La prigione segreta americana "Salt Pit", in Afghanistan

Il jihad prende nota

Il report del Senato che accusa la Cia: torturava e mentiva alla Casa Bianca

Daniele Raineri

Il dossier contiene accuse gravi e sostiene che gli “interrogatori duri” non portavano informazioni utili. I servizi: “Erano necessarie”.

Roma. Ieri mattina la commissione Intelligence del Senato americano ha pubblicato un rapporto sulle torture della Cia a 119 detenuti catturati dopo l’11 settembre 2001 e sospettati di terrorismo. Lo scopo del rapporto del Senato era capire se le “tecniche di interrogatorio dure” – fino alla tortura – usate dalla Cia fino al 2009 sono state utili a ricavare informazioni importanti nella guerra al terrorismo o se invece sono state inutili, e conclude che non hanno portato risultati. La Cia (quella di adesso, e il direttore nominato dal presidente Obama, John Brennan) risponde con un controrapporto in cui elenca i casi in cui quel tipo di interrogatorio ha invece “fornito risultati importanti”. La mole del lavoro e la pesantezza delle accuse documentate dalla commissione presieduta dalla senatrice democratica Dianne Feinstein sono però difficili da aggirare e potrebbero segnare, secondo molti commentatori, una svolta nella storia dell’agenzia.

 

Il rapporto non è stato consegnato per intero per evitare di pubblicare troppe informazioni pericolose. Delle più di seimila pagine scritte dal 2009 – in teoria il lavoro doveva concludersi in un anno – e costate 40 milioni di dollari è stato rilasciato invece un sommario di 528 pagine che contiene alcuni omissis. Il New York Times, che lo ha avuto in anticipo, riassume il contenuto in sette punti: le tecniche d’interrogatorio della Cia erano più brutali e sono state usate su più detenuti di quanto si è creduto fino a oggi; non c’era una supervisione adeguata; la Cia ingannava il Congresso e la Casa Bianca, gonfiava l’efficacia e minimizzava la frequenza degli interrogatori;  gli operatori della Cia che si occupavano degli interrogatori e che hanno tentato di limitare le torture sono stati richiamati alla disciplina dai superiori in più di un’occasione; la Cia ha dichiarato di avere un numero di detenuti e di interrogati più basso di quello reale in più di un’occasione; almeno 26 detenuti non dovevano essere lì, erano stati presi  per sbaglio o per cattiva intelligence; la Cia passava informazioni alla stampa, esagerando i successi ottenuti grazie a questi interrogatori per ottenere l’appoggio dell’opinione pubblica.

 

I dettagli più crudi sono finiti nel giro di pochi minuti su tutti i siti d’informazione: le minacce di morte “tanto dopo quello che vi abbiamo fatto non possiamo più lasciarvi liberi”, il prigioniero incatenato a un muro e morto di freddo, il minorato mentale fatto piangere per spedire un video ai familiari e fare loro pressione, l’“unnecessary rectal feeding” e “l’unnecessary rectal rehydration”, e il waterboarding.

 

Manca quasi del tutto la parte più imbarazzante per i rapporti tra Washington e gli alleati nel mondo, quella sui cosiddetti “black sites”, le prigioni clandestine della Cia in alcuni stati che hanno accettato di ospitarle – e in certi casi ci sono state mazzette. Queste nazioni sono identificate nel rapporto con un codice a colori e si è capito che si tratta di Thailandia (verde), Polonia (blu), Romania (nero), Lituania (viola), più altri quattro siti in Afghanistan, tra cui la famigerata “Miniera di sale” (cobalto), una prigione sotterranea e senza luci.

 

Il documento descrive dozzine di casi in cui la Cia ha deliberatamente nascosto al governo americano cosa succedeva, per sempio all’allora segretario di stato Colin Powell (“se lo viene a sapere, fa saltare tutto”) e anche al presidente George W. Bush, che fu informato dall’agenzia direttamente soltanto nel 2006 – il vicepresidente, Dick Cheney, fu informato invece prima.

 

[**Video_box_2**]Il presidente Barack Obama critica i servizi segreti e parla di danno all’immagine dell’America (come anche il senatore repubblicano John McCain), ma il direttore della Cia John Brennan contesta le conclusioni. Gli interrogatori hanno funzionato. L’agenzia di intelligence sostiene nella sua controrelazione che il dossier del Senato contiene troppi errori di fatto per poter essere “la storia ufficiale di quel programma”. Ieri sul Wall Street Journal tre direttori e tre vicedirettori della Cia di quegli anni sostengono di non essere stati interpellati dallo staff del Senato che ha redatto il dossier, e che le informazioni ottenute sono state essenziali in alcuni casi importanti, come quello di Khalid Sheikh Mohammed, il pianificatore militare dell’11 settembre.

 

Non c’è dubbio che il jihad stia prendendo nota, per includere il rapporto nella sua propaganda. In particolare, lo Stato islamico nei suoi video recenti cita molto i media americani e non si farà sfuggire questa occasione. Gli ostaggi usciti fuori dalle prigioni del gruppo hanno detto che i prigionieri americani e inglesi – come i reporter Jim Foley e John Cantlie – sono stati sottoposti a sedute brutali di waterboarding come punizione e contrappasso per la loro nazionalità.

 

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  • Daniele Raineri
  • Di Genova. Nella redazione del Foglio mi occupo soprattutto delle notizie dall'estero. Sono stato corrispondente dal Cairo e da New York. Ho lavorato in Iraq, Siria e altri paesi. Ho studiato arabo in Yemen. Sono stato giornalista embedded con i soldati americani, con l'esercito iracheno, con i paracadutisti italiani e con i ribelli siriani durante la rivoluzione. Segui la pagina Facebook (https://www.facebook.com/news.danieleraineri/)