Gianni Cuperlo e Stefano Fassina (foto LaPresse)

Renzi e il Tirannosauro

Redazione

La vittoria renziana sulla Cgil e sulla minoranza interna al Pd è perfino autoevidente. E questo di là dai numeri di piazza San Giovanni (gonfiati come sempre) e di là dai volti grigi e dagli argomenti estenuati dei rivoltosi democrat. Ma c’è modo e modo di vincere.

La vittoria renziana sulla Cgil e sulla minoranza interna al Pd è perfino autoevidente. E questo di là dai numeri di piazza San Giovanni (gonfiati come sempre) e di là dai volti grigi e dagli argomenti estenuati dei rivoltosi democrat. Ma c’è modo e modo di vincere. Per esempio si può sottovalutare la capacità d’interdizione e rallentamento degli sconfitti. Se l’identificazione tra la Leopolda e l’elettorato del Pd è ormai consolidata, bisogna comunque considerare che una scissione di fatto si è ormai prodotta all’interno della nomenclatura leftist e del principale sindacato italiano. Se l’amalgama degli sconfitti dovesse riuscire con passabile successo, Renzi non si ritroverà alla sua sinistra una Linke qualsiasi, vale a dire un partito identitario e di testimonianza, elettoralmente ininfluente, sul modello del tedesco Oskar Lafontaine. Quella cosa c’è già e si chiama Sel, è guidata da un poeta pugliese e ispirata da un promettente giovanotto greco, Alexis Tsipras, ma nelle urne fa più tenerezza che paura. Il rischio che corre Renzi è di ben altro calibro: la nascita di una formazione veterolaburista fondata sul dato di necessità, dotata di massa critica altrimenti ineffettuale e diretta, leninisticamente parafrasando, dal partito-retroguardia dei Fassina e delle Bindi, dei Cuperlo e dei Civati.

 

Come una specie di Tirannosauro, il lucertolone carnivoro bipede vissuto in epoche remotissime (pesava sette tonnellate ma pare fosse abile nell’arte dell’agguato), la vecchia sinistra anti renziana si gioverebbe di una struttura lenta ma capillare come quella della Cgil e di buona parte dei quadri militanti post diessini; e avrebbe come obiettivo principale, oltre alla sopravvivenza personale dei suoi dirigenti, il presidio di uno spazio ideale infecondo ma non minuscolo, alimentabile da un serbatoio elettorale di pensionati e di statali che alle ultime elezioni hanno votato Renzi in assenza di alternative. Ecco, per la prima volta questa alternativa potrebbe manifestarsi all’esterno della Leopolda, organizzandosi in blocco sociale conservativo e minoritario, ma nondimeno roccioso. Le rocce non hanno la virtù della sveltezza e non possono contendere la guida dei processi politici a chi abbia la giovinezza, la popolarità e l’allure riformista di Renzi. Ma ci si può inciampare sopra, il che interrompe la corsa e può provocare ammaccature dolorose. Meglio essere pronti.

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