Matteo Renzi (foto LaPresse)

Una giornata storica

Redazione

Quella del Jobs Act è una riforma epocale (aspettando i decreti attuativi).

Solo un pazzo avrebbe previsto un anno fa che una maggioranza di sinistra avrebbe approvato una riforma del lavoro che delega al governo la sostituzione dell’attuale sistema del reintegro decretato dalla magistratura in caso di licenziamento non giustificato con indennizzi monetari. Da questo punto di vista l’operazione compiuta da Matteo Renzi con l’approvazione del Jobs Act è davvero straordinaria. Ma una legge delega si può valutare solo quando vengono emanati i decreti attuativi, ed è possibile che qui, in questi “dettagli”, si annidi il diavolo (come prevede un po’ troppo pessimisticamente Renato Brunetta). Sarebbe davvero strano, peraltro, se dopo aver combattuto e vinto una battaglia “storica”, Renzi si facesse condizionare nell’ultimo miglio, quello della stesura dei decreti attuativi.

 

L’articolo 18, che viene superato solo per i nuovi assunti, è diventato nel corso degli anni il simbolo di una diffidenza preventiva nei confronti delle imprese, diventata giurisprudenza attraverso una lunga serie di sentenze faziose, il che ha capovolto di fatto il senso originario di una norma che doveva servire a combattere le discriminazioni sistematiche nei confronti dei lavoratori. Togliere un’incrostazione dal sistema delle relazioni industriali è sempre difficile, farlo su quello che era diventato il simbolo di una malintesa concezione del “potere sindacale” sembrava impossibile, e invece qualcosa è cambiato nel profondo, anche nella coscienza dei lavoratori, e solo Susanna Camusso pare non essersene resa conto. E’ interesse di tutti dare seguito a questa novità con provvedimenti che aiutino a liberare le potenzialità di crescita della società e dell’economia nazionali.