Xi Jinping

Xi Jinping "il disruptor"

Eugenio Cau

I due volti del presidente cinese, che ha imparato da Vladimir Putin a gestire i rapporti con l'America. Nonostante l'accordo storico con Obama.

Il vertice Apec che si chiude oggi ha mostrato le due facce del presidente cinese Xi Jinping in politica estera. Questa mattina, ora di Pechino, Xi e il presidente americano Barack Obama hanno presentato un accordo bilaterale su clima, difesa e tecnologia che è storico ed è una pietra miliare nei rapporti tra i due paesi, anche se più per ragioni di carattere simbolico che pratico. Sul clima, per esempio, alcuni commentatori dicono che la preoccupazione di Xi era più quella di dare un segnale in patria contro l’inquinamento che asfissia Pechino e le altre metropoli piuttosto che una sincera preoccupazione per i livelli di Co2, e i due accordi sul confronto bellico non risolveranno le dispute nel mar Cinese. Ma la semplice esistenza di questi accordi (e della fragilissima distensione con il premier giapponese Shinzo Abe) è un passo avanti difficilmente immaginabile fino a pochi giorni fa, un segno che la Cina potrebbe avere intenzione di integrarsi più profondamente nella comunità internazionale. Questa però è solo una delle due facce mostrate da Xi in questi giorni, l’altra è decisamente più cupa.

 

Accanto all’accordo storico con Obama, durante il vertice Xi ha dimostrato anche di aver studiato attentamente il suo omologo russo Vladimir Putin e alcuni indizi fanno pensare che il presidente cinese, il più potente da generazioni, più che un buon partner nel mantenimento degli equilibri mondiali, potrebbe diventare il suo principale “disruptor”, un ruolo che negli ultimi anni è stato del presidente russo. Xi e Putin sono molto vicini, hanno un rapporto personale di rilievo e hanno mostrato più volte di ammirarsi a vicenda. Alcune regole del libro del caos di Putin, Xi le sta ripetendo alla lettera.

 

Primo: niente complessi di inferiorità. Gli accordi con l’America sono anche il frutto di un cambio di atteggiamento della Cina, che si sente una superpotenza come e più degli Stati Uniti. Per la prima volta Xi ha abbandonato i discorsi sulla Cina come paese in via di sviluppo, le lamentele sul passato coloniale dell’occidente, e ha dominato il vertice Apec come il vero sovrano della regione. La Cina vuole essere un interlocutore di pari livello, è pronta a rivendicare il ruolo che le spetta nel mondo, e questo significa essere pronti anche allo scontro.

 

Secondo: saper approfittare della buona fede del tuo interlocutore. Scrive Zachary Keck sul Diplomat che in realtà gli accordi sul clima di oggi sono più che altro la ripetizione di vecchie promesse da parte di Pechino. Il picco di emissioni di gas Co2 nel 2030, data dopo la quale inizierà la riduzione delle emissioni, lungi dall’essere una novità, era già stato previsto due anni fa, e lascia a Pechino altri 15 anni di margine, mentre l’America dovrà lavorare alla riduzione dei gas inquinanti fin da subito. Di contro, gli accordi militari (che prevedono di avvertirsi l’un l’altro in caso di attività militari come gli addestramenti e nuovi protocolli di sicurezza quando due mezzi si incontrano via terra o via mare) sono una concessione notevole da parte di Washington, e daranno a Xi un’arma potente per tenere lontane le intrusioni americane in quella che ritiene l’area di influenza cinese.

 

[**Video_box_2**]Terzo: marcare il territorio. Xi si sarà anche accordato con Obama, ma continua a spingere forte per un piano di unione economica dell’area asiatica che contrasta ed esclude la Trans pacific partnership promossa da Obama. Soprattutto, la Cina ha rivelato negli stessi giorni dell’Apec la “strategia della nuova via della seta”, un progetto da 40 miliardi di dollari (una cifra che solo Pechino oggi può permettersi di spendere) per creare nell’Asia centrale e meridionale strade, porti, ferrovie e infrastrutture, e un’area di libero commercio di cui la Cina sarà l’ovvio dominatore. Il Wall Street Journal ha chiamato la nuova via della seta “il piano Marshall della Cina”, e le strade e le ferrovie che si irradieranno da Pechino manderanno un chiaro segnale su chi è la vera potenza nella regione.

 

Quarto: sorridenti fuori, feroci dentro. Accanto alle strette di mano con Obama, la propaganda anti americana e anti occidentale non è mai stata così diffusa in Cina. Il governo di Xi Jinping ha riportato in auge il tema delle “forze ostili” (americane, soprattutto) che minacciano il paese e sono responsabili di tutte le crisi, dalle proteste a Hong Kong (un’operazione americana, come la rivoluzione a Kiev) ai problemi in Tibet e nello Xinjiang. Di recente Xi ha elogiato pubblicamente il blogger Zhou Xiaoping, uno che ha scritto che il modo in cui l’occidente tratta la Cina è simile al trattamento che Hitler ebbe per la popolazione ebraica. I media di stato pubblicano servizi ultranazionalisti e anti americani, e soltanto quest’anno gli articoli del Giornale del popolo che incolpavano forze “occidentali” o “straniere” dei problemi della Cina sono stati 42, quasi il triplo dell’anno scorso.

 

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Alla fine della conferenza stampa congiunta tenuta con Obama dopo l’annuncio degli accordi, oggi Xi ha risposto a una domanda di un giornalista su Hong Kong. Le proteste degli studenti sono “illegali”, ha detto, “la legge e l’ordine devono essere ripristinati”. A molti sono venuti i brividi. Una dichiarazione così dura, e fatta in maniera così esplicita poco dopo un incontro di alto livello con il presidente americano, può significare repressione, o perfino i carri armati. Il vertice Apec sta finendo, la vetrina internazionale si chiuderà, e Xi sta perdendo la pazienza con gli studenti accampati a Central.

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  • Eugenio Cau
  • E’ nato a Bologna, si è laureato in Storia, fa parte della redazione del Foglio a Milano. Ha vissuto un periodo in Messico, dove ha deciso di fare il giornalista. E’ un ottimista tecnologico. Per il Foglio cura Silicio, una newsletter settimanale a tema tech, e il Foglio Innovazione, un inserto mensile in cui si parla di tecnologia e progresso. Ha una passione per la Cina e vorrebbe imparare il mandarino.