Matteo Renzi a Catania (foto LaPresse)

Il viaggio di Renzi al sud, un elogio del mezzogiorno non piagnone

Federico Pirro

Il presidente del consiglio Matteo Renzi è sceso oggi a visitare siti produttivi di eccellenza nel sud, arrivando in Sicilia in quella che viene chiamata da anni a Catania l’Etna Valley, poi è passato a visitare altre aziende di eccellenza in Calabriae poi è giunto ad Avellino.

Il presidente del consiglio Matteo Renzi è sceso oggi a visitare siti produttivi di eccellenza nel sud, arrivando in Sicilia in quella che viene chiamata da anni a Catania l’Etna Valley, ovvero uno dei massimi poli mondiali dell’Ict ed entrando nel grande impianto della 3Sun in cui si producono pannelli fotovoltaici. Poi è passato a visitare altre aziende di eccellenza in Calabria – ove sono molto più numerose di quanto non si pensi – e poi è giunto ad Avellino, sede fra l’altro di uno dei maggiori impianti nel Mezzogiorno del Gruppo Fiat Chysler Automobiles (FCA) per la produzione di motori di grande cilindrata. Un viaggio nelle eccellenze del sud che nei mesi scorsi lo aveva portato in provincia di Napoli e in Puglia, ove aveva visitato la Sitael, una giovane industria in provincia di Bari con oltre 200 addetti, specializzata in produzione di tecnologie aerospaziali. Le imprese eccellenti, piccole, medie e grandi, dunque sono ben presenti anche nell’Italia meridionale, diffuse dall’Abruzzo alla Sardegna e ogni raffigurazione statistica che tendesse ad ignorarle, o a sottovalutarne la presenza, dovrebbe duramente essere contestata anche perché nelle industrie più competitive del sud lavorano decine di migliaia di operai, tecnici, quadri e dirigenti e tanti imprenditori che sono larga parte del "popolo che produce e che compete" del meridione.

 

E’ giunto dunque il momento a mio avviso – proprio in una fase di persistente incertezza dell’economia nazionale – di censire e valorizzare tutte le grandi ma spesso sconosciute risorse di cui il paese dispone, cominciando da quelle esistenti nel sud. Vento, sole – per le energie alternative – e poi petrolio, gas, acciaio (salvare l’Ilva è una necessità nazionale), energia da combustibili fossili, aerospazio, automotive, Ict, meccanica fine, agroalimentare di qualità, cantieristica pesante e nautica da diporto, tessile-abbigliamento-calzaturiero con i grandi marchi Kiton, Marinella, Harmont&Blaine, Carpisa, Tagliatore, Primadonna, solo per citarne alcuni. E poi ancora grandi Musei e parchi archeologici, da Pompei al Museo Archeologico di Taranto, dai Sassi di Matera – proclamata capitale europea della cultura per il 2019 – per finire ai Bronzi di Riace  e ai mosaici del Duomo di Monreale che tutti ammirano nel mondo, ma che spesso sono semisconosciuti nelle loro stesse città. E infine paesaggi, costiere, isole, parchi naturali e riserve marine da grande turismo internazionale che tuttavia sono meno valorizzati di quanto si potrebbe.

 

E non mancano – accanto ai grandi Istituti di credito nazionali – banche locali come alcune forti Banche popolari come quella di Bari, ormai presente in tutta Italia, e tante banche di credito cooperativo ove si accumulano masse non irrilevanti di depositi di un mezzogiorno profondo, sconosciuto ai più ma silenziosamente operoso. Oltre venti Università e centri di ricerca di livello mondiale come il Cira in Campania e il Cetma in Puglia formano laureati che trovano occupazione nel sud – sì, anche nel sud e nelle sue industrie – e poi in Italia e nel mondo.

 

[**Video_box_2**]Insomma nel meridione c’è tutto per migliorare, elevandolo di molto, il tasso di competitività dei sistemi produttivi locali, a vantaggio peraltro dell’intero paese. Ma bisognerà superare (una volta per sempre) quel fatalismo piagnone e un certo attendismo indolente, ancora diffuso, di chi pensa che solo chiedendo allo stato risorse aggiuntive (ma inesistenti) in favore del meridione si possa migliorarne le condizioni, quando poi si scopre che decine di miliardi di euro di fondi comunitari 2007-2013 e nazionali, già stanziati da anni. non si è riusciti ancora a spendere per lentezze burocratiche, farraginosità di procedure, inettitudine di amministratori locali, incapacità tecniche di burocrati, resistenze degli estremisti dell’ambientalismo.

 

Allora, si, è giunto il momento di una vera, grande rivoluzione civile nell’Italia meridionale, guidata dai ceti più intraprendenti, dalle migliori risorse giovanili, dalle imprese di eccellenza, dalle Università capaci di stare sul mercato della formazione. Non c’è un minuto da perdere e siano bandite finalmente pigrizie, indolenze, inefficienze e resistenze passatiste.

 

* L'autore è docente di Storia dell’Industria e di Storia dell’Industria editoriale contemporanea nell’Università di Bari e componente dell’Ufficio Studi di Confindustria Puglia.