Un'immagine dell'alluvione di Genova dello scorso ottobre

Basta allarmismi sul dissesto idrogeologico, la nuova informazione paga

Redazione

Spostare l'attenzione dall'emergenza alla messa in sicurezza. Il direttore generale dell'Anbi Gargano ci spiega perché forse abbiamo fatto un passo in avanti sulla cultura della prevenzione. L'inchiesta di SkyTg24.

Bombe d’acqua, esondazioni, allarmi maltempo. La fine dell’anno è il periodo in cui viene fuori di più la grave fragilità del territorio italiano. E tra settembre e novembre le forti piogge fanno tornare sulle prime pagine dei giornali quei titoli, con i quali gli italiani hanno imparato a convivere. Allarme maltempo. Emergenza. Le immagini di Genova riprese con il telefonino, giornalismo fai da te. E poi i nomi dei fiumi e dei torrenti legati – dal piombo dei quotidiani e dagli annunci del telegiornale – al terrore e all’incubo, invece di evocare prosperità e vita. Il dissesto idrogeologico è una realtà, in Italia, che questo giornale si è preoccupato spesso di spiegare razionalmente cercando di evitare le regole del giornalista collettivo (tra gli articoli più recenti, leggi Armi di distrazione di massa, e poi l’intervista a Franco Prodi, L’uomo è cattivo, ma la natura è peggio).

 

Eppure qualcosa è cambiato, pare. Dopo le alluvioni,  “normalmente i media andavano a raccogliere le lacrime e a cercare il colpevole”, dice al Foglio Massimo Gargano, direttore dell’Associazione nazionale delle Bonifiche e delle Irrigazioni, “ultimamente invece si sta cominciando ad affrontare il problema in modo puntuale e approfondito”. E’ il caso, per esempio, dell’inchiesta di SkyTg24 “Dissesto Doloso”, andato in onda sul canale di informazione di Sky e che è stato visto da una media di 272.135 spettatori. Una lunga inchiesta per spiegare la situazione del torrente Bisagno di Genova, per andare a vedere cosa è stato fatto dopo l’alluvione che ha colpito la Sardegna l’anno scorso, per capire se e quanto è in pericolo idrogeologico l’area bagnata dal fiume Seveso. I giornalisti di Sky sono andati poi a vedere i lavori di messa in sicurezza del paese di Cartoceto, nelle Marche, minacciato da una frana, e l’esempio della Calabria, dove alcune scuole sono state costruite sull’argine di un fiume e le vasche di laminazione sono state convertite in aranceti. E’ la metafora dell’Italia che crolla ma non si abbatte, e non si piange addosso. Ma cerca di capire. “La cultura ancora dominante è quella dell’emergenza rispetto a quella della prevenzione”, dice Gargano, “ma stiamo facendo degli enormi passi avanti”. Perché quando i media si occupano con intelligenza di un problema, anche la politica si muove di conseguenza. L’inchiesta di SkyTg24 ha suscitato sui social network un dibattito al quale hanno partecipato anche il ministro per l’Ambiente Gian Luca Galletti e il responsabile della struttura per la sicurezza idrogeologica del governo Renzi, Erasmo D’Angelis.

 

[**Video_box_2**]“Stiamo subendo le conseguenze della dissennata gestione del territorio che c’è stata negli anni e del complicato rapporto dell’uomo con le risorse naturali”, spiega al Foglio il direttore dell’Anbi, “Ma siamo a un punto di svolta. Due le novità fondamentali: anzitutto abbiamo dimostrato, grazie all'Unità di Missione contro il Dissesto Idrogeologico, che le risorse per mettere in sicurezza il territorio ci sono. Abbiamo recuperato 2,3 miliardi di euro e reso responsabili i presidenti delle regioni della loro gestione. Il ministro Galletti è riuscito ad avere un miliardo all’anno – a partire dal 2015 e per 7 anni – destinato al disesto idrogeologico e si è impegnato perché la parola ‘condono’ non venga pronunciata più. Oggi un appello forte va fatto al Parlamento perché venga approvata al più presto la Legge sul consumo del suolo”, perché la sfida della sicurezza è anche una sfida su crescita e occupazione. Dice Gargano: “L’attenzione intelligente che i media hanno prestato alla questione negli ultimi tempi sarà cassa di risonanza e determinante per un patto tra cittadini, soggetti attuatori e governo, per rimettere il territorio al centro delle politiche di sviluppo”.

 

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