L'arcivescovo di Boston Sean O'Malley (foto Ap)

Formidabile alzata d'ingegno di O'Malley e repliche, chiesa Usa agitata

Matteo Matzuzzi

Se lui fosse stato al posto di Gesù Cristo, le donne direbbero messa come gli uomini, senza alcun problema, da duemila anni: “Sapete come la penso, se potessi fondare una chiesa, vorrei le donne prete”, ha detto a 60 Minutes l'arcivescovo cappuccino di Boston e riferimento prediletto di Papa Francesco negli Stati Uniti.

Roma. Se lui fosse stato al posto di Gesù Cristo, le donne direbbero messa come gli uomini, senza alcun problema, da duemila anni: “Sapete come la penso, se potessi fondare una chiesa, vorrei le donne prete”, ha detto a 60 Minutes il cardinale Sean O’Malley, arcivescovo cappuccino di Boston e riferimento prediletto di Papa Francesco negli Stati Uniti, con il quale comunica pressoché quotidianamente “via fax”. Il problema è che – ha aggiunto – la chiesa l’ha fondata Cristo “e ciò che ci ha lasciato è qualcosa di diverso”. Non credevano alle loro orecchie le decine di vescovi che da poco avevano lasciato Baltimora dopo aver partecipato all’assemblea autunnale in cui nulla di nuovo era accaduto – niente passione, leadership carente e la ripetizione d’una “agenda stantìa”, ha scritto l’ex direttore della rivista gesuita America, padre Thomas Reese – anche perché O’Malley ha nel frattempo definito “un disastro” l’indagine della congregazione per la Dottrina della fede che va avanti ormai da anni sulla Leadership Conference of Women Religious, l’associazione delle suore ribelli in tailleur che vorrebbe l’ordinazione femminile per “sanare quel vulnus d’ineguaglianza che c’è tra uomo e donna”, ed è aperta a discutere di aborto, contraccezione e questione omosessuale. Non a caso, un altro cardinale americano, l’ex prefetto del Sant’Uffizio, William J. Levada, le aveva accusate di andare “oltre Gesù e oltre la chiesa”.

 

[**Video_box_2**]A giudizio di O’Malley, in questi anni si è sbagliato tutto, a cominciare dal metodo con cui è stato trattato il dossier che riguarda il più importante gruppo di religiose negli Stati Uniti. Posizione abbastanza isolata, quella dell’arcivescovo di Boston, come dimostrano gli interventi degli altri vescovi suoi connazionali a sostegno della procedura istruita da Roma. Come ricordava qualche tempo fa al Foglio il vaticanista del Boston Globe John Allen, O’Malley di certo non può essere ascritto tra i cosiddetti progressisti: basti pensare alla sua posizione sull’aborto, da lui definito “un abominevole delitto” e alla questione più controversa che ha tenuto banco al recente Sinodo sulla famiglia, quella del riaccostamento alla comunione dei divorziati risposati: “Non vedo alcuna giustificazione teologica per cambiare l’atteggiamento della chiesa sulla riammissione dei divorziati risposati ai sacramenti”, diceva lo scorso febbraio. Conservatore sì, ma estraneo al gruppo dei “conservatori muscolari” che da più di due decenni guida l’episcopato americano, come dimostra la sua posizione pro immigrati, figlia anche della sua esperienza come fondatore del Centro Católico Hispano e di missionario nelle Isole Vergini. Un isolamento, quello di O’Malley, che è stato reso palese dalla bocciatura del presule nella votazione per i quattro delegati da inviare a Roma per il Sinodo ordinario del prossimo anno. L’episcopato americano ha eletto mons. Joseph Kurtz, il cardinale Daniel DiNardo, mons. Charles Chaput e mons. José Gomez. Scontata l’elezione dei primi due (rispettivamente presidente e vicepresidente della conferenza episcopale), meno lo era quella dell’arcivescovo conservatore di Philadelphia che aveva deplorato la “confusione emersa dal Sinodo” e dell’arcivescovo di Los Angeles (Opus Dei).

 

Niente da fare per O’Malley, che pure era in lizza. Il voto rappresenta anche un messaggio per Francesco, nota sempre il gesuita padre Reese: “Se avessero voluto mettersi totalmente sulla scia di Papa Francesco, i vescovi avrebbero eletto l’arcivescovo di Boston (il suo migliore amico nella gerarchia americana) e l’arcivescovo di Chicago, mons. Cupich, la sua prima grande nomina”. Invece, il successore del cardinale Francis George –  che si è insediato proprio ieri – è stato inserito nella lista delle due riserve, insieme a mons. Salvatore Cordileone, arcivescovo di San Francisco, considerato tra i pastori più conservatori degli Stati Uniti (tra i consacranti c’era Raymond Leo Burke), e protagonista della  Marcia per il Matrimonio che s’è tenuta lo scorso giugno a Washington.

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  • Matteo Matzuzzi
  • Friulsardo, è nato nel 1986. Laureato in politica internazionale e diplomazia a Padova con tesi su turchi e americani, è stato arbitro di calcio. Al Foglio dal 2011, si occupa di Chiesa, Papi, religioni e libri. Scrittore prediletto: Joseph Roth (ma va bene qualunque cosa relativa alla finis Austriae). È caporedattore dal 2020.