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Lo sciopero “sociale” e la metamorfosi del sindacato. Caro Sorel, adieu!

Francesco Forte

E’  nata una nuova categoria teorica del sindacalismo, quella dello “sciopero sociale”, che in Liguria presenta una variante, lo sciopero sociale solidale, che esclude dalla mobilitazione i lavoratori del Tigullio colpito dall’alluvione. Il venerdì è un giorno di “ponte” come il lunedì.

E’  nata una nuova categoria teorica del sindacalismo, quella dello “sciopero sociale”, che in Liguria presenta una variante, lo sciopero sociale solidale, che esclude dalla mobilitazione i lavoratori del Tigullio colpito dall’alluvione. Il venerdì è un giorno di “ponte” come il lunedì o la giornata prima delle vacanze pasquali o le feste di Capodanno e via elencando, anzi, pontificando. Mentre è conveniente scioperare a Genova di venerdì, anche se c’è stata l’alluvione, perché nel giorno di ponte ci si può dedicare ai lavori in casa. Non conviene invece in aree turistiche, come il Tigullio. Arrivano i visitatori per la vacanza settimanale: prima i parenti che non lavorano, o che staccano a mezzogiorno, e poi la sera arriva il papà che si è fermato in ufficio fino alle 17 o alle 18. Non sto ironizzando. Il termine sciopero “sociale” accostato a “generale”, sui manifesti che tappezzano la capitale, e la notizia degli esoneri per il Tigullio, mi hanno fatto riflettere sulla mutazione genetica del sindacato che quell’aggettivo esprime. Una mutazione non soltanto rispetto al movimento sindacale come cinghia di trasmissione della volontà del partito guida, di Antonio Gramsci e poi di Giuseppe Di Vittorio e di Luciano Lama, sino a Sergio Cofferati e a Susanna Camusso sua erede, ma anche rispetto al movimento sindacale del sociologo Georges Eugène Sorel come forza politica anti sistema.

 

Il punto cruciale della mutazione in atto è proprio quest’ultimo. Con la formazione, in Italia, di due partiti ex comunisti. Uno minoritario più a sinistra, anti sistema, formato anche da ex socialisti massimalisti. E uno maggioritario di stampo ex togliattiano-berlingueriano che si propone come partito di governo, il sindacato non era quasi più cinghia di trasmissione del partito “di lotta e di governo”. Il movimento sindacale con leadership della Cgil, passando da Di Vittorio a Lama e a Cofferati, mano a mano si era modificato da movimento “di lotta e di governo” a movimento “sia di lotta sia di governo” divenendo infine movimento “di governo con minaccia di lotta” attraverso, appunto, lo sciopero generale. Il segretario della Cgil Susanna Camusso, inizialmente erede di Cofferati, con il segretario dei metalmeccanici Fiom, Maurizio Landini, che voleva tornare a Lama, adesso ha dovuto rinunciare a quel modello tradizionale di sciopero generale mentre, già da tempo, insegue faticosamente Cisl e Uil nel tentativo di riagganciarli. La Confindustria ama ancora il patto neocorporativo, ma meno di prima. All’interno del Pd Matteo Renzi ha mandato in minoranza i simpatizzanti dell’alleanza con Camusso: ringhiano e brontolano, ma sono più di governo che di lotta.

 

[**Video_box_2**]A Camusso e Landini restava però il ritorno a Sorel, cioè la dottrina del sindacalismo puro, di contestazione politica al sistema. Un grande movimento autonomo organizzato a cui possono aggregarsi i partiti politici, divenendone cinghia di trasmissione anziché viceversa. Ma la conta delle forze in campo deve avere fatto capire che ciò ha fatto il suo tempo, perché nelle aziende ci sono molti meno operai di una volta e perché la maggioranza degli iscritti alla Cgil è costituita da pensionati o lavoratori anziani che stanno per andare in pensione e, comunque, si tratta di impiegati. L’accorgimento dello sciopero “ponte” serve ad aumentare le adesioni allo sciopero. Ma, anche così, lo “sciopero generale” come simbolo del sindacato nemico del sistema non funziona più, non perché gli scioperanti non sono abbastanza numerosi, ma perché il loro messaggio non è mobilitante. Gli inquietati e gli irritati sono più dei plaudenti. Dunque: “Sorel adieu!”. Anche tu vai in soffitta, dopo Marx, Lenin, Stalin e mezzo Gramsci (l’altro mezzo, quello poetico e filosofico delle “Lettere dal carcere”, si salva). Confesso che avevo molta simpatia per te, Sorel, per il tuo romanticismo e per l’acume delle tue analisi sociologiche. Adesso ci resta lo “sciopero generale sociale”, che è anche solidale, cioè con “esoneri” per gli alluvionati delle zone turistiche.

 

Riflettendo sulla parola “sociale” mi pare che abbia due significati: uno palese e uno subliminale. Il significato palese è quello del riferimento alla socialità, cioè a un obiettivo di benessere entro il sistema per tutti quelli che se la passano male, anziché di lotta contro il sistema capitalistico. Ma la domanda è: come ci si può illudere di dare a tutti questa difesa, tassando tutti? Ciò è illusorio, anche perché i ricchi non sono facilmente tassabili: possono sempre mettere la sede in Lussemburgo e la residenza a Sankt Moritz. Mi viene in mente Sorel con le sue “illusioni del progresso”. Ma c’è, in questo aggettivo, anche un messaggio nascosto. La parola “sociale”, vale anche dire della “ditta”, cioè della corporazione sindacale. Non si dice forse “cena sociale”, “gita sociale”, “sconto sociale” per indicare le opportunità e le iniziative della “nostra” associazione?

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