore di mafia. E’ come se Carminati stesse teorizzando, e lentamente costruendo, un sistema, una start-up mafiosa, perché la sua banda non aveva ancora quella potenza. E insomma come se lui fosse impegnato a costruire un sistema che pure si avvicina, per analogia e allitterazioni, al sistema mafioso pur non essendolo. Dunque io posso dire che quella banda certamente non è un’organizzazione mafiosa, ma non possono escludere che quel sistema, con quelle caratteristiche, se lasciato lì a fermentare e proliferare, non si sarebbe anche potuto trasformare persino tecnicamente in mafia”, e di conseguenza aggredire tutto quel mondo cospicuo di appalti, opere pubbliche, edilizia e urbanistica, insomma quei grandi affari tipicamente mafiosi cui Carminati & soci non si sono mai nemmeno accostati.


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