Scontri tra giovani palestinesi e le forze di sicurezza israeliane dopo l'uccisione dell'attentatore Muatnaz Hijazi (foto AP)

Crisi a Gerusalemme

Redazione

Israele chiude (e riapre) i siti sacri nella città vecchia, per i palestinesi “è una dichiarazione di guerra”.

Milano. Ieri, a Gerusalemme vecchia, le autorità israeliane hanno chiuso l’accesso alla Spianata delle moschee, e subito la mente è tornata al 2000, all’ultima volta che quest’area sacra era stata chiusa, alla visita dell’allora premier d’Israele Ariel Sharon e a quello che è arrivato dopo: la Seconda Intifada. I rimandi storici, in questo lembo di terra conteso, sono sempre dolorosi e talvolta allarmistici, ma l’aria di Intifada qui si respira già da quest’estate, quando era scoppiata la guerra tra Israele e Hamas a Gaza. Ci sono scontri quotidiani, scaramucce che a volte provocano vittime, la settimana scorsa un’auto guidata da un militante di Hamas è entrata sulla banchina di una stazione uccidendo una neonata, e mercoledì è stato colpito dagli spari di un uomo su una moto Yehuda Glick, attivista israeliano (è in terapia intensiva, ferito gravemente).

 

Proprio dall’attacco a Glick è partita la crisi, destinata a non risolversi a breve. Da tempo tutti aspettano un pretesto per poter far diventare la guerriglia a bassa intensità uno scontro diretto. Ieri mattina un’unità di antiterrorismo di Tsahal ha ucciso un palestinese sospettato di essere l’attentatore di Glick, Muatnaz Hijazi, trentaduenne che secondo le ricostruzioni dei media aveva passato alcuni anni in prigione: i militari hanno circondato l’edificio in cui c’era Hijazi, sono stati attaccati con colpi di pistola e hanno risposto, uccidendo il ragazzo. Nelle ore successive la tensione è salita soprattutto nei pressi del Monte del Tempio – non che la situazione sia mai calma, ma ieri pareva quasi fuori controllo, al punto che il governo di Netanyahu ha deciso la chiusura dell’ingresso: nemmeno al muezzin è stato concesso il passaggio. “Una dichiarazione di guerra”, ha detto un portavoce dell’Autorità palestinese guidata da Abu Mazen, “colpire i siti sacri all’islam e alla cristianità è una linea rossa” che l’Anp non permetterà a Israele di sorpassare. In serata la polizia israeliana ha riaperto il sito, ma ha detto che domani, giorno di preghiera per i musulmani, gli uomini sotto i 50 anni non saranno ammessi alla spianata. Israele teme che dopo la preghiera inizi un nuovo “venerdì della rabbia” e ci siano altri scontri.

Di più su questi argomenti: