Uomini di Ansar Beit al Maqdis con degli ostaggi catturati in Sinai

Fedeltà a Baghdadi

Daniele Raineri

Gli emissari del califfo ottengono i primi risultati. Quattro giuramenti, il più importante arriva dall’Egitto.

Roma. Mentre si consuma una quantità enorme di tempo a capire se il capo dello Stato islamico è vivo o morto, facendo affidamento perlopiù su un paio di tweet falsi e su una foto altrettanto finta e risalente almeno a un mese prima del raid “fatale” (un uomo barbuto qualsiasi morto nella polvere), tra i gruppi del jihad c’è una svolta piena di conseguenze, presenti e potenziali. Lo schieramento di Abu Bakr al Baghdadi ha mandato emissari in giro per il mondo per creare una rete di “partner da lontano” e ora sta cominciando a raccogliere i frutti di questa strategia. Si tratta di un’operazione che potrebbe essere cominciata con l’annuncio della creazione del Califfato, alla fine di giugno (il primo giorno del mese sacro di Ramadan). Del resto, che Califfato sarebbe se non pretendesse di essere riconosciuto in altre nazioni?

 

Lunedì sono arrivati quattro giuramenti di fedeltà ad Abu Bakr al Baghdadi da quattro gruppi differenti che operano in Egitto, Yemen, Libia e Algeria. Le dichiarazioni sono arrivate nello spazio di poche ore con quattro audio che sono stati presentati su internet in modo identico (cambia soltanto il nome), e si capisce che c’è stato un coordinamento.

 

Il più importante è quello che viene da Ansar Beit al Maqdis, “I Partigiani della casa santa”, dove la casa santa sta per Gerusalemme. Il gruppo è il più pericoloso in Egitto e ha ucciso centinaia di poliziotti e soldati tra il deserto occidentale e la penisola del Sinai e, secondo David Kirkpatrick, corrispondente dal Cairo del New York Times che ieri ha scritto un articolo informato, sta compiendo “raid sempre più complessi”. Da tempo Ansar esprimeva nei comunicati una simpatia crescente per lo Stato islamico, e a ottobre ha mandato due messaggeri in Siria a parlare con i leader dello Stato islamico, promettendo la dichiarazione di obbedienza a Baghdadi in cambio di armi e soldi.

 

E’ una svolta vistosa nella rivalità tra Stato islamico (il nuovo mondo) e al Qaida (il vecchio mondo): il califfo s’è preso gli egiziani, che hanno fatto una scelta definitiva e hanno preferito lui ad Ayman al Zawahiri, capo di al Qaida e storico esponente del jihad egiziano.

 

[**Video_box_2**]Il governo egiziano dell’ex generale Abdel Fattah al Sisi combatte contro Ansar Beit al Maqdis con operazioni militari nel Sinai – grazie al consenso di Israele, che deve concedere la sua autorizzazione al livello di forze che il Cairo schiera in quell’area demilitarizzata secondo il trattato di pace di Camp David. L’esercito egiziano sta distruggendo le case alla frontiera con la Striscia di Gaza, per creare una zona di sicurezza e sta usando la mano pesante – secondo i testimoni locali, ma i reportage giornalistici da là sono rari. La trasformazione di Ansar in un pezzo dello Stato islamico è in fondo una buona notizia per il governo del Cairo, che da lunedì combatte contro un nemico più riconoscibile e può sperare che la comunità internazionale chiuda un occhio sulla situazione dei diritti umani – se vale persino per Assad, può valere a maggior ragione per l’Egitto.

 

Il gruppo egiziano è comandato da un leader che si chiama Abu Osama al Masri e a causa della pressione dell’esercito potrebbe lasciare il Sinai e sparpagliarsi nelle città e lungo la valle del Nilo. Una fazione dissidente del gruppo è contraria a questa affiliazione e potrebbe decidere di passare con al Qaida. Sarebbe una riproposizione in Egitto della spaccatura tra jihadisti che esiste già in Siria tra chi sta con il Califfato e chi sta con il gruppo Jabhat al Nusra.

 

Ansar Beit al Maqdis è il solo caso di gruppo passato nella sua interezza sotto lo Stato islamico. Gli emissari di Baghdadi in genere non stanno ottenendo giuramenti di fedeltà da gruppi integri, ma soltanto da fazioni marginali di dissidenti. In Algeria e in Yemen (e anche in Pakistan) i gruppi contano poche decine di uomini ciascuno. 

 

La dichiarazione di fedeltà che arriva dalla Libia contiene informazioni interessanti. Il capo dello Stato islamico in Libia è uno yemenita, Abu Baraa al Azdi, arrivato dalla Siria con altri reduci libici. Il messaggio audio non si riferisce soltanto a Derna, una piccola città costiera vicino Bengasi che da sempre è un punto forte degli islamisti (ieri un attivista locale è stato decapitato) ma anche al Fezzan, che è il sud del paese, e alla zona di Tripoli. Per ora è soltanto un annuncio, ma anche due anni fa in Siria gli uomini di Baghdadi erano poche decine.

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  • Daniele Raineri
  • Di Genova. Nella redazione del Foglio mi occupo soprattutto delle notizie dall'estero. Sono stato corrispondente dal Cairo e da New York. Ho lavorato in Iraq, Siria e altri paesi. Ho studiato arabo in Yemen. Sono stato giornalista embedded con i soldati americani, con l'esercito iracheno, con i paracadutisti italiani e con i ribelli siriani durante la rivoluzione. Segui la pagina Facebook (https://www.facebook.com/news.danieleraineri/)