Azar Nafisi

La Lolita moralistica

Redazione

Con il suo primo libro, “Leggere Lolita a Teheran”, Azar Nafisi aveva infatuato generazioni di occidentali e venduto un milione di copie. Nafisi aveva creato l’illusione che “Cime tempestose”, “Il Grande Gatsby”, “Lolita”, “Alice nel paese delle meraviglie” e “Madame Bovary” potessero la cambiare la Rivoluzione di Khomeini.

Con il suo primo libro, “Leggere Lolita a Teheran”, Azar Nafisi aveva infatuato generazioni di occidentali e venduto un milione di copie. Nafisi aveva creato l’illusione che “Cime tempestose”, “Il Grande Gatsby”, “Lolita”, “Alice nel paese delle meraviglie” e “Madame Bovary” potessero cambiare la Rivoluzione islamica dell’ayatollah Khomeini. Eravamo a Teheran, nel 1995, e costretta a lasciare l’insegnamento all’università, Azar Nafisi chiede a sette delle sue migliori studentesse di trovarsi a casa sua per parlare di letteratura. L’idea è quella di togliersi di dosso insieme al chador tutte le miserie quotidiane e di entrare e uscire dai romanzi, di creare un mondo di meraviglie. Poi quella celebre e indomita docente di Letteratura era riparata, come tanti altri esuli, negli Stati Uniti. Si era legata in amicizia con lo studioso di medio oriente Bernard Lewis e l’ex presidente della Banca mondiale Paul Wolfowitz. Amicizie che le erano valse l’accusa ingenerosa di essere “una serva del disegno imperialistico americano” (lo scrisse l’iraniano Hamid Dabashi della Columbia University). Si era costruita una importante posizione nell’accademia americana alla Johns Hopkins University. Si era fatta un nome come opinionista liberal nei grandi quotidiani del paese.

 

Nel suo nuovo libro, “The republic of imagination”, Azar Nafisi si lascia invece andare a un cospicuo disprezzo dell’America. “Per me, l’individualismo americano non è l’avventurismo di Sarah Palin”, scrive ora la saggista e docente di Letteratura in uno sfogo gratuito, snob e moralistico. Nafisi poi accusa gli Stati Uniti di essere “una società consumista”, una democrazia malata di “disuguaglianza” e di “conformismo”, di “omofobia” addirittura, o di “razzismo”, tutti mali che vorrebbe curare con la letteratura. E’ un vecchio vizio degli espatriati, dei dissidenti, degli esuli politici quello di fuggire da odiosi regimi ateistici e teocratici, che bandiscono la proprietà privata, che omologano menti e cuori, che impiccano i gay e che bruciano i libri, e poi di ingiuriare la democrazia americana che li ha accolti e salvati.
Peccato che anche la brava Azar Nafisi ci sia caduta.

 

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