Funerale della nota politica, e nemmeno di prima classe

Giuliano Ferrara

Perché è una boiata? Perché è inevitabilmente pensosa e pomposa. L’informazione ufficiosa e di palazzo ha sempre celebrato il sogno immobilista di fermare ciò che si muove.

Ezio Mauro direttore di Repubblica ha acquisito una firma prestigiosa, la firma di un amico, per la nota politica, detta “il punto”. E’ Stefano Folli, già direttore del Corriere, e per alcun tempo notista del Sole 24 Ore. Ieri l’esordio. Connotato da un addio all’ex, da parte del direttore del Sole 24 Ore, che certifica la morte della nota politica con citazioni di un mostro sacro del giornalismo italiano, il compianto Enzo Forcella, che cominciò a calcare la scena pubblicistica che conta nel gruppo del celebrato “Il Mondo” di Benedetti e Pannunzio. In bocca al lupo a Mauro e a Folli, ma la nota politica è una boiata pazzesca. Questo giornale, in parte, è nato per stroncare la nota politica, relegata a poche righe di una saltuaria rubrica di informazione sull’evoluzione del palazzo dei partiti e delle istituzioni, nelle 24 ore, chiamata “la situazione”. Quando ero al Corriere a metà degli anni Ottanta il grande Alberto Ronchey e l’amico Piero Ostellino mi diedero da fare una non-nota politica chiamata “Taccuino”, anche quel titolo eredità del Mondo. Ostellino direttore insisteva: “Non devi fare la nota politica, devi istruire tre, quattro spunti di notizia e dare ad essi un taglio di interpretazione e curiosità di palazzo”. Non era facilissimo, feci del mio meglio.

 

Ma perché è una boiata, la nota politica? Perché è inevitabilmente pensosa e pomposa. Esprime la pretesa di guidare il lettore con uno schema precostituito, a occhio e croce quello dell’ufficiosità, dentro la foresta di simboli e di accadimenti random, causale, che è la lotta politica quotidiana. Ufficioso vuol dire quel che non è contenuto nei documenti ufficiali, quel che sta dietro le scelte pubbliche, ma non come causa e retroscena o teatro bensì come interpretazione editoriale e politica destinata all’interesse dei professionisti della vita pubblica, sempre di lato rispetto al senso comune, alla curiosità del lettore di massa, del pubblico generico, invariabilmente soppiantato dalla lettura di establishment. Era una cosa utile quando i giornali servivano a forgiare l’opinione del notaio dell’Aquila, dell’avvocato di Verona, del sindaco di Catanzaro, dei parlamentari accorsi da per ogni dove a miracol mostrare nella capitale. Se a qualcosa oggi servano, i giornali, è misterioso. Ma a quello non servono o non più, e da tempo. Quel pubblico è scomparso o non conta.

 

[**Video_box_2**]Da anni il notista serve una specialità fuori menu. Per gente rada e di poco appetito. Cerca di fermare ciò che è mobile, di ancorarlo a vociferazioni prese con pinze rispettose dal Quirinale, potere sommo del vecchio sistema, con il contorno di burocrazie giuridiche e parlamentari varie. Il notista è fuori dall’evoluzione del linguaggi, condivide con il retroscenista vecchio stile la mancanza di presa sui fatti, che idolatra mentre questi si tengono a distanza da lui, pazzotici come sono diventati, e il notista non sta nelle rivoluzioni di linguaggio e di comportamento che fanno epoca da vent’anni. Infatti la nota buca quasi sempre l’essenziale. L’essenziale è nella ricerca, nel taglio interpretativo ex ante più che nella sistemazione pigra ex post.

 

Todos caballeros, ovvio, e tanti auguri, sperando che l’investimento di Mauro sia redditizio, la professionalità di Folli ben remunerata da notizie e intelligenza delle notizie. Può succedere, anche questo è ovvio. Ma la forma musicale della nota politica è inguaribilmente ammalata di vecchiaia, e la nota si legge come un documento del palazzo, per capire il significato di certe imbeccate, più che documento sul palazzo politico e sulla sua tumultuosa, velocissima, scombussolata vita nei tempi moderni e addirittura contemporanei.

  • Giuliano Ferrara Fondatore
  • "Ferrara, Giuliano. Nato a Roma il 7 gennaio del ’52 da genitori iscritti al partito comunista dal ’42, partigiani combattenti senza orgogli luciferini né retoriche combattentistiche. Famiglia di tradizioni liberali per parte di padre, il nonno Mario era un noto avvocato e pubblicista (editorialista del Mondo di Mario Pannunzio e del Corriere della Sera) che difese gli antifascisti davanti al Tribunale Speciale per la sicurezza dello Stato.