La misteriosa neolingua del “dosadí”

Marianna Rizzini

“Se dosadí Berlusconi, jo Vi dírek: ‘Queen e’ la porta’”. Uno legge il tweet di Alberto Zangrillo, medico del Cav., per giunta nel giorno della resa dei conti Fitto-Toti in Forza Italia, e subito si domanda se quel “dosadí” e quel “dírek” non siano per caso esercizi di esperanto.

“Se dosadí Berlusconi, jo Vi dírek: ‘Queen e’ la porta’”. Uno legge il tweet di Alberto Zangrillo, medico del Cav., per giunta nel giorno della resa dei conti Fitto-Toti in Forza Italia, e subito si domanda se quel “dosadí” e quel “dírek” non siano per caso esercizi di esperanto, la lingua neutra fondata nell’Ottocento da un oftalmologo polacco (ma riciclata da un’associazione pannelliana in lotta contro la “dittatura linguistica dell’inglese”). E mentre qualche non-nativo digitale studia la frase come fosse un rompicapo per esperti di Roman Jakobson e della teoria della comunicazione, l’utente medio (nativo?) ha già capito tutto, complice l’abitudine al dispositivo “smart” (vedi le volte che vuoi scrivere su WhatsApp “sa” ma ti esce per automatismo “sto arrivando”) e agli effetti nefasti dell’opponibilità del pollice (pollice che si piega per digitare messaggi, con errori a volte imbarazzanti, motivo per cui i non-nativi digitano con l’indice). E insomma piovono subito tweet che traducono Zangrillo mentre Zangrillo, come dirà poi al Foglio, è ancora al lavoro in ospedale: “Se io fossi Berlusconi, vi direi: Quella è la porta”. E se il dottore del Cav., prima di autocorreggersi con un altro tweet, dava la colpa “al correttore automatico”, il linguista Tullio De Mauro, poi interpellato, dubita (“ma questo casomai è un correttore turco!”) e ci vede, piuttosto, “parole da ubriaco”. Nella lingua “si formano dei cliché”, dice il glottologo e linguista Lucio D’Arcangelo, “e alla fine, anche se la frase è scorretta, riusciamo a interpretare”. Ma già qualcuno medita di adottare, nei prossimi tweet, il meraviglioso neologismo “dosadí”.

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  • Marianna Rizzini è nata e cresciuta a Roma, tra il liceo Visconti e l'Università La Sapienza, assorbendo forse i tic di entrambi gli ambienti, ma più del Visconti che della Sapienza. Per fortuna l'hanno spedita per tempo a Milano, anche se poi è tornata indietro. Lavora al Foglio dai primi anni del Millennio e scrive per lo più ritratti di personaggi politici o articoli su sinistre sinistrate, Cinque Stelle e populisti del web, ma può capitare la paginata che non ti aspetti (strani individui, perfetti sconosciuti, storie improbabili, robot, film, cartoni animati). E' nata in una famiglia pazza, ma con il senno di poi neanche tanto. Vive a Trastevere, è mamma di Tea, esce volentieri, non è un asso dei fornelli.