Matteo Renzi e Angela Merkel (foto LaPresse)

A mali estremi, estreme manovre

Marco Valerio Lo Prete

“Le misure adottate nella legge di stabilità, seppur positive, sono totalmente insufficienti a fare superare al paese la spirale recessione-deflazione”. L’allarme di CDB su deflazione e manovra. Girotondo di economisti

Roma. “Renzi ha dimostrato di essere un eccellente politico e quindi saprà fare la sua parte in Europa”, ha scritto sul Foglio Carlo De Benedetti. Tuttavia, per il patron dell’Espresso, “le misure adottate nella legge di stabilità, seppur positive, sono totalmente insufficienti a fare superare al paese la spirale recessione-deflazione”. La discesa dei prezzi in terreno negativo, con il suo impatto su consumi, investimenti e debiti (pubblici e privati), finora è stata perlopiù sottovalutata, secondo CDB. Colpa anche di un “dogmatismo di regole superate” nell’Eurozona e della “storica paura tedesca dell’inflazione”. Invece di discutere con la Commissione Ue di decimali di correzione della manovra, meglio “investire nell’economia 48 miliardi, lasciando aumentare il rapporto deficit/pil di tre punti e operando un draconiano taglio di tasse del lavoro”. Mentre il piano Juncker di investimenti europei per 300 miliardi in tre anni dovrebbe almeno raddoppiare. 

 

“Certo, un mondo che ha tirato troppo la corda dell’indebitamento, prima per puntellare sistemi pensionistici e sanitari, poi per rispondere alla crisi, in una congiuntura che tende alla deflazione rischia di non riuscire più a ripagare questi debiti”, dice al Foglio Marco Fortis, vicepresidente della Fondazione Edison e docente alla Cattolica di Milano. “E’ vero pure che l’Europa, con accordi come Fiscal compact, è come se – per usare una metafora calcistica – avesse schierato il catenaccio. Ma alla fine del primo tempo perde sei a zero. Vogliamo o no inserire qualche attaccante? Una Commissione Ue più razionale sarebbe più collaborativa di quanto è oggi con il governo italiano. Ma l’esecutivo, spingendo il deficit al 2,6 per cento dal 2,2 previsto, ha ottenuto quello che realisticamente si poteva ottenere”. Dopo aver letto l’intervento di CDB, Riccardo Realfonzo, docente di Economia all’Università del Sannio, osserva che “aumenta giorno dopo giorno la consapevolezza di quel che 400 economisti denunciarono già nel 2010: l’austerità impedisce all’Eurozona di tornare a crescere e accentua i divari tra centri e periferie. Oggi la deflazione è un ulteriore segnale del fatto che la domanda aggregata è stata spinta molto al di sotto del potenziale produttivo europeo”. Il governo Renzi fa troppo poco “rispetto alle attese di molti”: “Addirittura, la legge di stabilità continua a stare dentro la regola del 3 per cento di deficit e continua a fissare un avanzo primario per il 2015”. Piuttosto, “sfondare il tetto del 3 per cento è indispensabile – dice Realfonzo – ma per rilanciare gli investimenti pubblici e le politiche industriali: tagliare la spesa pubblica per finanziare la riduzione della pressione fiscale avrebbe effetti ulteriormente depressivi”.

 

[**Video_box_2**]Francesco Daveri, professore all’Università di Parma e animatore di Lavoce.info, dice che “la riduzione dell’inflazione degli ultimi anni per circa l’85 per cento è dipesa dal calo del prezzo delle materie prime, conseguente alla rivoluzione dello shale gas negli Stati Uniti, al rallentamento della domanda della Cina e altri fattori”. Detto ciò, per contribuire a invertire “l’attuale situazione di bassa inflazione, gli interventi efficaci possono arrivare soltanto dal livello europeo e forse i dati negativi sulla crescita in Germania spingeranno a fare passi in avanti, sulla falsa riga di quelli che hanno avuto successo, come l’unione bancaria e gli stress test”. Daveri è più ottimista di CDB sulle future mosse della Banca centrale europea: “Alla fine è probabile che, per bilanciare le tendenze deflazionistiche, i tedeschi la lasceranno intervenire con acquisti sul mercato secondario”. Sostiene Nicola Rossi, economista dell’Università Tor Vergata di Roma: “Pur ammettendo che il tema sia quello del rilancio della domanda, si tratta di un problema che può essere risolto solo a livello europeo. Dopo l’intervento dell’Ue, la manovra italiana prevede un deficit di circa 7 miliardi e una crescita addizionale dello 0,1 per cento, cioè 1,6 miliardi. Facciamo debito per 7 per portare a casa un incremento di 1,6. Ciò accade perché abbiamo all’interno del sistema due idrovore che assorbono ogni liquidità: banche e fisco, basti vedere gli effetti degli 80 euro e dei pagamenti dei debiti della Pa”. Anche secondo Rossi, dunque, “il problema dovrebbe essere affrontato con un’iniziativa europea, ribaltando la strategia finora adottata: rispetto dei vincoli Ue, ma pretesa che il piano Juncker riguardi solo i paesi che rispettano i vincoli. Disciplina fiscale in cambio di investimenti europei”.

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