Susanna Camusso

Che si è fumata la Camusso?

Redazione

Susanna Camusso vede i “poteri forti” alla base del governo di Matteo Renzi. E’ una prova degli effetti allucinatori dell’ideologia, ormai degradata a pura propaganda, priva del metodo di analisi differenziata che, con tutti i suoi limiti, aveva reso credibile anche la visione classista proposta dalla sinistra italiana.

Susanna Camusso vede i “poteri forti” alla base del governo di Matteo Renzi. E’ una prova degli effetti allucinatori dell’ideologia, ormai degradata a pura propaganda, priva del metodo di analisi differenziata che, con tutti i suoi limiti, aveva reso credibile anche la visione classista proposta dalla sinistra italiana.

 

Già parlare di poteri forti nel sistema economico italiano è un azzardo, stabilire che essi siano guidati da Sergio Marchionne, che si è dovuto separare da Confindustria perché non trovava sostegno adeguato alle sue esigenze aziendali, è addirittura patetico. Casomai un dirigente sindacale, se è davvero convinto che la grande industria sia diventata l’ispiratrice della politica di un governo imperniato sul partito della sinistra, dovrebbe chiedersi come mai l’influenza delle rappresentanze del lavoro sia diventata talmente irrilevante da essere surclassata da quella di una imprenditoria che non è certo in gran forma. Ma proprio qui entra in ballo la falsa coscienza (che è poi la definizione che Carlo Marx dava dell’ideologia): se il mio sindacato non riesce a influire sulla politica di un governo di sinistra vorrà dire che quel governo è, come si diceva nell’Ottocento, un comitato d’affari della borghesia.

 

[**Video_box_2**]Un sindacato che rifiuta una politica, anche se sostenuta da un esecutivo di sinistra, ha il diritto di promuovere il conflitto, come hanno fatto i sindacati spagnoli contro il governo Zapatero o quelli tedeschi contro quello Schröder, ma non pretende il diritto inesistente a esercitare una sorta di diritto di veto preventivo, che in Italia ha preso il nome di concertazione. Solo che il conflitto è stato degradato dalla Cgil nel corso dell’ultimo decennio a esibizione inutile di manifestazioni e di scioperi detti generali ma che non hanno inciso per nulla. Per cercare di dare alla mobilitazione rachitica una motivazione più robusta, si torna all’antica solfa della lotta contro “il governo dei padroni”. Come utilità marginale, con questa esibizione di antagonismo verbale, la segretaria della Cgil punta forse a scavalcare l’estremismo agitato di Maurizio Landini, il segretario dei metalmeccanici che invece era sembrato voler scavalcare la Camusso con una strumentale apertura di credito, immediatamente ritirata, ai propositi innovativi di Renzi. In tutto questo gioco di specchi, quel che manca del tutto è una consapevolezza delle condizioni reali, a cominciare da quelle dei lavoratori, che rischiano di cronicizzare una condizione di crisi e di stagnazione se non si introducono le correzioni necessarie a un sistema paralizzato. Queste correzioni possono essere diverse da quelle proposte da Renzi, ma devono fare i conti con la realtà, invece di fuggire nell’utopia di una massa straordinaria di investimenti pubblici finanziati da una patrimoniale.

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