Hillary Clinton (foto AP)

Povera nonna Hillary

Paola Peduzzi

Dicono che se l’aspettavano, i democratici, che il risultato era prevedibile, da mesi non si fa che ripetere che i repubblicani avrebbero stravinto alle elezioni di midterm, eravamo pronti. Poi però ti accorgi che non ci sono nemmeno le parole per definire quel che è accaduto nella notte di martedì.

Milano. Dicono che se l’aspettavano, i democratici, che il risultato era prevedibile, da mesi non si fa che ripetere che i repubblicani avrebbero stravinto alle elezioni di midterm, eravamo pronti. Poi però ti accorgi che non ci sono nemmeno le parole per definire quel che è accaduto nella notte di martedì: se già nel 2010 si parlava di “shellacking” (sconfitta tremendissima) dei democratici, cosa ci inventiamo oggi? Così si sente forte lo strillo di Michael Moore, che su Twitter scrive “INSANE” (trattenendosi con i punti esclamativi perché non si possono sprecare caratteri per la troppa indignazione) e spiega: la maggior parte degli americani è per i diritti civili, dei gay, delle donne, vuole leggi per proteggersi dal cambiamento climatico e per alzare lo stipendio minimo e poi lascia che sia la minoranza a eleggere un Senato repubblicano. Roba da matti, in effetti. Ma se il regista antisistema può preoccuparsi della sostenibilità politica di un’evidente schizofrenia, c’è chi ha ben altro da rimuginare – da piangere, sarebbe meglio dire. Pensiamo a Hillary Clinton, la candidata-non-candidata alle presidenziali del 2016, la signora del Partito democratico rinata al dipartimento di stato nell’Amministrazione di Barack Obama, costretta poi a prenderne le distanze quando la tossicità presidenziale s’è rivelata letale, la donna di potere, rassicurante e ironica, la neo nonna felice che deve gestire il patrimonio clintoniano affidandosi all’azionista principale, Bill Clinton, e allo stesso tempo ritraendosene.

 

Hillary ha chiuso il tour elettorale degli ultimi due mesi – 45 eventi, 18 stati battuti – con una notte che deve averla fatta sentire ancora più stanca e più vecchia di quando scendeva dall’aereo dopo l’ennesimo viaggio diplomatico, durante gli anni a Foggy Bottom, e si metteva due mollettine nei capelli per sembrare più sbarazzina. Rand Paul, che come altri repubblicani ha cercato di dipingere queste midterm come un referendum sui Clinton, ha subito detto a Fox News che il “rifiuto” nei loro confronti è incontestabile. La gran parte dei candidati sostenuti dalla ditta Clinton ha perso, e hai voglia a dire che era scritto, hai voglia a ricordare che le presidenziali sono tutta un’altra faccenda rispetto alle elezioni di metà mandato: oggi chi ci ha messo la faccia, tra i democratici, l’ha perduta. Il giornalista Andrew Romano azzarda: la vincitrice di questa tornata elettorale è Hillary. Cosa? Non ridete, scrive Romano, prendete la mappa elettorale oggi e quella che si dovrà formare nel novembre del 2016 e fate due calcoli: “Per ogni seggio al Senato che i repubblicani hanno conquistato quest’anno ce n’è uno, o più, che probabilmente ritornerà ai democratici nel 2016”, quando 23 dei 33 seggi per cui si andrà a votare saranno repubblicani, e quindi il “voto contro” sarà a loro svantaggio. Il terreno è fertile per i democratici, quindi. Sarà, ma per ora si sente soltanto l’aridità quando i repubblicani dicono che la campagna per il 2016 inizia oggi e ostentano un ghigno spaventoso all’idea che tocca a Hillary muovere il primo passo: deve ancora dire se si candida o no.

 

[**Video_box_2**]Il prossimo appuntamento elettorale sarà in Iowa, nel gennaio 2016: le primarie. Maggie Haberman, massima esperta del clintonismo in forze a Politico, scrive un articolo rassicurante il cui sottotesto è “non tutto è perduto per Hillary”, ma sottolinea “il mal di testa dell’Iowa”. Hillary è andata più volta nell’Hawkeye State in queste settimane, un po’ per sostenere i suoi candidati un po’ perché qui si terranno i caucus che inaugurano le primarie, quelli che già nel 2008, quando Hillary correva contro Obama, erano stati disastrosi. Uno degli elementi retorici della Clinton da sempre suona così: l’Iowa non elegge mai le donne. Solo che l’altra notte l’ha fatto: è stata eletta al Senato la repubblicana Joni Ernst, di cui avrete sicuramente sentito parlare. E’ quella che castra i maiali e che da piccola non s’è mai comprata un vestito perché glieli cuciva tutti la mamma, la soldatessa che quando stava al college era stata in Unione sovietica per uno scambio tra studenti e aveva capito che per la libertà bisogna battersi, la moglie di un signore ciarliero che ha definito Hillary “una befana bugiarda”. E’ la Ernst che ora maneggia lo stato tanto battuto dai Clinton, e in due anni tutto può cambiare, certo, i numeri e il momentum, ma il mal di testa oggi c’è, e ci sono già state le lacrime, le rughe spiattellate in foto invero maleducate, la difficoltà di fronte a un mondo che sa come farti sentire una befana.

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  • Paola Peduzzi
  • Scrive di politica estera, in particolare di politica europea, inglese e americana. Tiene sul Foglio una rubrica, “Cosmopolitics”, che è un esperimento: raccontare la geopolitica come se fosse una storia d'amore - corteggiamenti e separazioni, confessioni e segreti, guerra e pace. Di recente la storia d'amore di cui si è occupata con cadenza settimanale è quella con l'Europa, con la newsletter e la rubrica “EuPorn – Il lato sexy dell'Europa”. Sposata, ha due figli, Anita e Ferrante. @paolapeduzzi